14 - "De humani corporis fabrica"

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Il frontespizio qui esposto appartiene al secondo libro del De humani corporis fabrica, importante trattato di anatomia di Andrea Vesalio dedicato ai muscoli, di cui la Biblioteca Universitaria di Padova possiede l'edizione stampata a Basilea nel 1543. Esso rappresenta un monumento della scienza medica rinascimentale e, per la ricchezza e qualità dell’apparato illustrativo, un capolavoro dell’arte xilografica cinquecentesca frutto dell'esperienza acquisita dall'autore presso il prestigioso Studio patavino.

All’epoca, il docente di chirurgia doveva provvedere anche all’insegnamento teorico e pratico dell’anatomia. Proprio grazie a questa attività manuale il ventitreenne anatomista ebbe occasione di affiancare alla sua già profonda cultura libresca una vasta conoscenza diretta del corpo umano e di raccogliere personalmente le osservazioni che in pochi anni, dal 1539 al 1542, gli consentirono la stesura dell’opera che gli diede fama universale e imperitura come anatomista e che gli consentì di entrare a far parte, in qualità di medico, della corte imperiale di Carlo V, cui il trattato era dedicato.

Il De humani corporis fabrica è una combinazione di validità scientifica e di pregio artistico. Nelle oltre seicento pagine dell’opera i sette ampi capitoli, in latino, trattano: l’osteologia, la miologia, il sistema vascolare, il sistema nervoso, gli organi addominali e toracici, il cervello. 

È il manuale medico più sontuosamente illustrato dell’era moderna: furono impiegati ben 277 blocchi intagliati per la stampa, distinguendosi, anche in questo, dalla precedente tradizione dei libri scientifici, poco o per nulla corredati di tavole.

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È evidente l’intento di fornire al lettore immagini di alto significato culturale e artistico: si vedano in particolare le figure umane della Fabrica e dell’Epitome, rappresentate in movimento, come se fossero vive, e al tempo stesso sottoposte, attraverso il rispetto dei canoni rinascimentali di bellezza, armonia e grazia, ad un processo di idealizzazione mirato a celebrare lo splendore delle creazioni di Dio.

La piena consapevolezza della duplice valenza – scientifica e artistica – dell’apparato iconografico risalta chiara dalle parole dello stesso Vesalio: “Dovrai prestare grande attenzione alla stampa delle tavole, che non vengano impresse come se si trattasse di un libro illustrato qualunque”. Così scrive, infatti, nella lettera inviata nell’agosto del 1542 all’editore Oporino insieme ai blocchi e alle tirature già eseguite, che dovevano servire da modello affinché si conservasse nella stampa “la stessa eleganza chiaroscurale”.

Una delle peculiarità più importanti del metodo vesaliano è rappresentata proprio dal ruolo attribuito alle immagini. Le tavole rispondevano infatti ad una precisa funzione descrittiva e mnemonica ad uso didattico, in quanto documentazione visiva dei dati emersi dall’osservazione diretta durante le autopsie sui cadaveri: tanto che si è parlato di “paradosso vesaliano”, in considerazione del fatto che proprio il massimo propugnatore della esecuzione diretta delle dissezioni produsse un manuale con un corredo iconografico tanto ricco da poter essere utilizzato come un valido sostituto della pratica settoria. Del resto la valenza didattica che Vesalio attribuiva alle immagini è evidente fin dalle Tabulae anatomicae sex (Venezia 1538), basate sugli schemi utilizzati nel corso del suo primo anno di insegnamento padovano.

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