Coppi e Brera
di Andrea Maietti
«Niente al mondo accade per caso», ripeteva alzando la caraffa Cechìn d’la Malpensata, vecchio filosofo d’osteria. Non per caso nascevano, lo stesso mese di Settembre del 1919, Gianni Brera e Fausto Coppi, due campionissimi “soli al comando della corsa”: si trattasse delle venti prodigiose (per tempo, numero e spessore) cartelle della domenica sera di Brera, o dei voli solitari di Coppi sui passi più leggendari del ciclismo. A Coppi Brera ha dedicato il suo libro più bello: “Coppi e il diavolo”: un romanzo, dove Coppi sta alla realtà della cronaca, come il vecchio Santiago di Hemingway a Gregorio Fuentes, il pescatore cubano che ispirò “Il vecchio e il mare”. Il diavolo del romanzo è anche la dama bianca, Giulia Occhini, l’amante del campionissimo con la quale avrà “litigi sconvolgenti, rabbiosi e amari insieme”. Ma è soprattutto il demone che il campionissimo si portava dentro, la bicicletta: “Una volta capito che, a quarant’anni, sopravvivere a se stesso era sconveniente, con infinita tristezza Faustin ha deciso di lasciarci. Del resto gli eroi vanno per tempo rapiti in cielo”. Un privilegio che toccò anche a lui, Gioânnbrerafucarlo, rapito in cielo in un incidente di macchina, il 19 Dicembre 1992, sulle strade della sua Bassa, prima che “l’orrida vecchiezza” potesse togliergli la sua “lust zu fabulieren”, il suo demone di scrivere e raccontare.