Traduttori e commentatori
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39.b.70-p.73 39.b.70-p.332 | Daniele BarbaroDaniele Barbaro impersona in maniera esemplare la figura rinascimentale del nobile dilettante di architettura, che si accosta alla disciplina munito di una sofisticata strumentazione filologica, archeologica, filosofica e scientifica, e in particolare è espressione di quella particolare congiuntura politico-culturale che aveva visto una parte del patriziato veneziano impegnata in un’opera di rinnovamento culturale ed estetico marcatamente connotato in senso scientista e classicista: per le sue competenze teoriche nel campo artistico assunse importanti responsabilità nelle scelte decorative e iconografiche di Palazzo Ducale a partire dalle sale dei Dieci, ornate fra 1553 e 1555 da Ponchino, Veronese e Zelotti. I suoi interessi per l’architettura furono abbastanza precoci. Il lavoro per l’edizione italiana commentata dei Dieci libri di Vitruvio (la quarta, preceduta da quelle di Cesariano, Durantino e Caporali), prese avvio già nel 1547, come Barbaro stesso ci rivela, e fu poi proseguito in particolare con il viaggio compiuto a Roma nel 1554 in compagnia di Palladio, che rilevò i monumenti della città e collaborò strettamente all’allestimento dell’opera i cui frutti si riconoscono soprattutto nei primi cinque libri. Barbaro si prefigge di approntare una traduzione del testo vitruviano filologicamente impeccabile (o in ogni caso superiore a quella di Cesariano e degli altri che l’avevano seguito meno filologicamente agguerriti), e, insieme, di offrire un commento destinato ad attualizzarne i principi, in considerazione di un pubblico di professionisti e dilettanti. A differenza di Cesariano (vd. più sotto) che aveva usato per il proprio commento la glossa, fiancheggiante il testo di Vitruvio, Barbaro interpola il proprio commento nel testo vitruviano e conoscendo la letteratura antica e la produzione trattatistica contemporanea, ne vaglia i risultati e se ne avvale: segue puntualmente il testo latino nella redazione di Fra Giocondo (vd. qui sotto), ma si rifà anche alla traduzione anche di stranieri, come Philandrier e De Sagredo; consulta inoltre le opere di Alberti, Serlio, Giuseppe Porta detto il Salviati, il cui trattatello sulla voluta ionica del 1552 era stato dedicato proprio a lui. Vai all'opera in mostra |
36.c.17-p.1 36.c.17-p.xxxii 36.c.17-p.xlii | Cesare CesarianoCesare Cesariano (1483-1543) fu allievo di Bramante, ma ebbe anche una formazione umanistica, che potè approfondire nelle Università di Ferrara e di Pavia, dopo il forzoso abbandono della città natale alla morte del padre. Fu anche a Reggio e Parma lavorandovi come pittore; ritornato a Milano nel 1512 fu nominato ingegnere ducale iniziando la traduzione illustrata del De architectura di Vitruvio portata a termine e data alle stampe nel 1521. Dichiarata dall'editore nel titolo solo alla prima carta numerata, la traduzione di Cesariano è però tutt'altro che agile: egli si scontra con la difficoltà di decifrare un lessico impervio e con l'ambizione di far sfoggio di un volgare dotto dal forte accento latino per di più infarcito di citazioni, abbreviazioni, refusi che gli valsero le critiche di un filologo votato all'interpretazione vitruviana come Claudio Tolomei, il fondatore delle romana Accademia della Virtù. Il Vitruvio di Cesariano è caratterizzato da finalità didattiche confermate dal ridondante commento di marca enciclopedica che occupa, in carattere ridotto, a mo’ di glossa i margini del testo con una proliferazione dei piu vari temi suggeriti dalla lezione vitruviana: vi si trattano accanto a problemi terminologici ogni sorta di argomenti, dalla mitologia alla filosofia, alla matematica alle tecniche, alle arti, a spunti autobiografici. Il lavoro risente della mentalità settentrionale, con ampie digressioni su temi specificamente locali come il duomo di Milano (cantiere al quale lo stesso Cesariano aveva collaborato) o la città ideale a pianta radiale immaginata da Filarete, e con una propensione al decorativismo propria delle coeve architetture lombarde e il commento naturalmente offre il destro a Cesariano di affrontare anche le questioni dell'architettura contemporanea, dall'applicazione dei concetti vitruviani di ortografia e icnografia alle sue esperienze di'ingegneria militare ai temi dell'urbanistica con l'illustrazione. La traduzione di Cesariano, riproposta da Francesco Lutio Durantino a Venezia nel 1524 e da Giovanni Battista Caporali a Perugia nel 1536 (ma ne pubblicò solo i primi 5 libri), sarà eclissata dalla fondamentale traduzione commentata di Daniele Barbaro del 1556. Nella Cronologia illustra il suo nome l'immagine della "Misura" tratta dall'Iconologia del Ripa Leggi la voce di Sergio Samek Ludovici nel Dizionario Biografico degli Italiani Vai all'opera in mostra |
68.b.13-p.55 | Egnazio DantiAl secolo Carlo Pellegrino (1536-1586) cambiò il suo nome in Egnazio quando entrò nell'ordine domenicano nel 1555, dopo la prima formazione avuta in famiglia -dalla zia Teodora nota pittrice e studiosa- e si approfondì nel disegno e nella cartografia. Ottenne la cattedra di matematica presso lo Studio di Firenze a partire dal novembre 1571 e divenne poi maestro nello Studio di Bologna, dal 1576; costruttore di strumenti (armille, gnomoni, mappamondi, astrolabi e anemoscopi) alcuni dei quali conservati fino ad oggi, realizzò la corografia del contado perugino e della città poi pubblicata da Cartaro nel 1580 che gli valse il posto di cosmografo pontificio nel 1580 e nel 1583 la dignità di Vescovo di Alatri. Danti aveva già dato alla luce varie pubblicazioni di carattere scientifico, tra le quali La prospettiva di Euclide (Firenze, 1573), ed aveva inoltre grande competenza, teorica e pratica, in materia di pittura e architettura: era quindi senza dubbio la persona giusta cui affidare il compito di curare l’edizione del manoscritto sulla prospettiva di Vignola rimasto inedito alla sua morte. Nella prefazione, poi, il dottissimo domenicano cita pressoché tutti gli autori italiani e stranieri che fino ad allora si erano occupati di prospettiva - Piero della Francesca, Alberti, Leonardo, Dürer, Viator (Jean Pelerin), Commandino, Peruzzi, Serlio, Cousin, Du Cerceau, Cataneo, Barbaro ed altri ancora - dimostrando peraltro nei suoi “commentari” al testo vignolesco(il cui testo in corpo piccolo si distingue facilmente da quello in corpo maggiore di Barozzi), di conoscerne a fondo le rispettive formulazioni teoriche. Leggi la voce di Francesco Paolo Fiore nel Dizionario Biografico degli Italiani. Vai all'opera in mostra |
105.a.19-p.70 | Giovanni Paolo GallucciNato a Salò nel 1538, matematico, astronomo, medico e interessato anche agli studi sulla prospettiva, non tradusse la versione originale in tedesco dei Vier Bücher von menschlicher Porportion di Albrecht Dürer ma l'edizione latina. Gallucci nell'introduzione fa l'elogio della pittura, arte superiore a tutte le altre, liberali comprese; e aggiunge all'inizio del libro anche un breve capitoletto con la Vita di Alberto Durero e, in appendice, un quinto libro "nel quale s'insegna in qual modo possano pittori e scultori con lineamenti e colori spiegare gli affetti del corpo e dell'animo [...] secondo l'opinione di filosofi e poeti". Morì a Venezia nel 1621. Leggi la voce nell'Enciclopedia Treccani Vai all'opera in mostra |
35.c.53-110v | Fra Giovanni GiocondoDotto umanista e filologo nato a Verona circa nel 1434 e morto a Roma nel 1515, fu raccoglitore di codici antichi, studioso di antiquaria ed epigrafia, ma anche abile architetto, urbanista e ingegnere, esperto soprattutto in costruzioni idrauliche e militari; come Leon Battista Alberti fu una figura di architetto-umanista prevalentemente teorico: in effetti durante il suo soggiorno a Venezia fra il 1506 e il 1514 curò l'edizione di varie opere di autori classici, soprattutto di argomento tecnico scientifico, come le Epistulae di Plinio il Giovane (1508) il De Aquaeductibus di Frontino e i Commentarii di Cesare (1513) e infine i libri De re rustica di Catone, Varrone, Columella e Palladio L’operazione era resa possibile dalle vastissime competenze del frate, epigrafista, archeologo e filologo agguerrito, ricercatore e editore di codici, e, al tempo stesso, famoso ingegnere e architetto, esperto di idraulica, meccanica, matematica. Nella Cronologia illustra il suo nome l'immagine della "Cosmografia" tratta dall'Iconologia del Ripa Leggi la voce di Pier Nicola Pagliara nel Dizionario Biografico degli Italiani Vai all'opera in mostra |
Minich 47-p.3 | Pietro LauroPoche le notizie su di lui: nato a Modena intorno al 1510, svolse principalmente l'attività di traduttore di classici, che affiancò a quella insegnante di greco e latino. Sua la prima traduzione italiana degli Oneirokritika di Artemidoro di Daldi (Dell'interpretatione de sogni…., G. Giolito, 1542), seguìta dai Geoponica di Costantino Cesare, (De' notevoli et utilissimi ammaestramenti dell'agricoltura… G. Giolito, 1542), e i Chronica di Johannes Carion (1543). Seguirono quelle di Ditti, di storici greci, testi di agricoltura, medicina, teologici e devozionali, ma anche di alchimia e di intrattenimento. Del 1546 è anche la traduzione del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, che si presenta. Ebbe contatti con diversi umanisti veneziani e non oltre che con ambienti eterodossi e riformati soprattutto tedeschi. Morì probabilmente a Venezia poco dopo il 1568. Nella Cronologia illustra il suo nome l'immagine della "Simmetria" tratta dall'Iconologia del Ripa Leggi la voce di Gabriele Dini nel Dizionario Biografico degli Italiani Vai all'opera in mostra |
86.a.216-p.2 | Guillaume PhilandrierTornato in Francia dopo la lunga e fruttuosa permanenza nel nostro paese, nel ritiro di Rodez Philandrier attese alla revisione e all'arricchimento delle sue Annotationes vitruviane, pubblicandone appunto a Lione nel 1552 una nuova edizione, insieme col testo integrale del trattato di Vitruvio: questo stampato in carattere tipografico tondo, quelle in corsivo piccolo. L'edizione di Lione ha inoltre in formato più grande ed un apparato illustrativo migliorato per quantità e qualità, oltre al suo proprio ritratto; in calce vi è poi un'epitome del De mensuris et ponderibus edito a Basilea nel 1550 da Georg Bauer (1494-1555) detto Agricola. Vai all'opera in mostra |
57.a.43-p.8 57.a.43-p.60 | Giovanni Antonio RusconiGiovanni Antonio Rusconi (1520-1587), apparteneva ad una famiglia di stampatori di origini comasche trasferitasi a Venezia sul finire del XV secolo; dopo la morte del padre Giorgio (1522), fece una breve esperienza giovanile di editore in società con il fratello Giovan Francesco, ma in seguito si dedicò all’attività di illustratore di libri per conto di altri tipografi, essendo particolarmente versato nel disegno artistico e nella tecnica xilografica. Fu probabilmente la confidenza con il mondo dei libri a stimolare in Giovanni Antonio interessi di carattere scientifico: sappiamo infatti che negli anni trenta e quaranta fu discepolo del celebre matematico ed inventore Nicolò Tartaglia. Formatosi in tal modo una solida base culturale anche di tipo tecnico-scientifico, poté successivamente intraprendere un’intensa attività di architetto ed ingegnere, affermandosi presto come uno dei professionisti più validi e quotati della Venezia del Cinquecento. Si occupò di balistica e su incarico di varie magistrature della Serenissima eseguì numerose perizie per regolazioni idrauliche, fluviali e lagunari, (sua l'invenzione di un nuovo tipo di mulino nel 1544) e progetti per ristrutturazioni e sistemazioni di importanti edifici pubblici, quali la loggia di Brescia, il palazzo Ducale o quello delle prigioni di Venezia. Rusconi lavorò anche per committenze private, ad esempio completò il palazzo Grimani di San Luca e in Prato della Valle, realizzò una villa Pisani al Lido, ideò un palazzo per Alvise Cornaro a Padova, costruì un Teatro del Mondo galleggiante ed effimero, per una festa nel bacino di San Marco, Venne coinvolto nel cantiere del duomo di Brescia (assieme a Galeazzo Alessi e ad Andrea Palladio) e di Palazzo Ducale dopo che questo era stato distrutto nel 1577 da un incendio e fece vari altari e monumenti sepolcrali, partecipando, senza fortuna, al concorso per il nuovo tempio del Redentore; perizie e progetti tutti questi, che videro molto spesso Rusconi collaborare, o competere, con i migliori architetti e artisti del suo tempo, quali fra gli altri Sanmicheli, Sansovino, Palladio, Da Ponte, Vittoria, Tintoretto. Nella Cronologia illustra il suo nome l'immagine della "Stampa" tratta dall'Iconologia del Ripa Vai all'opera in mostra |