Leopoldo Zurlo
print this pagePolitico (Campobasso, 1875 - [?])
Leopoldo Zurlo, di famiglia agiata e dedita alle attività politiche, si afferma presto in politica, fino a ricoprire dal 1931 al 1943 il ruolo di capo dell'Ufficio della censura fascista. Importanti sono per lui gli esempi politici in famiglia: il nonno materno, Leopoldo Cannavina, era stato deputato nel Parlamento del Regno d'Italia dal 1861 al 1863 mentre lo zio, Vittorio Cannavina, era stato sottosegretario in un governo di Giovanni Giolitti.
Dopo aver concluso gli studi a Napoli, negli ambienti crociani, Zurlo entra in contatto con Carmine Senise, futuro capo della polizia fascista, stringendo un intimo rapporto di amicizia. A soli venticinque anni diventa funzionario nel Ministro dell'interno, per poi ricoprire il ruolo di segretario particolare del governo Giolitti, quindi membro del governo Facta. A cinquantasei anni viene nominato responsabile dell'Ufficio censura teatrale del governo fascista, distinguendosi per una carriera brillante, proseguita instancabilmente per tredici anni, durante l'epoca fascista, fino al 1943 quando si rifiuterà di entrare a far parte della Repubblica di Salò. La caduta del fascismo non si ripercuoterà su Zurlo, non sottoposto a epurazione come ex funzionario fascista. Trascorrerà, però, il resto della sua vita in modo riservato e appartato.
Nel ruolo di censore, si distingue per il suo impegno determinato e rigoroso, dominato da senso del dovere e sacrificio. Molti saranno i personaggi dello spettacolo che avranno a che fare con questo burocrate, dai fratelli De Filippo a Totò, da Federico Fellini a Vittorio De Sica, da Anton Giulio Bragaglia a Sem Benelli, da Tina Pica a Massimo Bontempelli, nonché Italo Calvino e Michelangelo Antonioni. Zurlo, seppur rispettoso delle disposizioni fasciste, intravede nel ruolo che gli viene affidato una vera e propria missione pedagogica, chiaramente espressa dalle note apposte ai margini del testo dei brani censurati, tali non perchè offensivi della morale cattolica e del regime fascista piuttosto perchè poco consoni alle regole estetiche e poetiche di cui il censore si considera maestro. Una censura, dunque, quella di Zurlo, benevola, che non si limita a tagliare copioni ma tenta di convincere gli autori della correttezza di determinate operazioni, messe in atto per il loro stesso interesse. Dichiarerà più volte, durante la carriera, di avere esaminato circa 1500 testi l'anno, relativi alla produzione teatrale e radiofonica italiana, commedie, tragedie, drammi, riviste, libretti d'opera e d'operetta, canzoni, siparietti, scene per l'avanspettacolo con l'intento di lasciare all'autore l'impressione della libertà, permettendogli di dire quanto possibile, senza imporre divieti troppo pesanti che si sarebbero risolti semplicemente in contestazioni nei confronti del governo fascista. In realtà, l'idea che Zurlo consigliasse piuttosto che reprimere è stata nel tempo una constatazione di molti autori che, per stima o nel tentativo di accattivarselo, gli hanno sempre rivolto molte attestazioni di stima. Uno tra tanti, Anton Giulio Bragalia, lo sceglie addirittura come tutore, rivolgendosi a Zurlo ancor prima di mettere in scena le proprie opere.