Ettore Levi: il padre fondatore

ETTORE LEVI (Venezia, 12 gennaio 1880 -Roma, 5 luglio 1932)

Albero genealogico di Ettore Levi consultabile nella Galleria immagini


"un egregio cittadino di Firenze, il prof. Ettore Levi, vagheggiò, meditò qui come un'altissima idealità e condusse a compimento a Roma con fermezza di intenti, con fede di apostolo, con anima di scienziato"

Nasce in una famiglia molto numerosa (aveva cinque sorelle e un fratello) e già da generazioni affermata nel campo della medicina.


1904

Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia conseguita all’Università di Firenze, diviene, giovanissimo, assistente alla cattedra di Clinica Medica di Pietro Grocco, medico e politico di rilievo, nell'Ospedale di Santa Maria Nuova del capoluogo fiorentino. In quegli anni il Levi riesce a conciliare i doveri del suo incarico con lunghe permanenze all’estero (Vienna, Francoforte, Berlino, Parigi) che gli permettono di acquisire una visione scientifica di rara ampiezza per l’epoca nonché una propensione agli scambi internazionali che caratterizzerà tutta la sua carriera.


1910

Fa esperienza di clinica generale per poi specializzarsi in neuropatologia, ottenendo per quest’ultima la libera docenza con l’unanimità dei voti della commissione giudicante.


1913

Si ammala di tubercolosi polmonare. I soggiorni nei vari sanatori del Paese lo segnano nel profondo ma sarà l’esperienza della Prima Guerra Mondiale, negli anni appena successivi, a deviare definitivamente la sua vocazione verso quella branca della medicina della quale sarà protagonista per tutto il ventennio successivo: la medicina sociale.


1915

Principale motore del processo organizzativo della rieducazione professionale degli invalidi di guerra fu il Pio istituto per rachitici di Milano, diretto dal medico ortopedico di fama internazionale Riccardo Galeazzi, il quale si prodigò, assieme ad alcuni colleghi, tra cui Enrico Burci ed Ettore Levi, per determinare delle linee guida dell’assistenza riabilitativa che fossero valide e conformi in tutta la penisola. Proprio Galeazzi invitò a modificare il regolamento militare che prevedeva il congedo immediato per i feriti non più abili, in quanto così non si dava tempo ai medici di persuadere gli invalidi a sottoporsi alla rieducazione. Cfr. R. Galeazzi, Le moderne provvidenze sociali per i mutilati in guerra, Milano, Ravà, 1915, in part. pp. 9-11.


1916

Contribuisce alla fondazione dell’Opera nazionale invalidi di guerra di Firenze, il primo ospedale-casa di rieducazione italiano in questo campo, del quale diviene anche Presidente. L’attività svolta dal Levi all’interno dell’Opera nazionale, che accoglieva complessivamente 500.000 invalidi nelle varie sezioni dislocate sul territorio italiano, determina la sua nomina a membro del Consiglio superiore di sanità, di cui farà parte per un decennio.


1917

Legge 25 marzo 1917, n. 481, venne istituita l’Opera nazionale per la protezione e l’assistenza degli invalidi di guerra, modificata nella parte relativa agli organi amministrativi dalla legge 18’ novembre 1929, n. 2059. Successivamente, la legge n. 481 veniva integralmente sostituita dal decreto-legge 18 agosto 1942, n. 1275, convertito nella legge 5 maggio 1949, n. 878. Detto decreto, fra lo altro, modificava la denominazione dell’Ente in « Opera nazionale per gli invalidi di guerra ».


1920

Al Congresso nazionale della medicina interna di Milano, sancì la nascita della medicina sociale come intervento su fattori di rischio che determinano la malattia, la cui prevenzione richiede di influenzare necessariamente la dimensione comunitaria o collettiva. Il 28 dicembre viene convocato in udienza da Re Vittorio Emanuele III per illustrargli il programma del costituendo ente e per presentare il testo che da lì a pochi mesi avrebbe visto la luce. Nel corso degli anni, gli scambi con i Savoia non cesseranno, con il continuo sostegno dei Reali alle iniziative dell’Istituto.


1921

Vicepresidente dell'Opera nazionale per la protezione ed assistenza degli invalidi di guerra. L’esperienza, la visione, la competenza e gli ideali di Ettore Levi, evoluti e maturati nel turbolento periodo della Prima Guerra Mondiale, si concretizzano nella pubblicazione della sua opera più significativa: La medicina sociale in difesa della vita e del lavoro. Si tratta di un pamphlet, con prefazione di Luigi Luzzatti, distribuito in 6000 copie alle banche popolari, agli industriali, alle società per azioni, a tutti gli ordini dei medici provinciali e a molti altri enti. In una novantina di pagine viene riassunto il programma d’azione di un «Ente futuro», l’Istituto Italiano di Igiene, Previdenza e Assistenza Sociale, la cui istituzione si era resa più che necessaria, secondo l’autore, nel drammatico panorama sociosanitario in cui versava l’Italia del primo Dopoguerra. Secondo il suo futuro fondatore, l’Istituto doveva perseguire «finalità umanitarie e pratiche insieme», educando «la coscienza igienica del popolo» e al contempo rendendo «maggiormente edotte le classi dirigenti dei gravissimi danni eugenici ed economici che al patrimonio umano della nazione vengono arrecati dal crescente dilagare delle malattie sociali». 

Pubblicati nel corso dell'anno:

L'alfabeto della salute

I partiti e la salute della stirpe

Utilizzazione ed adattamento delle case popolari per la lotta antitubercolare bonifica dell'unità famigliare


1922

Ottenuto il supporto ideologico ed economico necessario (Luigi Luzzatti, Benedetto Croce, Camillo Golgi (premio Nobel per la medicina e presidente del Consiglio Superiore di Sanità), Bonaldo Stringher (direttore della Banca d’Italia e presidente dell’INA), Gino Olivetti (segretario della Confederazione Generale Industria), Pio Foà (presidente della Federazione Italiana Opere Antitubercolari), Giuseppe De Michelis (commissario generale dell’Emigrazione), Ettore Marchiafava (malariologo e vicepresidente della Croce Rossa Italiana), e con la segnalazione di Margherita Sarfatti al Duce tutta l’attività si concentra sulla costruzione dell’Istituto Italiano di Igiene, Previdenza ed Assistenza Sociale (IPAS) e di quella che diverrà la sua voce più autorevole: Difesa Sociale - Rivista di Igiene, Previdenza ed Assistenza. La rivista, infatti, sarà lo strumento principe attraverso cui l’Istituto testimonierà la sua attività culturale durante tutta la sua esistenza. Con il Regio Decreto 23 luglio 1922, n. 1110, l'Istituto Italiano di Igiene, Previdenza ed Assistenza Sociale è eretto in Ente morale con amministrazione autonoma.


1923

In occasione della prima riunione del Consiglio di Amministrazione, tenutasi l’11 gennaio, è eletto Direttore Generale dell’Istituto. La sede dell'Istituto sarà per molto tempo quella di Palazzo Sciarra, in Via Minghetti n. 17.

Pubblicati nel corso dell'anno:

L'educazione in rapporto alla vita sessuale


1924

19 ottobre fonda a Bologna con Eugenio Medea e Giulio Cesare Ferrari la Lega italiana di igiene e profilassi mentale. Organi ufficiali della lega furono la rivista Difesa sociale e Igiene mentale di Corrado Tumiati. Promotore, presso la League of Red Cross Societies, dell’istituzione di un Comitato Internazionale Centrale per il Coordinamento delle Federazioni Internazionali di Medicina Preventiva e Assistenza  Sociale. Alla conferenza della Società Italiana per lo Studio delle Questioni Sessuali, sul tema Natalità ed eugenica, in occasione del suo intervento, avanza e motiva ampiamente, la proposta del birth control: strumento che mira ad introdurre nelle masse e soprattutto «nelle classi inferiori» un senso di responsabilità circa «la portata delle conseguenze più gravi, sull’individuo e sulla famiglia, di una figliolanza troppo numerosa e procreata in serie troppo ravvicinate» , consigliando piuttosto una regola di condotta speciale, da osservarsi nella vita matrimoniale, quella cioè di poter avere nel momento più opportuno ed in cui è maggiormente desiderata, una prole sana e normale fisicamente e mentalmente, con l’obiettivo altrettanto nobile di poterla allevare ed educare nel modo migliore, al fine supremo di dare alla famiglia e alla società elementi intelligenti e fattivi. Avanza, inoltre, peculiari preoccupazioni anche relativamente agli emigranti italiani e al tipo di immagine che questi potrebbero dare nei paesi di destinazione sostenendo che «è nell’interesse del Governo Nazionale, non meno che nei singoli individui emigranti, che non sia permessa l’esportazione di un materiale umano, che male possa rappresentare la Patria».  Non è, tuttavia, disposto a sottoscrivere una politica di sterilizzazioni e divieti di matrimonio.

Pubblicati nel corso dell'anno:

Alle radici dell'economia nazionale

In difesa dei valori umani nazionali oltre i confini

La difesa dei valori umani: Organizzazione nazionale ed internazionale di igiene e di assistenza sociale


1925

Gini è l’unico italiano, insieme a Ettore Levi, a partecipare alla Sixth International Malthusian and Birth Control Conference con una relazione dal titolo On Birth Control, pubblicata poi in «Difesa sociale», 3-4, marzo-aprile 1925, pp. 83-87 XIV riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze a Pavia (maggio 1925), Levi torna a ribadire la necessità di considerare il problema della «qualità» della popolazione, importando anche in Italia quella Constructive Birth Control and Racial Progress Society, fondata in Gran Bretagna da Mary Stopes.

Pubblicati nel corso dell'anno:

Central international committee for the coordination of the international federations of preventive medicine and social relief


1926

L’Istituto, che nel frattempo si era guadagnato una fama importante in Italia e all’estero, aveva raggiunto un bilancio quanto mai positivo e si era dotato di un Centro di documentazione, di una fornitissima Biblioteca e di una filmoteca (La Filmoteca di igiene sociale, una piccola iniziativa realizzata con pochi mezzi e molto entusiasmo. Non sorprende che il catalogo della Filmoteca sia composto quasi esclusivamente di fondi di magazzino acquistati in Francia e risalenti perlopiù agli ultimi anni della guerra. «Detti films non sono che in parte a carattere strettamente scientifico […], hanno tessuto romanzesco od intonazione comica, sì da attrarre l’interesse del pubblico attraverso quel fondamentale principio di psicologia che ci impone di divertire coloro che vogliamo persuadere” *Ettore Levi, “Editoriale”, Difesa sociale, a. 3, n. 3, marzo 1924, p. 1) subisce un brusco cambio di guardia. Il 24 giugno si decreta lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto, ad opera del Ministero dell'Interno, ed il conseguente commissariamento dello stesso. Viene nominato il Commissario Governativo Paolo Medolaghi, con l'intento «di portare nello statuto dell'Ente quelle riforme che ne armonizzino sempre meglio le finalità con il programma di azione e con le nuove iniziative del Governo Nazionale», specificando che tale necessità era sentita anche dalla Presidenza dell'Istituto e dal Direttore Ettore Levi. A quest'ultimo la Direzione di Difesa Sociale porge gli auguri di pronta guarigione perché al momento ammalato e impossibilitato a dirigere l'Istituto. Sembra, infatti, che Levi fosse stato colpito da un forte esaurimento nervoso che, nei primi mesi, lo costrinse ad allontanarsi dal dibattito pubblico.


1927

Nel mese di aprile, è sostituito da Augusto Carelli nella direzione della rivista dell’Istituto. Nell’opuscolo di Difesa Sociale che comunica ai lettori la notizia, è lo stesso Carelli ad intervenire:

Il Prof. Ettore Levi da qualche tempo assente da Roma per motivi di salute, essendo costretto a prolungare ancora la sua assenza, ha voluto essere esonerato dalla direzione di "Difesa Sociale". Cedendo quindi alle sue insistenti richieste, il Commissario Governativo dell'Istituto, Gr. Uff. Prof. Paolo Medolaghi ha incaricato della direzione della rivista il sottoscritto, il quale da questo numero, pertanto, ne assume intera la responsabilità.

Il 26 maggio, con il discorso alla Camera dei deputati passato alla storia come “discorso dell’Ascensione”, Benito Mussolini fuga ogni dubbio: il Fascismo adotta un’eugenetica quantitativa di stampo pro-natalista, perché «se si diminuisce, signori, non si fa l’Impero, si diventa una colonia!». la tesi del Levi, e così la sua battaglia, rimangono isolate in un contesto in cui il regime si preoccupa più della quantità che della qualità, con il crollo della natalità e della fecondità che la guerra aveva causato in Italia.

Da qui, quindi, la sua brusca estromissione dalla direzione dell’Istituto Italiano di Igiene, Previdenza e Assistenza Sociale e dalla sua rivista e, con ogni probabilità, il suo presunto esaurimento nervoso dimostrato anche in una lettera scritta a Giulio Cesare Ferrari, suo amico psichiatra e psicologo, del 2 marzo, poco prima di essere ufficialmente sostituito nella direzione di Difesa Sociale.


1928

Viene confermata a chiare lettere la sua estromissione dall’Istituto. 

Su proposta del Capo del Governo, il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge che prevede il trasferimento dell’Istituto alle dipendenze della Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali (CNAS, poi INFPS, Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale), sotto i cui “auspici” si trovava già dal 1923. L’Istituto diventa un organo di studio, di documentazione e di propaganda, perdendo il suo carattere di istituzione pubblica di assistenza e beneficienza. Vengono nominate una Giunta esecutiva ed una tecnica per monitorarne l’attività scientifica.  In una relazione del Ministero dell’Interno si legge che, a titolo di omaggio verso l’antico fondatore, il disegno di legge è dotato di una disposizione transitoria in base alla quale «il Prof. Ettore Levi farà parte della Giunta amministrativa e tecnica».


1929

La legge che ne segue, che ufficializza il suddetto disegno, è molto più drastica. Così scrive il Direttore Generale della Sanità Pubblica, in un appunto del 3 agosto indirizzato al Gabinetto del Ministro dell’Interno:

il Prof. Levi nel parlare dell’Istituto Italiano di igiene Previdenza e Assistenza Sociale, della sua organizzazione, del suo programma, ne tratta come se egli medesimo che ne fu l’iniziatore, ne faccia ancora oggi comunque parte. Invece, sta di fatto che […] il Prof. Levi non ha più nell’Istituto stesso nessun tipo di ingerenza.

Parole che trovano una brutale conferma in quelle del Medolaghi, appena venti giorni dopo, in una lettera indirizzata al Levi stesso:

Quali sono state, dopo i colloqui che Ella sa, le definitive conclusioni […] Ella non può far conto di trovare nell’istituto la posizione di prima, né un campo qualsiasi per la sua attività. Mi scusi la crudezza di questa informazione, ma poiché mi chiede con tanta urgenza la verità, gliela dico senza veli. Dopo questo mi pare inutile che Ella venga a Roma, perché non avrei proprio altro di più da aggiungere (Fonte: Lettera di Medolaghi a Levi_25 agosto 1929, ivi n.01).

A queste categoriche affermazioni, la sua risposta sommessa e rassegnata:

l’aver molto sofferto porta con sé il vantaggio inestimabile di far considerare con la giusta relatività, ogni cosa umana, all’infuori del rispetto alla propria dignità e alla propria fede scientifica (Fonte: Risposta di Levi a Medolaghi, ivi n.01).


1930

A Levi non rimane che rivolgere le sue suppliche a più alte sfere: il 12 marzo, finalmente, dopo svariate richieste, Mussolini concede gli un’udienza privata (Fonte: Convocazione di Mussolini, ivi n. 01).

Poche ore dopo il loro incontro, Ettore Levi indirizza «A S.E. il Capo del Governo e Duce del Fascismo» una lettera, una sorta di memorandum, in cui il mittente ripercorre quanto detto durante l’incontro. Nella lettera, fa riferimento anche ai suoi recenti problemi di salute:

Conosco me stesso e so che alla tragica fase di esaurimento nervoso che per 4 anni mi tenne inattivo, succede una fase di ardente attività in cui ho la netta coscienza di poter essere, a servizio della difesa della Stirpe secondo le direttive del Regime, operaio fattivo, non trascurabile forgiatore di piani benefici.

Alla lettera, Ettore Levi ne allega delle altre, provenienti da colleghi italiani e stranieri, con lo scopo di dimostrare la fiducia di cui egli godeva, la sua riconosciuta centralità nella vita dell’Istituto e per tentare di scrollarsi di dosso delle pesanti accuse: «La riunione di tali documenti mi fu resa necessaria perché del tutto recentemente mi fu riferita la voce che ero stato accusato di aver fatto opera di propaganda contro la politica demografica del Regime». Tra la corrispondenza, il Levi allega alcune lettere nelle quali il Medolaghi spende per il fondatore dell’Istituto parole di stima e fiducia, negate, poi, «in forma brutale, colla lettera dell’Agosto 1929». In una lettera del 24 dicembre 1928, l’allora Direttore Generale della CNAS, scrive al Levi di ricordarlo sempre con grande simpatia, «sperando di rivederLa presto a Roma e all’Istituto che pur nel nuovo ordinamento resta sempre il Suo». E ancora, il 16 febbraio 1929, alla luce delle nuove disposizioni che spostavano l’Istituto alle dipendenze della CNAS, il Medolaghi scrive al Levi:

nello schema che io avevo preparato la Sua posizione, quale rispettava lo statuto originario, era conservata […] in una forma o nell’altra, credo giusto e desidero che le sia conservata la soddisfazione morale di seguire l’Istituto nella sua ultima fase della sua attività, in una posizione che giustamente soddisfa il Suo amore di padre.

Il 15 marzo Levi si rivolge a Chiavolini, segretario particolare del Duce, come ultimo tentativo di trovare una nuova collocazione professionale. Nella lettera, che chiede un comunicato stampa relativo all'udienza privata, ricorda il suo legame di parentale con la cugina Margherita Sarfatti [...]La mia geniale cugina Margherita Sarfatti mi ha promesso ieri sera a casa Sua, che Le avrebbe telefonato raccomandanoLe di voler prestar benevolmente ascolto alla mia richiesta), un’udienza privata (Fonte: Lettera a Chiavolini, ivi n. 01).


1932

Martedì 5 luglio, nello stesso mese in cui 10 anni prima l’Istituto veniva ufficialmente riconosciuto, Ettore Levi si toglie la vita.

Le comunicazioni ufficiali sorvolano sulle cause della morte. Non ne parla la redazione di Difesa Sociale, nel freddo necrologio che ricorda la scomparsa dello storico Direttore, in cui tutta la sua tragica vicenda professionale e umana è stringatamente riassunta come una «travagliata esistenza». Non ne dà conto neanche Alessandro Beretta Anguissola, che nel 1992 scrive un articolo per il volume per festeggiare i 70 anni dell’Istituto, in qualità di suo Presidente.

Senza mezzi termini, invece, si esprime la dottoressa Elena Fambri, sua collega all’interno dell’Istituto nonché futura Direttrice dello stesso. In una lettera indirizzata a Rachele Mussolini (Fonte: ivi, n. 01) del 3 maggio 1935, la Fambri non lascia spazio a dubbi: «prima si ammala, poi si uccide Levi».

Il contesto intorno a queste parole è un resoconto della cattiva gestione Medolaghi, un uomo, a detta sua «che non vede più al di là del suo naso» a differenza del Levi, che era «un ebreo maledettamente inframettente, ma genialissimo».

Secondo alcuni, sull’espulsione di Ettore Levi dall’IPAS avevano avuto un notevole peso proprio le sue origini. Non ha dubbi a riguardo Claudia Mantovani, docente dell’Università di Perugia che ha approfondito il rapporto tra il Fascismo e l’eugenetica. La Mantovani, infatti, sostiene che «la manovra di esproprio non mirasse tanto ad impadronirsi dell’Istituto quanto ad emarginare Levi in persona», portando a sostegno di tale tesi l’appunto della Direzione Generale di Sanità del 3 agosto 1929, già citato. Nell’appunto, i funzionari incaricati di visionare la pratica del Levi e dell’Istituto stesso, riconoscono che l’IPAS, che raccoglie ampio materiale e documentazione varia di notevolissimo interesse per la medicina, l’igiene e l’assistenza sociale – non presenta in realtà che per un assai limitato e ristretto interesse per l’attività della CNAS.

La vita di Ettore Levi termina nel silenzio della maggior parte dei colleghi, osteggiato da un regime che reprime e annichilisce chi non vi si allinea, estromesso da un Istituto che tutto gli doveva e nel quale non aveva potuto più fare ingresso, nemmeno per recuperare «i più preziosi oggetti personali» lasciati in sede.

Bibliografia delle opere di E. Levi

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