Jessie White Mario, nel suo libro di memorie su Agostino Bertani, ricorda come dodici fotografie della Campagna di Roma del 1849 fossero conservate nella sala d’entrata dell’abitazione di Bertani a Genova. Si trattava di carte salate eseguite da Lecchi, che erano conservate, in cornici dorate, montate insieme, quattro per volta, a comporre dei quadri e accostate a ricostruire esattamente le linee di difesa esterna, interna e quella alle mura nei dintorni di Porta S. Pancrazio.
Le didascalie scritte a penna sui cartoncini di supporto delle fotografie potrebbero essere dello stesso Bertani. Si tratta di scritte ampiamente descrittive, con l’evidente intento di ricordare con precisione gli avvenimenti, i luoghi, i protagonisti più valorosi, coloro che caddero per la difesa di Roma, ad integrazione di ciò che le fotografie potevano soltanto suggerire. Il medico milanese, infatti aveva partecipato attivamente agli eventi bellici portando soccorso ai feriti.
L’intero archivio Bertani era stato lasciato alla sorella Luigia, vedova Molinari, che aveva poi incaricato Jessie White Mario della vendita (Paoli, 2001). I documenti furono acquistati dal Comune di Milano nel 1888 e sono oggi conservate nella Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli di Milano.
Approfondimento
Non sappiamo se Lecchi ipotizzasse un “percorso di lettura” per le sue fotografie; se fosse a conoscenza, o avesse voluto egli stesso che il montaggio delle fotografie fosse effettuato nel modo in cui fu poi documentato da Jessie White Mario a proposito della raccolta di Bertani.
Le dodici fotografie erano conservate, in cornici dorate, montate insieme, quattro per volta, a comporre dei quadri e accostate a ricostruire esattamente le linee di difesa esterna, interna e alle mura nei dintorni di Porta S. Pancrazio, ingresso alle mura gianicolensi e aureliane.
Jessie White Mario, nel suo libro di memorie su Agostino Bertani, ricorda come le dodici fotografie della Campagna di Roma del 1849 fossero conservate nella sala d’entrata delle due case abitate dal Bertani a Genova: «Quanti frequentarono la casa di Agostino Bertani in Genova, sì quella in strada Nuovissima sì l’altra sull’Acquasole, si saranno fermati più di una volta nella sala d’entrata per esaminare una serie di fotografie di rovine romane e leggervi sotto le indicazioni scritte a mano» (White 1888).
Le didascalie scritte a penna sui cartoncini di supporto delle fotografie potrebbero essere dello stesso Bertani. Solo le immagini degli eventi del 1849 conservate in casa sua, infatti, presentano le didascalie, mentre le altre eseguite dal Lecchi, o a lui attribuite, ne sono prive. Si tratta di scritte ampiamente descrittive, con l’evidente intento di ricordare con precisione gli avvenimenti, i luoghi, i protagonisti più valorosi, coloro che caddero per la difesa di Roma, ad integrazione di ciò che le fotografie potevano soltanto suggerire.
Il medico milanese, dopo aver partecipato agli eventi bellici portando soccorso ai feriti ed essere fuggito insieme ad altri, aveva ottenuto il godimento dei diritti di naturalità nel Regno di Sardegna dal re Vittorio Emanuele II il 19 febbraio del 1850 e si era così trasferito nel capoluogo ligure. Jessie White ricorda anche quali sentimenti avessero spinto il Bertani a conservare le fotografie e ad esporle, a imperituro ricordo degli avvenimenti e monito ai presenti.
L’intero archivio era stato lasciato alla sorella Luigia, vedova Molinari, che aveva poi incaricato Jessie White Mario della vendita. I documenti furono acquistati dal Comune di Milano nel 1888.
(Maria Pia Critelli)