Nel periodo a cavallo del Novecento, l'agricoltura piacentina era stata in grado di partecipare all’impulso che, nelle regioni del Nord, aveva determinato l’incremento di circa un terzo del patrimonio zootecnico e delle colture foraggere e l’introduzione delle piante industriali.
Venne modificata la mappa della superficie coltivata, cambiò il paesaggio, si specializzò la granicoltura, venne incrementata l’estensione del prato a supporto dell’allevamento bovino e presero spazio le colture della barbabietola da zucchero e del pomodoro. Anche la vite triplicò la produzione. L’iniziativa dell’imprenditoria agraria divenne presto il motore di un processo locale di interconnessione tra agricoltura ed industria che ebbe, anche nel Piacentino, molteplici effetti: l’ammodernamento tecnico dei mulini, il potenziamento dell’allevamento del bestiame e il coevo sviluppo dei caseifici, l’avvio della coltivazione del pomodoro e della barbabietola da zucchero, l’ammodernamento della coltivazione delle vite, con la costruzione di nuove cantine.
Sicuramente l’impatto sull’assetto produttivo della prima guerra mondiale fu rilevante. Nelle campagne il protrarsi della guerra causò molteplici danni, tra cui l’impoverimento dei terreni e l’abbandono della manodopera richiamata al fronte. I riflessi nel mondo agricolo andarono al di là del calo della produzione che si avvertì per qualche annata, in particolare nel 1917. Dal 1918 si tornò agli standard dell’anteguerra, segno che le strutture, nonostante l’impoverimento dei terreni e del patrimonio zootecnico, avevano nel complesso tenuto e ciò grazie al largo impiego, nei piccoli poderi familiari, delle donne e dei minori e al crescente utilizzo, specie nei grandi poderi, dei macchinari. Però si accrebbero i divari tra i grandi e medi proprietari in grado di sostituire le macchine alle braccia e i piccoli proprietari, soprattutto della collina e della montagna, sprovvisti di capitali, spesso indebitati e costretti a vendere.
Nei primi anni Venti la situazione risultava quindi in evidente evoluzione: le novità introdotte nel mondo rurale, in fatto di produzione e mezzi tecnici, cambiarono il lavoro, il rapporto tra l'uomo e la terra, interagendo con i nuovi fattori sociali portati dalle lotte agrarie. La figura del salariato divenne sempre più centrale nell'ambito delle trasformazioni economiche, delle lotte sociali e dei passaggi politici sociali, mentre l'irrompere dello sciopero e della organizzazione sindacale scuoterà le fondamenta del mondo agrario. D'altro canto, la modernizzazione passò, in primo luogo, attraverso l'impulso all'azienda capitalistica, in grado di potenziare l'impiego, in forte aumento, di concimi chimici e di macchinari. Gli sforzi nella direzione della produttività furono in questi anni tanti. E, in particolare nel periodo 1922-1926 anche l'agricoltura piacentina progredì, sia a livello di produzione complessiva che di produttività, confermando il suo ruolo trainante rispetto alla crescita complessiva dell'economia provinciale.
Il Comizio Agrario
Il Comizio Agrario fu attivo a Piacenza già a partire dal 1862, ancor prima dunque dell’istituzione ufficiale da parte dello Stato, avvenuta nel 1866. A maturare l’idea di creare un Comizio agrario, furono, nell’aprile 1862, Luigi Zangrandi, Gian Battista Marzoli, Lodovico Chiappini, Attilio Fioruzzi, Luigi Laviosa, Giacomo Riva, Emilio Fioruzzi e Salvatore Lucca. Il loro progetto era quello di creare un sodalizio «che lavorasse a migliorare la produzione agricola locale», occupandosi in particolare «della istruzione agraria e delle migliori pratiche agricole consigliabili». A Piacenza furono istituiti due Comizi, uno per il circondario della città ed uno per quello di Fiorenzuola.
L'attività del Comizio nel periodo a cavallo del Novecento fu molto importante ed incisivo. Nel 1912 la presidenza del Comizio fu presa dal conte Alessandro Calciati che la tenne a lungo. In questo periodo, tra le più importanti attività dell'istituzione, troviamo l'allargamento del telefono nelle frazioni, l'inventario delle acque derivanti dai principali torrenti della provincia, l'istituzione della Cassa Maternità, del Consorzio tra i rivi di destra del Trebbia e del Comitato per la difesa delle acque del Nure. L’attività del Comizio proseguirà fino al 1932.
La Federconsorzi
La Federazione italiana dei Consorzi agrari era stata fondata il 10 aprile 1892. Il documento notarile, redatto dal notaio Vittorio Porta, fu sottoscritto da trentatre soci privati e diciotto associazioni, tra cui spiccano i Comizi agrari di Piacenza, Fiorenzuola, Parma, Modena, Bologna, Borgo San Donnino e Fabriano. La sede della Federconsorzi rimase a Piacenza fino al 1932, anno in cui viene trasferita a Roma. Per quaranta anni le vicende di questa istituzione si legarono così strettamente alla storia del territorio piacentino, divenendo un importante luogo/laboratorio di apertura alle nuove frontiere dell’agricoltura. Fertilizzanti artificiali, macchine agricole, anticrittogamici e semi selezionati: dirigenti e tecnici della Federconsorzi svolsero un ruolo di primo piano nella diffusione di innovazioni tecniche decisive per l’agricoltura dei primi decenni del Novecento. In particolare, il risparmio consentito dagli acquisti in comune e le maggiori garanzie sui prodotti acquistati (inizialmente i concimi chimici e col nuovo secolo anche le macchine) consentirono un decollo della Federazione che nel 1900 contava 221 società federate, nel 1910 618, per arrivare alle 909 del 1920.
La Cattedra ambulante
Nel 1897 prese avvio anche a Piacenza la Cattedra Ambulante. Era la settima sorta in Italia, ma divenne ben presto una delle più importanti a livello nazionale, in grado di trascinare lo sviluppo agrario. Dal 1897, anno di avvio della Cattedra, al 1935, data in cui il governo fascista soppresse le Cattedre trasformandole in Ispettorati provinciali, la Piacenza agricola visse infatti momenti di grande sviluppo, anni densi di progresso tecnico, sociale ed economico. Un ruolo determinante nell’attivismo di questa istituzione venne riconosciuto, prima di tutto, ai due direttori che successero alla guida, Ferruccio Zago, a capo dal 1897 al 1919 ed Ettore Parenti, che la resse dal 1920 al 1935. Anche negli anni Dieci e Venti l’attività della Cattedra contribuì a creare da subito un clima favorevole all’introduzione di idee nuove. L’immagine della Piacenza agricola che ci verrà consegnata dalle statistiche degli anni Trenta, in particolare dal Catasto agrario del 1929, sarà infatti quello di un mondo rurale cambiato in profondità, nei protagonisti individuali e collettivi, nei modi di coltivare e di trasformare la produzione, nelle relazioni sociali, nei rapporti con l’industria e con il mercato.
Il Consorzio agrario
Il 17 marzo 1900 una cinquantina di agricoltori piacentini, dinanzi al notaio Giuseppe Vaciago, firmarono l’atto di nascita del Consorzio. Da allora il Consorzio penetrò gradualmente nel territorio garantendo la comodità e la sicurezza nell’acquisto. Nei primi mesi del 1900 aprì diciassette punti vendita, iniziando una conquista progressiva del territorio. Alla fine del 1913 arrivò a contare 25 dipendenze territoriali, salite a 48 alla fine degli anni Trenta. All’attività prettamente commerciale il Consorzio affiancò altre iniziative. Nell’ambito del credito agrario assunse un ruolo centrale nel processo di intermediazione scontando in prima persona le cambiali e riscuotendole successivamente presso la Banca popolare o la Cassa di Risparmio. Nel 1906 era stato costruito, nell’area del Molino degli Orti, un vasto magazzino centrale, allacciato alla linea tranviaria e ferroviaria. Sempre in quell’anno il Consorzio, assieme alla Federconsorzi, ai Comizi di Piacenza e Fiorenzuola e alla Cattedra ambulante, aveva costituito una società cooperativa a capitale illimitato per l’impianto di una fabbrica di perfosfati minerali. A partire dal marzo 1907 furono avviati i lavori di costruzione dell’edificio nella zona adiacente al grande magazzino e già nel dicembre viene avviata la produzione di concimi fosfatici che in pochi mesi di attività raggiunge i 110-120 mila quintali annui (nel 1914 la Fabbrica fu assorbita dal Consorzio). Gli anni Dieci rappresentarono un momento di svolta del Consorzio il quale iniziò un’opera di progressiva trasformazione industriale della propria struttura che lo portò nel 1927 ad essere l’unica istituzione agraria cooperativa operante sull’intero territorio provinciale e a vantare due pennellifici, una fabbrica di concimi chimici e partecipazioni in tutte le maggiori iniziative industriali di stampo cooperativo sorte nell’alta Italia.