Missione in Brasile

L’inchiesta sulle condizioni dei migranti nello Stato di San Paolo in Brasile venne affidata ad Adolfo Rossi prima ancora che il Commissariato generale dell’emigrazione potesse cominciare a funzionare a pieno regime. In effetti Rossi partì su incarico ‘privato’ del Ministro degli esteri Giulio Prinetti, che lo preferì ai quattro nominativi suggeriti dal Commissariato generale per la missione. D’altra parte, la scelta di non inviare un ispettore viaggiante ufficiale sembrava opportuna non solo per l’urgenza della questione – nel Paese il numero degli immigranti italiani era infatti cresciuto esponenzialmente nell’ultimo decennio – ma anche per ragioni diplomatiche: il commissario Bodio suggeriva di abbandonare “la parola Ispettore per non ferire suscettibilità o sollevare proteste”. La missione durò dal 2 gennaio al 23 aprile 1902: in quei quattro mesi Rossi ebbe l’occasione di osservare il trattamento dei viaggiatori sui piroscafi, il funzionamento dell’Hospedaria de Imigrantes, e le sofferenze dei coloni nelle piantagioni di caffè. L’opinione che si formò fu che “se gli sta a cuore il sangue italiano, il nostro Governo dovrebbe sospendere la nostra emigrazione nel Brasile. Per male che stiano in Italia, i contadini possono essere sicuri di stare meglio che a San Paolo”.

065 Partenze mensili da Genova e Napoli della compagnia Navigazione Italo Brasiliana, 1891. Nell’annuncio venivano reclamizzati i “Passaggi gratuiti agli Emigranti Agricoltori costituiti in famiglia”: si trattava dei viaggi transoceanici pagati direttamente dal Governo federale brasiliano grazie alla cosiddetta Lei Glicério del 28 giugno 1890, emanata per favorire l’immigrazione di contadini europei, e, di riflesso lo sviluppo delle proprietà agricole. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Camera di Commercio, b. 285, fasc. 12.

066 Coloni italiani nella fazenda di Santa Teresa, 1902. L’immigrazione di contadini in Brasile si intreccia indissolubilmente con l’abolizione della schiavitù, decisa con la Lei Áurea del 13 maggio 1888. All’epoca, infatti, il lavoro schiavile era diventato meno redditizio rispetto alla manodopera libera, che però era conveniente solo in presenza di una immigrazione di massa, necessaria per abbattere il valore delle mercedi. Come affermò un deputato di San Paolo a fine agosto 1888: “è evidente che abbiamo bisogno di braccia per sopperire alla mancanza di quelle tolte dalla legge del 13 maggio, al fine di aumentare la concorrenza dei lavoratori e, attraverso la legge della domanda e dell’offerta, ridurre i salari”. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 4.

067 Lettera della Delegazione Italiana ad Adolfo Rossi, 29 gennaio 1902. Nel documento, il rappresentante del Governo italiano a Rio de Janeiro chiedeva a Rossi di comunicargli le sue impressioni sull'Hospedaria de Imigrantes, che era in procinto di visitare. Si trattava del luogo di accoglienza dove i migranti avevano il diritto di restare fino a quattro giorni per poter trovare un ingaggio. Rossi vi si introdusse in incognito, spacciandosi per "lavorante fotografo" appena arrivato dall'Italia: si trovò in “un mercato di braccia” più somigliante “ad una prigione che ad un asilo di aiuto e di informazioni”, responsabile di molte delle tribolazioni e delusioni degli immigrati, che si arruolavano per le fazendas "senza sapere se vanno a finire sotto un padrone ragionevole e pagatore o sotto uno di coloro dai quali i coloni fuggono dopo essere stati derubati e bastonati”. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 4.

068 Il trasporto di caffè all'aia in una fazenda, 1902. I contadini italiani vennero in massima parte impiegati nelle piantagioni di caffè, il cui mercato era all’epoca in crisi di sovrapproduzione. Il ribasso del prezzo nei mercati europei e americani aveva causato l’indebitamento di numerosi fazendeiros, e, di riflesso un peggioramento delle condizioni dei coloni, che non ricevevano la loro paga e non avevano mezzi per riscuotere i loro crediti. Le miserie e le sofferenze non erano però dovute al solo mancato pagamento del salario: molti proprietari trattavano i coloni come schiavi, maltrattandoli e vessandoli con multe e prezzi esorbitanti per l’acquisto di generi alimentari: come Rossi annotò con amarezza, “giustizia per gli uomini, rispetto per le donne, sono cose ignote”. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 6, quaderno 1.

069 Una delle tante italiane malate d’occhi in fazenda, 1902. Nel corso delle sue ispezioni Adolfo Rossi rilevò come molti italiani si trovassero in precarie condizioni di salute, collegate in parte all’alimentazione, in parte ai costi delle visite mediche e delle medicine, spesso alla carenza di igiene. Tale situazione faceva eco a quelle descritte in alcune lettere di migranti: “ammalandosi, non si può trovare né pane, né medici, né medicine […] si prendono dei “bissi” ai piedi, e posso dire che non v’è italiano che io conosca che alla Facienda non abbia avuto male alle gambe o agli occhi”. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 4.

070 La Questione degli Emigranti Italiani nello Stato di San Paolo (Brasile), Il Messaggero, 27 maggio 1902. In base ai rapporti che Adolfo Rossi inviava dalla sua missione in Brasile, ancora prima del ritorno del giornalista in Italia, il ministro degli Esteri Giulio Prinetti proibì l’emigrazione verso il Basile con il meccanismo dei viaggi pagati, in attesa che il Governo brasiliano adottasse appositi provvedimenti legislativi a tutela dei migranti. La decisione fu salutata con favore dalla colonia italiana in Brasile: “è un semplice atto di stima, di rispetto e di giustizia quello che il ministro Prinetti domanda […] Il non chiederlo, equivale all’ammettere che il colono italiano ha sostituito lo schiavo, e che dopo averlo cercato, chiamato e trasportato qui, si può impunemente maltrattarlo nella persona e negli averi”. Segnatura: Archivio di Stato di Rovigo, Rossi Adolfo, b. 4, quaderno 4.