Coppi l'allievo
di Luigi Panella
Un violino Stradivari ha la bellezza della decorazione, la qualità del legno. Ma un raffinato conoscitore non ha bisogno di vederlo. E' la purezza del suono, non imitabile, a fare la differenza. Biagio Cavanna ha un passato da pugile e ciclista, ma ormai non vede più. I suoi occhi sono le sue mani. Ha già avuto a che fare con fuoriclasse del calibro di Learco Guerra, la Locomotiva Umana, ma quando conosce quella struttura così esile, tenuta in piedi quasi come un miracolo da un cuore che batte molto più lentamente degli altri, capisce di aver trovato il più perfetto degli Stradivari. Biagio sarà il maestro, un giovincello di nome Fausto l'allievo. Biagio sente con assoluta precisione le risposte del fisico di Fausto, e quando la macchina è perfetta basta solo evitare che venga inghiottita dalle innumerevoli insidie delle strade polverose. Biagio studia il momento dell'attacco, il preciso istante in cui aprire le ali, magari da lontano, anche se sembra una follia. Fausto esegue e vince, spessissimo. E nel farlo non può curarsi di rispettare il mito che lo precede e del quale vuole prendere il posto. Bartali contro Coppi: ci mettono poco a tagliare in due l'Italia delle passioni. Il vecchio e il giovane (5 anni di differenza all'epoca sono tanti), non il maestro e l'allievo. Anche perché in gara considerare Coppi un allievo equivale ad evocare una massima di Bertolt Brecht: “Durante i miei nove anni alle scuole superiori non sono riuscito a insegnare niente ai miei professori”