Biografia
FAUSTO COPPI
di Marco Pastonesi
Era un contadino: quarto di cinque figli, a Castellania, la strada che s’inerpica da Tortona, poi quattro casolari, e la terra, campi e vigne, buoi e cavalle. Era un garzone: “macellarin”, con un sogno, la bicicletta, la prima fu una Maino, grigio perla, 520 lire, quasi il prezzo di una vacca da latte. Era un corridore: pelle e ossa, petto carenato, gambe lunghe, ma esile, fragile, un’aria già sofferente anche giù dalla bicicletta, ma se a piedi era storto, in sella era perfetto, concepito per pedalare. Nato per galleggiare, lievitare, volare.
Cominciò da gregario: per Gino Bartali, alla Legnano, l’opportunità al Giro d’Italia 1940, la rivelazione all’undicesima tappa, 184 chilometri appenninici da Firenze a Modena, “un ragazzo segaligno, magro come un osso di prosciutto di montagna... Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi venire al mondo... Vedevo qualcosa di nuovo: aquila, rondine, alcione, non saprei come dire, che sotto alla frusta della pioggia e al tamburello della grandine, le mani alte e leggere sul manubrio, le gambe che bilanciavano nelle curve, le ginocchia magre che giravano implacabili, come ignorando la fatica, volava, letteralmente volava su per le due scale del monte, fra il silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo” (Orio Vergani).
Diventò il Campionissimo: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste” (Mario Ferretti), “Lo accompagnai fino a un paesino francese, mi pare Barcellonette. Lo lasciai andare. Entrai in una trattoria. Ordinai un pasto completo dagli ‘hors-d’oeuvre’ al caffè. Mangiai con tempi da buongustaio. Fumai una sigaretta. Chiesi il conto. Pagai. Uscii. Passava il sesto” (Pierre Chany), “Si vedevano i muscoli, sotto la pelle, simili a serpenti straordinariamente giovani, che dovessero uscire dall’involucro” (Dino Buzzati), “Muoveva le gambe come gli uccelli battono le ali, gonfio d’aria come una rondine, faceva frullare le ruote” (Indro Montanelli).
Cinque Giri d’Italia (1940, 1947, 1949, 1952, 1953), due Tour de France (1949, 1952), tre Milano-Sanremo (1946, 1948, 1949), una Parigi-Roubaix (1950), cinque Giri di Lombardia (1946, 1947, 1948, 1949, 1954), un Mondiale su strada (1953) e due su pista (inseguimento, 1947 e 1949), il primato dell’ora (45,798 nel 1942). Di tutto, di più. E, anche se statisticamente 1919 (Castellania)-1960 (Tortona), di tutto e di più per sempre.