La tipografia e casa editrice Porta
Le vicende della Libreria e casa Editrice Porta si legano strettamente a quelle del suo fondatore, Vincenzo Porta (1831-1901). Figlio di Giacomo, vicecancelliere in Curia, e Antonietta Cervini, entrò giovanissimo nella libreria di Domenico Tagliaferri, ove rimase al 1864. Dopo le nozze con Clotide Gasperini, decise di creare una propria bottega in piazza Cavalli. Il negozio Porta, dove poi si trasferì anche il Tagliaferri, era segnato dai numeri civici 61-63, sull’ala destra del Palazzo del Governatore. Vincenzo Porta si ritirò dall’attività nel 1895, quando alla libreria aveva già unito una stamperia di cui aveva affidato la direzione all’operaio tipografo Agostino Marchesotti. Porta affidò al figlio Vittorio la direzione della Libreria che venne trasferita in via Cavour. Al secondo figlio Luigi assegnò la tipografia in via Borghetto cui venne aggiunta una legatoria. I primi decenni del Novecento furono anni di grande fervore e i torchi della tipografia lavoravano a pieno ritmo.
Nel marzo 1921 uno dei nipoti del fondatore, anche lui di nome Vincenzo, fondò la Società tipografica editrice Porta in cui confluirono sia la libreria che la tipografia. Nel 1922-1923 la società diede alla luce la “Collana degli artefici della vittoria”. La monografia su Vittorio Emanuele Orlando doveva essere scritta da Benito Mussolini che se ne era assunto regolare impegno, con la ricompensa di lire 400 prevista per tutti i collaboratori della Collana. Ma poi la collaborazione non andò in porto.