Coppi il cacciatore
di Gino Cervi
La notte tra il 14 e il 15 dicembre 1959, in una camera senza zanzariere, ospite nella riserva di caccia di Pama, a Fada N’Gourma, 250 km da Ouadadougou, Alto Volta, Africa Occidentale, Fausto Coppi pensò per la prima volta di non essere il cacciatore, ma la preda.
Era preda del caldo, dell’umido che toglieva il fiato, e delle zanzare che tormentavano lui e il suo amico Gem. Un paio di settimane prima gliel’aveva detto Giovannino Chiesa, compagno di mille battute in Lomellina, in Monferrato: “Cosa vai a fare a caccia in Africa! Se io sparo a una russa, a una pernice, poi me la metto nel carniere e quando torno a casa me la faccio anche cucinare! Te, se spari a un leone, poi, dove te lo metti?”.
Aveva ragione Giovannino. Ma cosa ci poteva fare se la caccia gli era sempre piaciuta da matti? E se adesso che era ricco e famoso lo invitavano da tutte la parti? Gli amici francesi gli avevano detto: “Vieni in Africa a dicembre, qualche kermesse e un safari nella savana”. Come dire di no?
La caccia per Fausto era da sempre una passione, forse un destino. Il fucile lo aveva imbracciato fin da ragazzo. Un giorno insieme al Serse ne aveva trovato uno in solaio, vecchio arnese di chissà quale guerra. L’avevano caricato a pallini e avevano sparato nell’aia dietro casa. Una strage di passeri. La mamma Angiolina gliele aveva suonato, però i passeri poi erano finiti in umido, con la polenta.
La sua prima bici, due volte più grande di lui, marca BSA, l’aveva scovata anche quella in un fienile e chiamata “Tri-Fusì”, tre fucili. BSA stava per Birmingham Small Arms, ditta inglese produttrice di armi che si era messa a fare biciclette dalla fine del secolo prima: per questo nel suo stemma campeggiavano tre fucili.
Quando poi divenne, appunto, ricco e famoso, una delle sue grandi soddisfazioni fu comprarsi una riserva di caccia. Adesso non doveva più farsi invitare dai marchesi e dagli industriali, anzi poteva invitarli lui a casa sua, a Incisa Scapaccino, valle del Belbo, in provincia di Asti. Un posto che prende il nome da Giovanni Battista Scapaccino, un carabiniere del Regno di Sardegna, il primo a essere insignito della Medaglia d’oro al valor militare nel 1834 per aver perso la vita nel tentativo di opporsi a una rivolta di repubblicani mazziniani in Savoia. Fulminato da un colpo di fucile.
Chissà se pensava davvero a tutto questo, il Fausto, la notte tra il 14 e 15 dicembre 1959, tra il vano sterminio di zanzare e il rosario di bestemmie di Gem. Di sicuro pensava che aveva ragione Giovannino. Gliel’avrebbe detto al suo ritorno. Il leone l’aveva visto. L’aveva puntato ma non gli aveva sparato. Non avrebbe saputo dove metterlo.