Le bonifiche dall'età romana all'età moderna

Un osservatorio privilegiato per comprendere in maniera macroscopica le dinamiche del controllo delle acque nell’area Sabina è certamente la piana di Rieti, che per circa quattro millenni è stata il teatro della dialettica tra antropizzazione e ambiente umido. ETA' ROMANA - LA CAVA CURIANA (290 a.C.) e il  Un dato cronologico da cui non si può sfuggire e che segna, di fatto, l’inizio di un processo di pianificazione di conquista delle acque, è il III sec. a. C., il periodo della romanizzazione della Sabina: la piana reatina, dopo la millenaria esperienza dei villaggi perilacustri di età protostorica, sarà rioccupata da insediamenti di natura produttiva quali fattorie e ville rustiche.  L’obiettivo da parte dei romani era dunque quello di ripopolare il territorio per sfruttarlo a fini agricoli; propedeutica all’occupazione stabile era una grandiosa e articolata opera di bonifica di un bacino lacustre unitario che occupava la parte centro-settentrionale della piana di Rieti: il Lacus Velinus, formatosi a partire almeno dall’VIII sec. a.C. Il progetto poggiava su un’opera cruciale e dal grande impegno costruttivo: la realizzazione di un canale che potesse convogliare e direzionare le acque del fiume Velino presso la caduta delle Marmore (cava curiana) e da una fitta rete di canali nella conca velina. In poco tempo quello che era un acquitrino si trasformerà in un paesaggio agrario.

ETA' MEDIEVALE - IL LACUS VELINUS RICONQUISTA LA PIANA REATINA. Solo nell’alto medioevo, con il dominio territoriale longobardo e i conseguenti assetti economici mutati, la tradizionale cura delle acque interne da parte dei bonificatores reatini venne meno e la natura riconquistò gli spazi precedentemente assegnategli dagli uomini e per tutta l’età medioevale la pianura reatina sarà ricoperta da acquitrini. Il fiume Velino non si immetterà più nel cavo curiano ma in un bacino lacustre che con sempre maggiori difficoltà confluirà nel Nera. Il Lacus Velinus era tornato a riconquistare pressoché totalmente il suo spazio, tanto che l’unica forma di collegamento tra Terni e Rieti era la barca. 

ETA' MODERNA. Bisognerà aspettare il XVI secolo per assistere ad una serie di consistenti progetti di bonifica indirizzati soprattutto al ripristino della canalizzazione del Velino presso le Marmore ad opera dei pontefici Paolo III, Clemente VIII e Pio VI, i quali, nell’ottica di redimere le controversie sulle acque tra ternani e reatini, assoldarono grandi architetti ed ingegneri idraulici quali Antonio da Sangallo il Giovane, Giovanni Fontana, Carlo Maderno, Andrea Vici, ecc. Le grandi opere di canalizzazione delle acque su commissione dei Papi segnando date importanti. LA CAVA GREGORIANA (1422). Aristotile Fieravanti realizza un nuovo canale chiamato reatino o gregoriano che tuttavia funzionerà per poco tempo. LA CAVA PAOLINA (1547) Antonio da Sangallo il Giovane su commissione di Papa Paolo III realizza un nuovo canale, chiamato anche canale paolino. Muore durante da direzione dei lavori, dopo aver contratto la malaria. LA CAVA CLEMENTINA (1598). Papa Clemente VIII dà incarico a Giovanni Fontana e Carlo Maderno di redarre un nuovo progetto per la realizzazione di un terzo canale. I due ritennero che la Cava curiana avesse svolto per circa mille anni la funzione di svuotamento del bacino lacustre del Lago Velino. Tuttavia non occorreva a parer loro realizzare una nuova, bensì