Il mondo antico: opere idrauliche e igiene

Nell’idraulica antica si coglie la tendenza al controllo delle acque attraverso programmatiche modificazioni che richiesero considerevoli capacità amministrative e ingegneristiche. Le stesse qualità, del resto, emergono considerando la multiforme varietà delle infrastrutture idrauliche di interesse locale (canalizzazioni, impianti termali, ninfei, ecc.), realizzate fin dal primo stanziamento delle realtà urbane e sviluppatesi, con speciale intensità, tra il principato augusteo e quello di Traiano, quando il livello della civiltà urbana raggiunse il suo culmine. È questo, dunque l’affascinate racconto di una vera e propria civiltà dell’acqua appenninica che tra vallate, altipiani e montagne, tra fiumi, torrenti e sorgenti, ha impostato non soltanto la sua economia ma anche la sua antropologia culturale.

Le cisterne furono realizzate per accogliere, accumulare e utilizzare l’acqua delle precipitazioni atmosferiche, in molti casi per usi potabili. Tutte le fattorie, tutti i poderi, tutti gli allevamenti di bestiame, tutte le ville dovevano disporre di cisterne per non lasciare disperdere le precipitazioni che cadevano in quantità diverse a seconda del periodo e del luogo, e che si sarebbero rilevate preziose nei periodi di siccità. Si preferiva conservare l’acqua piovana in impianti sotterranei che erano protetti da tutti gli agenti esterni. Le cisterne interrate, a partire dall’età ellenistica, normalmente erano a pianta rettangolare ad una o più navate i cui pilastri reggevano le arcate che andavano a descrivere quasi sempre coperture voltate come è il caso della cisterna della c.d. Villa d’Assio (Colli sul Velino, RI). Le murature delle cisterne erano costruite, a partire dal II sec. a. C., in un particolare conglomerato cementizio,detto opus signinum,realizzato con malta fatta con sabbia purissima e calce “forte” che legava pietre di calcare compatto (silex), il tutto poi fortemente costipato tramite “battitura” durante la messa in opera (M. Vitruvio Pollione, De architectura). Era questo procedimento realizzativo che assicurava l’impermeabilità della struttura come è il caso della cisterna, in loc. Castellano, dell’antica Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino, RI). Le pareti erano rivestite da uno strato di cocciopesto, un composto i cui costituenti (frammenti di laterizi minutamente frantumati legati da malta, spesso, pozzolanica), garantivano estreme proprietà idrauliche e quindi ulteriormente impermeabilizzanti. La cisterna diventava, dunque, una vera e propria camera stagna al fine di non non provocare lesioni nella muratura per infiltrazioni d’acqua ma anche per bloccare le eventuali perdite dovute al drenaggio naturale.