Il teatro nella città di Viterbo

All'inizio del secolo XVIII in un salone del Palazzo comunale era allestito un Teatro denominato "dei Nobili", in quanto l'acquisto dei palchetti era riservato esclusivamente ai nobili della città che guidano il governo della città.

A questo spazio, a partire dal 1721, se ne affianca un altro aperto al pubblico più ampio proveniente dal ceto produttivo della città che prende appunto il nome di Teatro dei Mercanti costituito da un edificio a sé, specificamente dedicato, costruito per iniziativa privata. Il Teatro è attivo fino alla fine del secolo, poi dopo un periodo di decadenza e la chiusura che coincide con la prima occupazione francese, durante la prima Restaurazione per iniziativa dell’amministrazione comunale il Teatro viene restaurato e riaperto nel 1805 con il nuovo nome di Teatro del Genio del Cimino, semplificato, a partire dal 1806, in Teatro del Genio. Il Teatro è attivissimo fino alla metà del secolo, quando l’apertura nel 1855 di un altro spazio più funzionale e moderno − il Teatro dell'Unione − ne riduce l’uso. Il Teatro del Genio, riaperto nel 1866 è infine dichiarato inagibile nel 1882, a seguito dell’emanazione della disposizione governativa che vieta l'uso di Teatri costruiti in legno. L’edificio subisce un processo di degrado irreversibile che porta alla demolizione dell’allestimento interno nel 1911 e alla sua destinazione ad altri usi.

L’offerta, come si è accennato, nel frattempo si amplia ulteriormente a metà dell’Ottocento con l'apertura del nuovo Teatro dell'Unione nel 1855 un edificio nuovo, in muratura e non più in legno progettato dall’architetto Virginio Vespignani che soddisfa le nuove esigenze di decoro, di funzionalità e di comfort tipiche dell’epoca e che trasforma la piazza in un vero e proprio salotto della città.