Faenza. Nutrirsi in Romagna
print this pageOttavo appuntamento alla Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza, venerdì 11 marzo, alle 17.30, del ciclo di incontri “Sapori in biblioteca” promossi in occasione della pubblicazione del volume IBC Agricoltura e Alimentazione in Emilia Romagna. Antologia di antichi testi, a cura di Zita Zanardi (collana IBC "Immagini e Documenti", Edizioni Artestampa, 2015).
Nella Sala Dante si tiene la conversazione - coordinata da Giorgio Tonelli, giornalista Rai – con Giuseppe Bellosi, saggista, e Giuseppe Sangiorgi, storico delle tradizioni popolari romagnole. Il tema è "Nutrirsi in Romagna. Storie, tradizioni, dialetto".
Giuseppe Bellosi spiega come per i romagnoli mangiare non sia mai stato solo nutrirsi, così come cucinare non è mai stato solo sinonimo di preparare il cibo: come gli alimenti abbiano un valore altamente simbolico e il loro uso – che rasenta spesso la ritualità – sia legato a avvenimenti e occasioni particolari. Speciale attenzione riserva al rapporto tra cibo e dialetto e alla loro capacità di identificarsi l’un l’altro e di rappresentare in modo esemplare un territorio.
Beppe Sangiorgi racconta come, partendo da un documento notarile conservato presso l’Archivio di Stato di Faenza, ha intrapreso una ricerca che gli ha permesso di ricostruire la storia dell’origine del nome del vino Sangiovese, tramite la consultazione di centinaia di testi italiani e stranieri pubblicati dal ‘600 fino a oggi.
Per l’occasione Daniela Simonini, direttrice della Biblioteca Manfrediana, ha allestito una piccola ma significativa mostra comprendente alcuni dei preziosi testi di agricoltura e alimentazione qui custoditi: si possono ammirare così rarità come il Tacuinum sanitatis stampato a Strasburgo nel 1531 o le strepitose immagini della Pomona italiana di Giorgio Gallesio.
***PiadinaE' la più romagnola della specialità romagnole. E' un pane senza lievito della più antica usanza, cotto nella lastra di sasso o nella teglia di terracotta messa sopra la fiamma viva (di sarmenti [= fascine della potatura delle viti]).Impastate 500 gr. di farina con 300 gr. di grasso [strutto], sale, un pizzico di bicarbonato, tanta acqua tiepida quanta ci vuole per fare un impasto piuttosto duro. Stendetela in cerchi grossi circa 1/2 cm. e di diametro di15 cm. Cuocete la piadina sopra il testo o la lastra, girandola spesso e forandola sopra con le punte di una forchetta. Si mangia tagliata a metà e imbottita di formaggio morbido (squaquerone) o di fette rosolate di pancetta, o cavoli alla romagnola (c'è la ricetta). Le buone piadine fatte in casa devono sempre essere accompagnate da un bel po' di vino rosso (Sangiovese o Cagnina).