Lips, De amphitheatro ... 1598

print this page
Minich misc.1278.7.5-De Amphitheatro, front.BUPD-Minich 1278.5.7.1

Iusti Lipsi De amphitheatro liber. In quo forma ipsa loci expressa & ratio spectandi. Cum aeneis figuris. Omnia auctiora vel meliora. Antuerpiae : ex officina Plantiniana, apud Ioannem Moretum, 1598.

Segue con proprio front. a p. [57]: De amphitheatris.

Minich misc.1278.7.5-De amphitheatris quae extra Romam libellus, front.BUPD-Minich 1278.5.7.2

Il De amphiteatro, pubblicato la prima volta nel 1584, in latino, testimonia l’interesse erudito di Lips per i più vari aspetti dell’antichità romana, interesse confermato da altre sue pubblicazioni, tra le quali il De gladiatoribus (1582), il De militia romana (1595), il Poliorceticon (1596), il De magnitudine romana (1598). Sono temi, questi della milizia e dei gladiatori, che si ritrovano già per tempo nella cultura rinascimentale, condivisi anche da vari artisti. Del resto Vitruvio, che era stato architetto militare, aveva dedicato il decimo dei suoi libri al problema della guerra e delle macchine adibite a questo uso. È indicativo che anche Palladio nel 1574-75 illustrasse con 42 incisioni i Commentari di C. Giulio Cesare e ne avesse approntate 43 per un’edizione delle Storie di Polibio che non fu pubblicata o che, per fare il nome d’un pittore, Paris Bordon avesse dipinto un Combattimento di gladiatori (Kunsthistorisches Museum, Wien), nel quale i personaggi agiscono sullo sfondo dei monumenti di Roma antica.

Il testo di Lips è completato dal De amphitheatris quae extra Romam libellus, con proprio frontespizio ma con paginazione continua, che tratta delle arene nel resto d’ Italia e altrove. Nell’introduzione al De Anphitheatro l’autore confessa che l’impegno - dodici giorni appena- gli è stato leggero e dilettevole; a guidarlo, dichiara, è stato più l’interesse per i riti che quello per l’architettura, e tuttavia non sono state trascurate “formas et imagines”, essendosi egli proposto di restituire “imago, facies, habitus” di tutte le arene, sia con la penna sia col pennello. In effetti l’opera è corredata da alcune pregevoli incisioni, attribuite a Pieter van der Borcht, collaboratore  dell’editore anversese Plantin, ma in realtà dipendenti anche da stampe precedenti.

I 22 capitoli del trattatello spaziano dai problemi terminologici (Cur amphitheatrum dictum, et cur cavea, cap. II) alle divinità cui gli anfiteatri erano consacrati (Dianae in primis, Iovi Latiari, sive Diti item Saturno, ecc., cap. IV); come fossero di legno all’inizio e di pietra in seguito (cap.V); le parti dell’anfiteatro (capp. VIII, IX); non mancano interessanti spunti sulle scenografie (a mo’ di selva, di mare, con navi, cap. X); sull’ordine dei posti a sedere (cap. XIIII); sui velari (colorata ea fuisse, aliquando serica, aliquando purpurea auro distinta, capp. XVII-XVIII), ecc.

Nel De amphitheatris quae extra Romam libellus, dedicato a Ortelio, l’autore ha modo, nel proemio, di tributare un omaggio a Serlio. I capitoli sono sei, nel primo dei quali c’è un semplice elenco degli anfiteatri in Italia, Istria, Spagna, Gallia, mentre nei capitoli successivi si esaminano partitamente e si illustrano mediante incisioni, le arene di Verona, Pola, Nîmes e "Devona" (Douai la Fontane nell’attuale dipartimento francese del Maine-et-Loire) che lo meravigliano assai, ma che erano in verità delle cave con funzioni anche abitative.

Sul frontespizio il timbro della biblioteca del Regno d'Italia. la Biblioteca possiede altre copie in miscellanea con collocazione 28.b.8/3-4 proveniente dalla Congregazione dell'Oratorio e 28.b.14/3-4 

Leggi l'opera on-line


Galleria       Sez.3 Roma fuori di Roma   Precedente   Elenco   Successiva