Coppi lo scrittore
di Gabriele Moroni
Per lunghi anni la mia conoscenza di Coppi biografo di se stesso è stata limitata alla rievocazione della sofferta vittoria nel Giro di Toscana del 1941. Compariva nell'antologia "Racconti dello sport", edita da Vallecchi. Correva il remoto 1960, Fausto era scomparso il 2 gennaio. Il libro fu un regalo di mio padre, preoccupato che le mie estati di scolaro delle elementari fossero nutrite di buone lettere. Il tempo, l'amicizia di appassionati, un po' anche la fortuna, mi hanno fatto scoprire gradualmente la messe copiosa delle pubblicazioni autobiografiche. La prima è del 1949, titolo dei ricordi coppiani "Le mie vittoria e ... quelle degli altri", in un libro di Giancarlo Zuccaro, "Fausto Coppi presenta 'Bici', piccola enciclopedia del ciclismo dalla A alla Z. L'anno dopo, su "Tuttosport", le dodici puntate di "La mia vita" e, in Francia, "Le drame de ma vie", supplemento a "France Soir". Nel 1952 "Il Campionissimo racconta la sua vita", in sei numeri del settimanale "Oggi". Tra la fine del 1955 e il '56 Coppi detta al settimanale "Il Campione" le dieci puntate di "I segreti della mia vita". E poi ci sono i singoli "pezzi" per quotidiani e riviste. Il 26 luglio su "l'Unità" firma "Come ho vinto il Tour de France". Nel numero di "Epoca" del 14 novembre 1954 Coppi indirizza una lettera aperta ai suo sostenitori per spiegare i deludenti risultati quell' "annus horribilis" (lo stesso in cui deflagra in pubblico lo scandalo della relazione con Giulia Occhini, la Dama bianca), chiedere scusa, ringraziare per l'affetto ritrovato grazie ai successi nell'ultimo scorcio della stagione. "Non ho tradito nessuno". Una breve frase che racchiude tanto di Coppi: la grandezza dell'atleta e l'umiltà dell'uomo, la fragilità di chi cade e la forza di chi si rialza, risorge, riprende.