I dieci libri dell'architettura ... 1567

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I dieci libri dell'architettura di M. Vitruuio. Tradotti & commentati da mons. Daniel Barbaro eletto Patriarca d'Aquileia, da lui riueduti & ampliati; & hora in piu commoda forma ridotti. In Venetia : appresso Francesco de' Franceschi senese & Giouanni Chrieger alemano Compagni, 1567


L’edizione di Vitruvio che superò tutte le altre, data alle stampe nel 1556 a Venezia presso l’editore Francesco Marcolini, e poi nel 1567 presso Francesco de’ Franceschi.

Il frontespizio (che ha nobili precedenti in quello realizzato per il trattato di misurazione di Cosimo Bartolidel 1564) raffigura un arco di trionfo, simile a quello di Traiano ad Ancona: lo ornano al centro la Regina Virtus, ai lati Geometria e Astronomia, e, nella parte superiore, Architettura, MatematicaMusica e Retorica, laddove l’architettura risulta ormai pienamente promossa al rango di arte liberale. Il Vitruvio di Barbaro è al tempo stesso un’opera filologica di traduzione e interpretazione del testo latino sulla scorta anche delle informazioni attinte dall’archeologia, e un trattato di architettura pressoché autonomo, nel quale l’autore amplia notevolmente il tema originario aggiornandolo e integrandolo alla luce della sua notevole cultura classica e scientifica.

È questa infatti la funzione del ricchissimo e puntualissimo commento che accompagna la traduzione e consente a Barbaro di intrattenersi sui temi che gli erano più cari e di manifestare i suoi ideali estetici. Così, ad esempio, rifacendosi ai precedenti di Pomponio Gaurico, Filandro e al “buon Alberto Durero” si dilunga assai sulle proporzioni, perché “ciò che ci diletta e piace, non per altro ci diletta e piace, se non perché in sé tiene proportionata misura e moderato temperamento”.

Nella trattazione dei templi assume particolare importanza l’apparato illustrativo approntato da Palladio, con nitide tavole incise raffiguranti gli edifici in pianta, sezione e alzato. Particolare cura viene riservata poi agli aspetti legati alle implicazioni matematiche dell’architettura, tenute in gran conto anche da Vitruvio, che aveva dedicato gli ultimi libri del proprio trattato alla costruzione degli orologi solari e alle macchine, e che Barbaro aveva assai cari condividendone la passione con il milieu intellettuale gravitante intorno agli studi scientifici dell’Università di Padova, da lui frequentata in gioventù e dove fortissima era stata e continuava ad essere la tradizione aristotelica, che egli aveva assimilata profondamente, innestandovi tuttavia anche motivi d’origine platonica.

Nel Sesto Libro il commento di Barbaro si concentra tra l’altro sui palazzi e sulle connesse proposte di nuove e più moderne tipologie edilizie anche a Venezia, mentre il settimo ha per tema le finiture. L’attitudine scientifica, frutto delle esperienze maturate nel periodo della frequentazione dello Studio di Padova, trova compiuta espressione nell’Ottavo e nel Nono Libro, dove Barbaro ha modo di affrontare con straordinaria ampiezza i temi prediletti dell’idraulica, della geometria e dell’astronomia, dilungandosi anche sulla  costruzione degli orologi solari e ad acqua. Mentre nel Decimo Libro egli ha modo di ragionare sulle macchine, belliche e no, affiancando anche in questo caso a problematiche di natura tecnica, come la progettazione di pompe idrauliche, interessi più squisitamente teorici legati agli studi di fisica.

Lungo il margine inferiore del frontespizio la nota di provenienza del Convento cappuccino degli Ognissanti di Bassano.

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