Il 1 dicembre 1921 si svolse il sesto censimento generale della popolazione introdotto, con cadenza decennale, a partire dal 1861. Ogni edizione di fatto presentò una novità. Se nel 1901 vennero introdotte schede individuali per ogni componente della famiglia, nel 1910, per la prima volta, venne previsto il limite di età di 10 anni per rispondere alle domande sul lavoro. Importante fu anche la novità che caratterizzò l'edizione del 1921. Fu l’ultimo censimento gestito dai Comuni, perché poi fu affidato all’Istat. Inoltre, per la prima volta, parte delle notizie rilevate dal Censimento vennero elaborate, oltrechè per circoscrizioni amministrative (circondari e province), anche per zone agricole.
Al 1921 il Comune di Piacenza contava 43.277 abitanti, con 10.103 famiglie e convivenze. Conteggiati a parte erano ovviamenti gli abitanti dei Comuni contermini che saranno aggregati nel 1923 (Sant'Antonio, San Lazzaro e Mortizza). Molto numerose erano le famiglie con 4/5 figli. Interessante anche il capitolo relativo alla condizione sociale del capofamiglia. Gli operai salariati di tutte le industrie, eccettuate le agricole, erano 2361; le persone di servizio e di fatica 2240; gli artigiani e lavoratori per proprio conto di tutte le industrie, eccettuate le agricole 943; gli impiegati di aziende pubbliche, bancarie ed assicurazioni 848; i venditori di generi alimentari e esercenti 785; gli impiegati di aziende private e commessi di negozi 528; i porofessionisti, artisti ed addetti ai culti 526, infine i possidenti e benestanti 471.
La tabella relativa alla Popolazione presente di età superiore a 10 anni classificata secondo il sesso e la professione – che qui riportiamo - consente di restituire un quadro importante della condizione economica della città. Per quanto riguarda il Comune di Piacenza, la netta prevalenza dei lavoratori del settore agricolo spettava ai "giornalieri di campagna e agli agricoltori che conducono terreni propri". Molto rilevante era la classe dei lavoratori dell'industria del legno, della paglia ed affini (in particolare falegnami, carpentieri, veniciatori e doratori). Nel settore "industrie che lavorano i cereali", la categoria più numerosa era quella dei fornai, pastai e panettieri, seguita dai pasticceri e dolcieri. Nelle industrie che "utilizzano spoglie animali" erano classificati numerosi i calzolai e non pochi i sellai e i fabbricanti di finimenti. Numerosi anche i "fabbricanti di oggetti di carta e cartone", e i fabbricanti di spazzole, pettini e bottoni, cosiccome i fabbri, ramai e stagnai. Nella categoria "preparazione e lavorazione dei minerali" primeggiavano gli scalpellini e i marmisti, mentre nelle "costruzioni" edilizie i muratori. Interessanti anche le suddivisioni per sesso: le donne risultavano prevalenti come fabbricanti di nastri e passamani, come sarte, modiste, ricamatrici e lavandaie. Nell'ambito del Commercio, la categoria nettamente più numerosa era quella dei venditori di uova, latte, frutta, pesci ed ortaggi, per gli esercizi pubblici i proprietari e personale di trattorie, osterie e bottiglieria. Di un certo rilievo anche la presenza di impiegati pubblici, sia a livello statale che locale, con netta prevalenza ancora dei maschi. Nella categoria Culto, professioni e arti liberali, rilevante è la presenza sia di sacerdoti che di frati, monache e suore. Tra le Arti belle troviamo, scultori e pittori, ma anche disegnatori e calligrafi.