20 - "Speculum uranicum"
print this pagePubblicato nel 1593, lo Speculum uranicum, il cui titolo si richiama a Urania, consta di 43 pagine numerate (compreso il frontespizio figurato) e presenta nel testo 17 grandi illustrazioni xilografiche a piena pagina (16 delle quali arricchite da volvelle e indicatori, per un totale di 39 parti mobili), oltre a capilettera ornati, testatine con fregi e tabelle numeriche.
L’esemplare della prima edizione esposto in questa sede riveste un interesse particolare per il fatto di essere perfettamente integro. Sono infatti conservati non solo tutte le volvelle con le cuciture originali, ma anche la tavola ripiegata dal titolo Canon sexagenarius e le otto pagine in 4° intitolate De harum paginarum usu (contenenti le indicazioni per utilizzarlo), perdute invece nella quasi totalità degli esemplari come naturale conseguenza delle istruzioni impartite dall’autore stesso al legatore: “Haec pars in libro non ligetur”.
Una raffinata cornice architettonica di gusto tardo manieristico racchiude il titolo dell’opera e la marca editoriale. Essa presenta sui montanti, raffigurate come statue entro nicchie, le figure della Fama con l'attributo delle trombe e di Minerva, armata di lancia e di uno scudo su cui compare la testa anguicrinita di Medusa. Ai quattro angoli, quattro figure di animali: un cavallo, un leone, un elefante e un cammello, allusivi alle varie parti del mondo. Al centro della parte superiore e di quella inferiore, due vivaci vignette sembrano alludere invece alla terra, personificata dalla donna distesa sotto la palma e dal mare, popolato di enormi pesci guizzanti.
Il bel frontespizio, inciso a bulino e firmato in basso al centro “Giacomo Franco F.”, include la marca tipografica dell’editore Damiano Zenaro: una salamandra incoronata giacente tra le fiamme, accompagnata dal motto “VIRTVTI SIC CEDIT INVIDIA” ("così l'invidia si arrende al valore").
Secondo la tradizione, la salamandra, pur stando tra le fiamme, non si consuma: non teme la forza del fuoco, anzi lo tempera e lo spegne, divenendo così simbolo di fama e immortalità.
All’inizio del libro si trovano la dedica dell’autore al cardinale Giovanni Francesco Morosini, la prefazione, gli elogi dell’opera e l’indice alfabetico. Vengono poi studiati i moti delle otto sfere e dei sette pianeti, le regole per costruire le dodici case celesti secondo i metodi di Regiomontano e Alcabizio.