Vincenzo Scamozzi

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Scamozzi

Vincenzo Scamozzi (1548/1552?-1616) è in architettura l’erede della tradizione cinquecentesca veneta, da Sansovino a Palladio: di Sansovino continuerà e porterà a termine le Procuratorie Nuove in Piazza San Marco a Venezia; di Palladio concluderà il Teatro Olimpico a Vicenza, con l’inserto delle illusionistiche scenografie. Progettista prolifico, realizza opere come, tra le molte, villa Pisani a Lonigo, il Santuario delle Sette Chiese e villa Duodo a Monselice, il complesso di San Gaetano a Padova, il teatro di Sabbioneta, il duomo di Salisburgo.

Figlio di un architetto, Scamozzi ha una solida formazione teorico-accademica, anche se è assai attento all’organizzazione del cantiere e al ruolo delle varie maestranze, riservando sempre all’architetto una posizione di intellettuale aristocratica superiorità. Nel 1584 insieme al padre cura la prima edizione completa dei libri di Serlio; due anni prima aveva dato ampia prova della propria cultura antiquaria e delle proprie ambizioni letterarie, pubblicando i Discorsi sopra l’antichità di Roma

Possedeva una ricca biblioteca, dispersa in giro per il mondo dopo la bancarotta che lo costrinse a vendere i suoi libri assai preziosi sulle più diverse discipline, per poter scrivere e pubblicare il trattato Dell'idea dell'architettura universale (1615) che aveva fatto precedere da numerosi viaggi in vari paesi (Germania, Ungheria, Francia), registrando nel suo taccuino di disegni, con franca curiosità, anche le architetture gotiche, bandite senza appello dal suo orizzonte estetico, integralmente classicista.

Qui lo vediamo nel ritratto presente nel frontespizio dell'opera in mostra, inciso da Alessandro Dalla Via, circondato nel clipeo da una scritta in latino che Filippo Scolari nel suo Della vita e delle opere dell'architetto Vincenzo Scamozzi... (Treviso 1837) così liberamente reinterpreta:

Qui pronta del suo corpo ecco l'effigie: per entro, quella di sua mente vige

mentre nella Cronologia compare nel ritratto che gli fece Veronese mentre misura col compasso la distanza fra due ricci di un pesante capitello corinzio che tiene appoggiato sul tavolo. In mostra è esposto anche un libro di antichità che appartenne alla sua biblioteca personale.

Leggi l'articolo dell'Enciclopedia Treccani

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