Raffaele Viviani
print this pageAttore teatrale, commediografo, compositore, poeta e scrittore (Castellammare di Stabia 1888 - Napoli 1950
Figlio di un vestiarista teatrale, Raffale Viviani durante l'adolescenza frequentemente si reca al teatrino di marionette con il padre, affascinato dalle avventure, dagli abiti e dalle voci. È in questo teatro che si esibisce per la prima volta dovendo far fronte a una emergenza, essendosi ammalato il tenore comico Gennaro Trengi: vestito da “pupo”, Viviani conquista il pubblico tanto che Trengi viene licenziato e la stampa è entusiasta del piccolo prodigio. La morte del padre nel 1900 induce Viviani a continuare per necessità quanto fino a quel momento aveva fatto solo per divertimento, cimentandosi nella scrittura di canzoni. Ben presto viene ingaggiato per diverse scritture e lentamente si fa strada in lui quella visione poetica di un mondo popolare che lo porterà alla creazione del suo teatro. Tra le sue interpretezioni si ricorda lo Scugnizzo di Giovanni Capurro. Emerge, però, sempre più in lui il desiderio di differenziarsi dagli altri per cui inizia a scrivere i suoi numeri, ingaggiando un maestro di musica che trascrive in note le melodie che lui canticchia. Nel 1909, a Roma, viene strutturato per l'inaugurazione del Teatro Jovinelli e inizia a essere chiamato in tutte le importanti sale di Varietà d'Italia. Viviani nel tempo diviene sempre più impresario di se stesso e della sorella Luisella, formando anche la compagnia di varietà denominata Tournée Viviani. Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, in Italia entra in azione una spietata campagna finalizzata alla chiusura degli spettacoli di varietà che, come unico escamotage, hanno la possibilità di associarsi alle compagnia di prosa e di operetta; Viviani, appresa la notizia di ritorno dalla Francia, non si scoraggia anche perchè da tempo, ormai, sogna e prepara il suo passaggio alla prosa: lavora, dunque, alla fondazione della Compagnia d'arte napoletana, debuttando con l'atto unico 'O vico (1917). In questo stesso periodo prende in affitto il Teatro Umberto e mette in scena un nuovo genere che vede la prosa fondersi con la musica, il canto e la danza. Negli anni Venti e Trenta la Compagnia d'arte napoletana di Viviani è ormai un fatto compiuto che si avvale di un repertorio di una ventina di lavori: 'A morte e Carnevale (1928), Nullatenenti (1929), 'O mastro 'e forgia (1930), Napoli tascabile (1931), 'O guappo 'e cartone (1932). Raffaele Viviani si cimenta nel ruolo di direttore, drammaturgo e attore e il livello della sua compagnia è definito dalla critica altissimo; del resto il gusto del pubblico, plasmato dalla propaganda di regime, pretende un'arte rassicurante e consolatoria. Sul finire degli anni Trenta, però, il successo della compagnia inizia a scemare, soprattutto perchè la realistica rappresentazione della miseria non risulta funzionale alla propaganda del regime. La stagione del teatro sociale culmina con le ultime opere, Muratori (1942) e I dieci comandamenti (1947) ma il pubblico borghese non apprezza tanto che inizia ad accusarlo di portare in giro le “vergogne d'Italia”. Negli anni che precedono l'entrata in guerra dell'Italia, Viviani si avvicina al ruolo di interprete di autori quali Molière, Eduardo Scarpetta ed Ettore Petrolini ma non rinuncia ad essere autore, nel tentativo di rilanciare il proprio teatro. Sono gli anni di Quel tipaccio di Alfonso, La commedia della vita, Il trasformista e marito non marito. Negli anni tra il 1942 e il 1943, pur di far ripartire il suo teatro, chiede di recitare nelle città bombardate allestendo una nuova compagnia e inserendo nel cartellone, oltre al suo repertorio, Bellavita di Luigi Pirandello. Si recita tra un allarme e l'altro: a ogni suono di sirena compagnia e spettatori si rifugiano nei rifugi per poi tornare in teatro con il cessate allarme. Negli anni immediatamente successivi, però, Viviani si ammala per cui dedica il suo tempo allo studio per la stesura di copioni e alla revisione e correzione delle sue opere in vista di una pubblicazione sul teatro che verrà, però, pubblicata solo dopo la sua morte.