Fari
print this pageDa quando l’uomo ha iniziato a solcare i mari si è avvertita la necessità di segnalare, di giorno ma soprattutto di notte, i punti salienti delle coste, affinché i naviganti potessero avere i riferimenti per entrare nei porti o per evitare pericoli lungo le rotte. Nell’incertezza e nella variabilità della visibilità atmosferica, il faro rappresentava un simbolo di salvezza: nelle notti di tempesta, quando l’altezza delle onde, il buio o la nebbia erano ostacolo all’approdo, esso rimaneva l’unica luce guida.
Il sistema di segnalamento in mare ha subito una lunga evoluzione. Dai primi e più semplici fuochi alimentati a legna si è passati al carbone e agli oli vegetali e minerali, dall’arco voltaico al gas compresso, dall’acetilene ai segnalamenti a incandescenza elettrica, dai nautofoni elettromagnetici ai sistemi di radio-navigazione, fino ad arrivare ai sofisticati sistemi odierni basati sui radar e sul sistema GPS.
In questa sede lo studio dei fari ha preso avvio dalla documentazione conservata nel fondo Prefettura, Serie I, Categoria XXII, dell'Archivio di Stato di Catanzaro, principalmente attraverso l’analisi dei progetti di costruzione dei manufatti architettonici, delle planimetrie e delle mappe topografiche allegate ad essi. Nella trattazione si fa inoltre cenno, dove necessario, al carteggio di corredo della cartografia (contratti di esproprio dei terreni, avvisi d’asta relativi alla costruzione e agli appalti di manutenzione ed illuminazione dei fari, capitolati d’appalto, lettere ecc.). Il materiale esaminato risale per la maggior parte alla fine dell’Ottocento.
I fari in oggetto sono quelli appartenenti all’ex provincia di Catanzaro e ricadenti, dagli anni Novanta, nel territorio delle attuali province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. In particolare sono presi in esame i cinque fari di Capo Suvero, Capo Colonna, Capo Rizzuto, Punta Alice e Capo Vaticano per un totale di 16 disegni.
Il presente percorso ci conduce, attraverso un brevissimo ma doveroso excursus storico, legislativo e tecnico, a scoprire la collocazione dei fari, l’anno di costruzione e attivazione, i nomi dei progettisti, nonché alcuni dei loro elementi distintivi più pertinenti al mondo della navigazione di cui fanno parte, quali le caratteristiche di luce e la portata luminosa.
Per quanto attiene alle planimetrie, un breve cenno è dato in riferimento al contesto paesaggistico rappresentato.
Le schede seguono l'ordine cronologico.
Bibliografia
- Cristiana Bartolomei, L’architettura dei fari italiani, 1, Mar Adriatico e Mar Ionio, Firenze, Alinea, 2005.
- Francesca Fatta, Luci del Mediterraneo: i fari di Calabria e Sicilia: disegni, rilievi e carte storiche, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002.
- Luigi Forcellini, Pasquale De Luca, Le grandi opere: ferrovie, ponti e viadotti, gallerie, canali di navigazione, porti e fari, cavi sottomarini, prosciugamenti e bonifiche, acquedotti, Milano, Vallardi, 1900.
- Pasquale Leonardi Cattolica, Fari e segnali marittimi: nozioni sulla costruzione e funzione dei segnali con un cenno sull'amministrazione dei fari in Italia e all'Estero, Torino, Doyen, 1916.
- Camillo Manfredini, Pescara Antonio W., Il libro dei Fari Italiani, Mursia, Milano, 1985.
- Mauro Mancini, Navigare lungocosta: fari e fanali, le coste, le rotte, ridossi, porticcioli, foci di canali e fiumi, consigli meteo, radiofari, i venti, gli ormeggi, Pisa, Nistri-Lischi, Milano, Classeditori, 1968.
- Enrica Simonetti, Lampi e splendori: andar per fari lungo le coste del Sud, Roma, Laterza, 2000.
- Enrica Simonetti, Luci ed eclissi sul mare: fari d’Italia, Roma, Laterza, 2005.
- Ufficio Idrografico della Marina, Elenco dei fari e fanali sulle coste del Mar Mediterraneo, Mar Nero, Mare D’Azof e Mar Rosso, Napoli-Milano, Hoepli, 1889.
- http://www.marina.difesa.it
- http://www.agenziademanio.it
Dalle torri d’avvistamento al faro
I progetti e le planimetrie relative ai fari riportano spesso, in prossimità delle strutture in costruzione, l’indicazione di torri e fortini . Si tratta delle antiche torri d’avvistamento che correvano lungo tutto il litorale del Regno delle Due Sicilie. Esse erano parte di quel sistema difensivo che, databile già dai tempi della dominazione angioina, venne potenziato soprattutto nel XVI secolo durante il periodo viceregnale quando, per ordine di Carlo V, si volle un ulteriore ammodernamento di tale sistema. Le coste della Calabria, così come quelle di tutto il Meridione, erano infatti costantemente bersaglio di incursioni da parte di corsari saraceni e turchi, e si può dunque intuire come le torri costituissero una priorità nell’ambito della pianificazione difensiva e un’importante voce di spesa per le casse dello Stato.
Oltre ad essere strutture atte alla salvaguardia e all'avvistamento, tali torri assolvevano, a volte, anche l’importante compito di segnalamento per i naviganti, configurandosi come antesignane dei più moderni fari.
Carte nautiche e portolani
La storia dei fari si evolve con quella della navigazione e non può prescindere, pertanto, da un riferimento agli strumenti di rappresentazione grafica di cui quest’ultima si è servita sin dai tempi più remoti. I portolani e le carte nautiche sono sempre state indispensabile ausilio ai naviganti. Essi avevano lo scopo di offrire una descrizione delle coste e dei porti con l’indicazione di eventuali sistemi di segnalamento.
Pur avendo dovuto operare un salto temporale notevole rispetto alla datazione del materiale cartografico oggetto del presente lavoro, si è voluto tuttavia inserire in esso - per la sua stretta consonanza tematica - una carta nautica portolano risalente al XVI secolo che l'Archivio di Stato di Catanzaro conserva nel Fondo diplomatico, 1307-1859. La pergamena, coperta estratta da un protocollo notarile, presenta la caratteristica serie di linee che, dipartendosi da due rose dei venti, ne indicano la direzione. L’uso improprio che ne è stato fatto nel tempo ha, purtroppo, fortemente danneggiato il documento; ciononostante è ancora leggibile la linea delle coste del bacino del Mar Mediterraneo (con la curiosa rappresentazione della fauna africana), il profilo delle principali città, indicate con inchiostro rosso, e quello di alcuni approdi costieri minori, indicati con inchiostro bruno. Visibile è anche la costa calabrese.
Si suppone che la carta sia stata redatta dal cartografo calabrese Domenico Vigliarolo verso la fine del 1500.
Cenni sulla legislazione
I progetti di costruzione dei fari in esame risalgono ad un periodo compreso tra il 1864 e il 1891. Essi si collocano, pertanto, subito a ridosso del periodo post-unitario e non a caso. Fu infatti premura del Regno d’Italia appena costituito, effettuare un sopralluogo delle coste e provvedere alla loro illuminazione, con l’erezione di nuove strutture ove mancanti.
Prima dell’Unità d’Italia ogni stato provvedeva con proprie leggi all’illuminazione della costa e all’eventuale costruzione e manutenzione dei fari. Per quanto riguarda le coste del sud, il Regno delle due Sicilie si era dotato di una specifica legislazione in materia.
Il 27 Settembre 1848 i Borboni avevano emesso il "Regolamento del Servizio dei Fari presentato dalla Commissione dei Fari e Fanali", che contemplava le norme per la costruzione, la manutenzione e la conduzione dei fari, comprese anche le mansioni dei guardiani e gli orari di accensione e spegnimento della lanterna e già in precedenza, nel 1841, la monarchia borbonica era stata la prima in Italia ad adottare il Sistema di fari da diporto con segnalazione lenticolare a luce costante. Tuttavia, nel 1861, molti risultavano ancora i punti “al buio” delle coste del Meridione. I fari in Italia erano soltanto cinquanta, numero del tutto insufficiente pertanto, ad illuminare un totale di ottomila chilometri di coste, cui si aggiungevano gli scogli isolati in mezzo al mare e tutte le zone pericolose per la navigazione.
Perseguendo l’intento di sopperire a tali mancanze, lo Stato post-unitario emanava il 20 marzo 1865 una legge sulle opere pubbliche che stabiliva la ripartizione delle spese riguardanti i segnalamenti marittimi tra Stato ed Enti. Pochi anni dopo, nel 1868 Vittorio Emanuele II, per regolamentare le segnalazioni luminose dell’intero paese istituiva la "Reale Commissione dei Porti, Spiagge e Fari”, cui faceva seguito nel 1873, ad opera del Ministero dei Lavori Pubblici, l’"Album dei Fari", prima pubblicazione contenente la planimetria dei fari, costruiti o in costruzione, con loro prospetto, pianta e caratteristiche tecniche, corredata dalla "Carta del Regno d’Italia” indicante la posizione geografica e la portata massima della luce delle lanterne.
Fu necessario tuttavia attendere il 2 aprile del 1885 per avere la prima legge italiana sui Fari, la N° 3095, con la quale Umberto I approvava il T. U. del 16 luglio 1884 n. 2518 con le disposizioni del titolo IV su porti, spiagge e fari.
Nel 1911, vista l’importanza strategica della loro posizione sotto l’aspetto militare, il Regio Decreto n. 294 trasferì la competenza del Servizio Fari dal Ministero dei Lavori Pubblici alla Regia Marina.
Dal 1° novembre 2013 è costituita la Direzione Fari e Segnalamenti con sede a Napoli e il Comando Logistico è locato a Nisida – Napoli.
Cenni di carattere tecnico
Pur dovendo rimandare ad altra sede un’analisi più dettagliata delle caratteristiche tecniche di ogni faro, si è deciso di fornire almeno le nozioni strettamente necessarie ad una più agevole lettura dei documenti.
Ordini
Per entrare nel mondo dei fari bisogna comprendere il linguaggio che li definisce in base alle loro caratteristiche e funzioni.
Nei progetti presi in esame si parla di fari classificati per “ordini”. Gli ordini variano appunto in base all’ intensità della sorgente luminosa che è direttamente proporzionale alla distanza (misurata in millimetri) tra la lampada e il sistema di lenti di cui è dotata. In base a ciò si possono distinguere sei ordini di fari:
- Fari di 1° ordine: 1000 mm.
- Fari di 2° ordine: 700 mm.
- Fari di 3° ordine: di 500-350 mm.
- Fari di 4° ordine: di 300-250 mm.
- Fari di 5° ordine: 187,5 mm.
- Fari di 6° ordine: di 150 mm.
Si noti che in genere i fari di 1° ordine corrispondono alla maggiore importanza del luogo in cui sono collocati.
Luce e Ottica
Per ottica si intende quell’insieme di lenti che permettono, ruotando intorno ad un asse, di concentrare la luce in fasci luminosi orizzontali e indirizzarli verso un punto prestabilito. I fari moderni montano un sistema lenticolare ideato nel 1822 da Augustin Jean Fresnel. Esso, attraverso lenti diottriche e catadiottriche, permette di catturare la luce proveniente da una sorgente luminosa centrale (lampada), continua e omnidirezionale, e convergerla in fasci di diversa caratteristica.
L'evoluzione nel campo dell’illuminazione dei fari è stata piuttosto lenta. La prima sorgente luminosa è stata ovviamente quella ottenuta con il fuoco dato dalla legna. Nei secoli successivi il combustile delle lampade cambiò: si passò al carbone e in seguito agli oli vegetali e minerali. Nei capitolati d’appalto presenti nella documentazione dell’ASCZ troviamo voci riguardanti l’acquisto di carbone, olio e acetilene. Quest’ultimo in particolare rimase in uso nei nostri fari fino alla prima metà degli anni Novanta, per essere poi sostituito dall’elettricità.
Le ottiche montate all’interno delle lanterne sono di due tipi: ottiche fisse e ottiche rotanti.
Oltre all’aspetto architettonico, ogni faro ha un proprio “linguaggio” che lo rende diverso da ogni altro e che si esprime con delle precise caratteristiche di luce permettendo al navigante di distinguerlo con certezza anche di notte.
La “caratteristica di luce” è data da un insieme di fattori:
- Tipo di luce: fissa, intermittente, isofase, a lampi, scintillante, ecc…
- Colore: bianco, rosso, verde o giallo, in conformità con le prescrizioni del sistema di segnalamento marittimo unificato A.I.D.M. – I.A.L.A. (International Association of Lighthouse Authorities)
- Periodo: intervallo di tempo entro il quale si sviluppa l’intero ciclo della caratteristica di un segnalamento.
- Portata: luminosa, geografica e nominale.
Lanterne
La funzione principale della lanterna è quella di proteggere l’apparato ottico. I primi tipi di segnalamento infatti, essendone sprovvisti, dovevano convivere col problema del vento che spegneva continuamente i fuochi. Le prime lanterne nasceranno solo nel periodo medievale.
In essa si distinguono tre parti principali che sono: la muretta, la vetrata e la cupola. I progetti analizzati mostrano principalmente lanterne poligonali con vetri piani. Sono tutte precedute “verticalmente” da locali di servizio e circondati da un terrazzino che serve per poter pulire i vetri dall’esterno. È necessario infatti che sia assicurata la massima trasparenza per non ostacolare la propagazione della luce. La cupola in acciaio è dotata inoltre di un parafulmine con sistema di messa a terra e di un sistema di ventilazione volto ad evitare il surriscaldamento della lampada.
Rielaborazione grafica dei disegni originali relativi alle lanterne dei fari trattati
La vita all’interno del faro
In Italia tra i dipendenti della Marina Militare si contano ancora 161 faristi; essi, come un tempo, provvedono alla manutenzione e al funzionamento degli impianti luminosi ma quello di farista è un mestiere che, purtroppo, va via via scomparendo a causa della progressiva automazione degli impianti.
Eppure la storia del faro è fortemente legata alla figura del suo “guardiano”. A prendersi cura dei fuochi troviamo nei tempi passati schiavi, monaci e volontari, fino a che nell’Ottocento non diventò una vero e proprio mestiere. La sua funzione principale era, nei secoli passati, quella di alimentare i fuochi e, in quelli più recenti, quella di rifornire le lampade di combustibile. Doveva, inoltre, occuparsi di pulire i vetri delle lanterne e di mantenere efficiente il meccanismo di rotazione delle lenti. Il congegno ad orologeria contenuto al suo interno, che faceva ruotare il sistema ottico, doveva essere caricato ogni quattro o cinque ore. Ecco perché spesso al fanalista capo era affiancato un secondo.
A giudicare da quanto emerge dalle carte d’archivio relative ai primi anni di vita dei fari, i guardiani, sia quelli in servizio presso i fari che quelli in servizio presso i fanali dei porti, dovevano attenersi ad una certa disciplina: il 30 maggio 1884 la Guardia di Finanza di Crotone denuncia formalmente i faristi di Capo Colonna per comportamenti scorretti e contegni tanto sconvenienti da portare alla richiesta di sospensione dello stipendio (Prefettura, Serie I, Cat. XXII, b. 65, fasc. 5).
Da ulteriore documenti emerge che la vita all’interno del faro aveva caratteristiche ben definite in base alle mansioni del suo custode, anche quando questi aveva famiglia. Essa era inoltre condizionata dal relativo isolamento geografico in cui si trovavano in genere gli edifici. Non era raro trovare un cortile interno con un piccolo spazio ricavato per l’orto o il pollaio che potesse garantire, nei periodi più difficili, un minimo di sostentamento.
La vita che vi si conduceva non doveva essere tra le più agiate. La moglie del fanalista di S. Venere (Vibo Valentia), nel 1907, viene denunciata perché vendeva derrate alimentari privatamente per arrotondare la scarsa retribuzione del marito (L. 700 annue). Non si procede nella denuncia solo a motivo del fatto che il tenore di vita cui la donna è soggetta a causa del lavoro del coniuge, definito come “uno dei più umili agenti dell’Amministrazione”, è ritenuto così basso che l’espediente economico messo su dalla signora viene considerato legittimo. (Prefettura, Serie I, Cat. XXII, b. 65, fasc. 5).
Architetture e stili
In genere, le parti essenziali nell’architettura di un faro sono la torre, la lanterna con la galleria esterna per la sua manutenzione, la camera di guardia, i magazzini per il combustibile, la cisterna e l'alloggio dei fanalisti.
La sequenza delle schede offre la possibilità di confrontare le diverse architetture degli immobili in esame. Pur nella diversità di realizzazione, essi conservano stili unitari che risentono anche del periodo di costruzione e del relativo stile architettonico. Per quanto riguarda i fari analizzati, le caratteristiche architettoniche riconducono, in prevalenza, ad uno stile novecentesco, con sconfinamenti liberty relativamente alla parte decorativa, ove presente (ad esempio le grondaie leonine dei fari di Capo Colonna e Capo Vaticano). La base della struttura è in genere un parallelepipedo ad uno o due piani, con pianta rettangolare e decorazione esterna liscia o con bugnato angolare. Il corpo della torre, cilindrico o prismatico, è sempre aggettante verso il mare; si impianta direttamente sul piano della copertura e termina con la lanterna metallica contenente il meccanismo ottico.