La guerra attraverso la stampa

Fondamentale si mostra ancora una volta il ruolo assolto dalla stampa anche all'indomani del 25 luglio del ’43 non nell’informazione, ma piuttosto nella disinformazione del cittadino sull’accaduto. È la stampa delle “veline” imposte ai quotidiani dal regime fascista ― ma abbondantemente utilizzate anche dal governo badogliano ― che arrivano al punto, verso gli ultimi mesi di guerra, di surrogare quasi integralmente l'informazione dei già striminziti fogli unici consentiti dalla crisi della carta. Spariscono, o quasi, dalle testate nazionali e locali, tutte affidate a uomini di provata fiducia, le notizie sulle operazioni belliche, evidentemente sempre più inopportune e controproducenti per l'immagine di una guerra e di un regime prossimi all’inevitabile epilogo, mentre si moltiplicano sui fogli locali, in controtendenza rispetto alle testate nazionali, i messaggi più sfacciatamente adulatori e propagandistici. Stampa ed editoria in generale si affiancano ai manifesti del Nucleo di Propaganda nella loro funzione apologetica, fornendo le stampelle di una sedicente funzione informativa e democratica a un'ideologia oramai logora e palesemente aberrante, specie nei suoi aspetti deteriori di razzismo e intolleranza. Ne sono lampanti esempi le assurdità deliranti dei cosiddetti articoli "scientifici" pubblicati su riviste specializzate come “La difesa della razza”, che ben si riflettono nelle stesse, pur belle graficamente ma perverse contenutisticamente, copertine, in genere di mano ignota, immancabilmente pregne di simbolismi ispirati al fanatismo ideologico più becero. Meno sfrontatamente marcato da questo punto di vista è sicuramente il messaggio che traspare dalle copertine de “La Domenica del Corriere”, affidate alle esperte mani di disegnatori quali Beltrame e Molino, che tratteggiano con la consueta sperimentata perizia scene di facile presa emotiva, ora ispirate a episodi di bombardamenti, ora a piccoli a grandi atti di eroismo, ora alla tanto sbandierata infidità e immoralità degli alleati. E non può mancare nel panorama dei periodici del nord l’apporto fornito alla causa del regime dall'organo della Federazione Nazionale Fascista degli Industriali dello Spettacolo, la rivista quindicinale diretta da Vittorio Mussolini, “Cinema”, che alterna sapientemente a servizi a carattere tecnico di grande valore, critiche cinematografiche “d’autore” ma non aliene da scoperti settarismi, ad articoli di semplice reclamizzazione dei prodotti della cinematografia dei paesi dell’Asse, servizi sul cinema di propaganda commissionato dal Comitato per il Cinema di guerra e politico. Esclusivamente propagandistico invece è il periodico tedesco ma in lingua italiana “Signal”, nato ad hoc nel ’44 e riccamente illustrato con immagini che vanno dai teatri di guerra all’addestramento delle formazioni tedesche e italiane repubblicane, per divagare ogni tanto ad arte con servizi più “leggeri” su spettacoli ed estetica. E se la stampa si attarda nel consueto, trito clichè di regime, non può esser da meno naturalmente, anche per la sua stessa ben più lunga gestazione, la produzione libraria, fitta di opuscoli apologetici del regime e denigratori l’avversario. Basti per tutti citare Il bastone e la carota della fine del ’43, a firma del Duce, e L’America, Roosevelt e le cause della guerra presente di Ezra Pound, edito a Venezia nel 1944.

Con la fine di aprile ’45 e la liberazione di tutto il nord Italia si assiste, com’è naturale, a una vasta operazione di "lifting" nella stampa quotidiana e periodica dell'Italia settentrionale, si susseguono le epurazioni dei compromessi, subentrano gli uomini di fiducia delle varie componenti politiche del C.L.N. Molte testate si trasformano, quasi a cancellare le tracce del passato consenso, mutando almeno parte dei titoli: “La Domenica del Corriere” diviene “La Domenica degli Italiani”, “Il Corriere della Sera” diviene “Il Corriere d’informazione”. Titoli di testa e illustrazioni sono di segno opposto a quelli del periodo fascista: gerarchi nazisti costretti a spazzare le strade, scene di giubilo per la capitolazione giapponese, inizio della ricostruzione. E mentre ancora circolano i fogli pubblicati dai liberatori come “Cronache dell’Italia democratica”, “Corriere alleato”, “Corriere padovano”, nascono nuovi quotidiani, per lo più organi dei vari C.L.N. locali, come i padovani “Vita libera” e “La Libertà”. Intanto i partiti, tornati finalmente allo scoperto, si spartiscono, come già concordato, spesso ancora in tempi di clandestinità, e pur senza esclusione di colpi e “tradimenti”, le vecchie testate nazionali e locali.