Missione in Sud Africa

La possibilità di favorire l’emigrazione italiana in Sud Africa fu al centro della seconda missione che Adolfo Rossi compì all’estero, questa volta al servizio del Commissariato generale dell’emigrazione. Il conflitto anglo-boero appena terminato aveva inasprito il problema della scarsità di mano d’opera che le miniere di oro e diamanti avevano già riscontrato prima della guerra; anche lo sfruttamento delle campagne, però, si era scontrato con l’assenza di forza lavoro. Il settore vinicolo, in particolare, aveva subito gravi perdite, anche a causa degli strascichi di una epidemia di filossera scoppiata nel 1866. Tra le possibili soluzioni, il Ministro e il Sottosegretario dell’agricoltura sudafricani avevano proposto di far immigrare 4-5000 famiglie di contadini italiani. L'opinione che Rossi si formò fu che la mercede offerta (due scellini e mezzo) fosse troppo bassa; della stessa idea era il commissario generale Bodio, che dichiarò insufficiente qualunque offerta inferiore ai cinque scellini. In maniera simile, Rossi trovò che anche il lavoro in miniera nell'Orange e nel Transvaal sarebbe stato sottopagato per gli operai italiani, ai quali sarebbe stato accordato un salario inferiore a quello generalmente corrisposto ai minatori bianchi. Alla fine, come Rossi riassunse in seguito, il risultato della missione fu di impedire "che migliaia di operai nostri venissero portati a lavorare a troppo basse mercedi nelle miniere d'oro".

Didascalie

071 I nuovi migranti, 1903. Rossi descriverà la popolazione di Cape Town come "un miscuglio di quasi tutte le razze umane", dove "bianchi, neri, gialli; Inglesi, Tedeschi, Olandesi, Australiani, gente indigena di colore, Cinesi, Malesi presentano nelle strade un'incessante esposizione etnografica". L'emigrazione verso il Sud Africa subì un forte incremento a seguito della scoperta dei diamanti nel Kimberley e dell'oro nel Witwatersrand. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.

072 Istruzioni del Commissariato generale dell'Emigrazione per la missione in Sud Africa, 1902. Adolfo Rossi partì dall'Italia il 1° novembre 1902, dirigendosi a Londra per ritirare la documentazione necessaria, ed arrivando a Cape Town il 2 dicembre. Il mandato era quello di visitare la Colonia del Capo, l'Orange e il Transvaal; Rossi deviò poi per il Kimberley, e, su richiesta del Ministro degli Esteri, si fermò nel Benadir prima di rientrare in Italia. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 10, fasc. 10.

073 Notabili italiani nel Natal, 1903. Secondo uno studio della Società Geografica Italiana condotta negli anni Ottanta dell'Ottocento, il numero dei connazionali presenti in Sud Africa era di circa 230 unità. Degli italiani emigrati Rossi affermava che "si fanno tutti onore, a parte qualche eccezione: addirittura alcuni occupano eccellenti posizioni ed hanno fatto fortuna". Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.

074 Il sig. Dapino, rappresentante commerciale in Cape Town, con una zebra nel parco di Cecil Rhodes, 1903. A Cape Town il 10 aprile 1890 47 connazionali fondarono una Società di Mutuo Soccorso: si trattava della prima iniziativa intrapresa come comunità dagli italiani in Sud Africa.Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.

075 Lasciapassare intestato a Rossi per utilizzare le ferrovie del Sud Africa, 1903. Il Transvaal all'epoca aveva appena deciso di allargare la sua rete ferroviaria: si trattava di un settore che, a giudizio di Rossi, avrebbe potuto offrire buone opportunità di impiego. Vi erano tuttavia due ostacoli: la legge marziale, ancora parzialmente vigente, e la limitata quota di stranieri ammessi mensilmente (per gli italiani il numero era di 8 al mese a causa delle simpatie filo-boere dimostrate durante la guerra). Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.

076 Operai che collocano binari presso una miniera di diamanti nel Kimberley, 1903. Oltre che nel settore agricolo, gli italiani avrebbero potuto essere impiegati in quello minerario, soprattutto nell'estrazione dell'oro. Rossi fu invitato a partecipare a due sedute del Comitato esecutivo delle miniere, interessato a far arrivare un migliaio di italiani come white unskilled labour. Le offerte però apparivano tanto svantaggiose, ed il numero di operai tanto limitato rispetto alle reali esigenze, che Rossi ritenne si trattasse piuttosto di uno stratagemma per far accettare l'impiego di più economici lavoratori cinesi, osteggiato dall'opinione pubblica. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.

077 Non Transvaalicate, 1903. Alla fine del viaggio Rossi sconsiglierà di emigrare in Sud Africa, sia per le mercedi troppo basse, sia perché l'introduzione di lavoratori italiani sottopagati avrebbe condotto ad un "generale abbassamento di salari per la mano d'opera bianca", esponendo gli emigrati "al disprezzo ed alle invettive degli altri operai". Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 5.