21 - Parisano Emilio
print this pageNell'immagine il ritratto di Emilio Parisano inciso da Raphael Sadeler. Sulla cornice del clipeo si trova l’iscrizione con il nome e l’età dell’effigiato. Alla base dell’ovale compare, invece, una scritta celebrativa con la quale si certifica la veridicità dell’icona, aspetto fondamentale nel genere del ritratto prosopografico:
“Corporis effigies potuit: non mentis imago
Pingier hanc SPECVLUM si tueare, dabit”.
("Non un'immagine di fantasia, ma le fattezze del corpo sono state dipinte, quelle che uno specchio restituirebbe se lo guardassi")
A ritrarre il cinquantenne medico aveva provveduto il pittore fiammingo Pietro Mera (1575 ca-1647) in una data che si può indicare attorno all’anno 1617. La lastra venne invece realizzata dall'incisore Raphael Sadeler; qualche tempo dopo essa fu riutilizzata, priva della cornice, dall’editore Deuchino per ornare il trattato dello scienziato. Il ritratto dipinto venne riprodotto dal Sadeler ad diminuendum in base alla consuetudine in uso per le icone calcografiche.
Giunto a Venezia sulla metà dell’ultimo decennio del Cinquecento, Raphael Sadeler fondò, assieme a Aegidius e al nipote Justus, una rinomata bottega dalla quale uscirono numerose riproduzioni calcografiche di opere pittoriche oltre che libri illustrati.
Sul frontespizio figura l’immagine del corpo umano firmata da Francesco Valesio e Catarino Doino, due stampatori-incisori associati molto presenti sul mercato veneziano di inizio Seicento.
Nel dibattito sulle scoperte anatomiche all’inizio del Seicento il “medico fisico” e filosofo Emilio Parisano (1567-1643), romano di nascita ma esercitante a Venezia, si distinse per le posizioni conservatrici e dogmatiche in difesa della tradizione medioevale di Galeno. In particolare, partecipò in prima linea alle polemiche che si accesero sulla teoria rivoluzionaria sul moto sanguigno del medico britannico Harvey, resa nota nel 1628 nel De motu cordis. Il Parisano confutò Harvey perché andava contro i dogmi correnti del tempo e non rispettava l’interpretazione teologica del fenomeno, di cui egli, da devoto cristiano, si professava invece ossequioso.
Il prolifico Pietro Mera fu un membro della colonia veneziana di immigrati dalle Fiandre, conosciuto soprattutto per alcune opere devozionali di un ripetitivo conformismo postridentino e per le composizioni mitologiche di tema ovidiano. Il pittore è stato però anche un richiesto ritrattista e tale attività non deve essersi rivelata secondaria nella sua carriera. Il suo stile si rivela in linea con la tendenza del tempo, favorevole ad una pittura naturalistica attenta alla descrizione delle fattezze e dei segni d’appartenenza. Fu un assertore del ritratto “di naturale” al traino di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto, di cui esistono diversi esempi (per lo più datati e firmati) risalenti al primo decennio del Seicento nell’Accademia Carrara di Bergamo, nei Musei Civici di Brescia e nella Galleria Tadini a Lovere.