«The translator, we fear, was hungry...»
I Promessi Sposi approdano in America nel 1834 con la traduzione di George William Featherstonhaugh (1780-1866), poligrafo e geologo inglese emigrato negli Stati Uniti. Esce a dispense settimanali sulla rivista «The Metropolitan: a Miscellany of Literature and Science».
Introduzione a parte, Featherstonhaugh decide di tradurre il testo integralmente, per l’impossibilità di separare nettamente i passaggi più pesanti dai «comic thoughts, and the finest touches of humour» («pensieri comici e dai raffinatissimi tocchi di umorismo»).
Non ci sono errori vistosi, ma lo stile è aulico: vocaboli e sintassi sono italiani o latini, lontani dall’inglese corrente. Una scelta simile sarebbe stata imperdonabile per un fervente sostenitore della «lingua viva e vera» come Manzoni.
Edgar Allan Poe recensisce così questa traduzione:
«We regret to say that the translation has many faults. We lament it the more, because they are obviously faults of haste. The translator, we fear, was hungry; a misfortune with which we know how to sympathize. The style is, for the most part, Italian, in English words, but Italian still. This is a great fault. In some instances it would be unpardonable. In this instance, perhaps, it is more than compensated by a kindred excellence. In a work like this, abounding in the untranslatable phrases of popular dialogue, it gives a quaint raciness which is not unacceptable.» («Spiace dire che la traduzione ha molte pecche. Ce ne rammarichiamo tanto più, in quanto sono evidentemente pecche dovute alla fretta. Il traduttore, temiamo, aveva fame; una disgrazia con la quale abbiamo imparato a simpatizzare. In larga parte lo stile è italiano, con parole inglesi ma pur sempre italiano. Questo è un difetto grave. In certi casi sarebbe imperdonabile. In questo caso, forse, è più che compensato dal vantaggio che porta con sé. A un’opera come questa, che abbonda di frasi intraducibili tratte dal parlato, esso conferisce una pittoresca vivacità che non è inaccettabile»).
George William Featherstonhaugh, primo geologo al servizio del governo americano e traduttore dei Promessi Sposi
Gli strafalcioni di Andrews Norton
Nello stesso anno compare a New York una seconda traduzione con un nuovo titolo: Lucia, the Betrothed, pubblicata da George Dearborn. Il traduttore si firma A.N., tradizionalmente riconosciuto in Andrews Norton (1786-1853), pastore della Chiesa unitaria di Boston e professore di letteratura sacra all’Università di Harvard, oltre che co-editore del «The Select Journal of Foreign Periodical Literature». Non mancano tuttavia testimonianze secondo cui il traduttore sarebbe una donna: «an accomplished young lady of this city» («un’abile giovane donna di questa città»), secondo il «New York Monthly Magazine» del dicembre 1833.
Norton esprime nella prefazione la sua ammirazione per Manzoni, che presenta come un concentrato delle qualità dei personaggi del romanzo: «We not only feel him to be a man of genius, but of virtue. […] the home of his spirit seems to be with the good Federigo, the penitent and humble Christopher, and the innocent and virtuous Lucia». («Noi non lo riteniamo soltanto un uomo dotato di genio, ma di virtù. [...] La dimora del suo spirito sembra essere con il buon Federigo, con il penitente e umile Cristoforo e con l’innocente e virtuosa Lucia»).
La traduzione è ridotta a trentasette capitoli e conta numerosi errori. Un caso celebre è «monti sorgenti dall’acque» che diventa un banale «mountains, source of waters».
Andrews Norton attacca il Transcendentalismo in una caricatura di Christopher Pearse Cranch, 1836-1838 ca.
Religione e senso morale
I lettori inglesi apprezzano le scene a tinte fosche, come la storia della monaca di Monza, il pentimento dell’innominato e la peste; ma esaltano ancor più il messaggio morale del romanzo. Nella prefazione alla sua traduzione, Swan dichiara di non aver mai letto «a novel in which Religion looks so beautiful» («un romanzo in cui la religione sembra così bella»). D’altra parte, Swan decide liberamente di tagliare gli episodi legati al «perverted sense of religion» dei personaggi, come il voto di Lucia e il sermone di Padre Felice. La religiosità del romanzo diventa un parametro estetico. La critica di Swan alle frequenti invocazioni di Lucia alla Vergine suona involontariamente comica: «I could have wished too, to see the name of Christ substituted for the Virgin Mary – but the persons of the drama were Catholics». («Avrei potuto desiderare, inoltre, di vedere il nome di Cristo sostituito da quello della Vergine Maria – ma i personaggi del dramma sono cattolici»).
La fortuna di Manzoni non è però lineare neanche in ambiente cattolico: la ristampa dei Betrothed del 1834, pubblicata nel 1867 dagli editori cattolici Burns e Oates, elimina qualunque riferimento alla monaca di Monza, che incarna la critica manzoniana alla Chiesa e alle tradizioni del cattolicesimo.
Negli Stati Uniti Charles Sumner, futuro politico americano, è particolarmente colpito dalla scena in cui Fra Cristoforo chiede perdono al fratello dell’uomo assassinato: «The Pope should remit Manzoni ten thousands years trough purgatory in consideration of Fra Cristoforo and the Cardinal Borromeo. When I read the asking of pardon by Cristoforo, though I was in a public “vettura”, and albeit unused to the melting mood, I yet found the spontaneous tear, the truest testimony to the power of the writer». («Il Papa dovrebbe rimettere a Manzoni diecimila anni attraverso il purgatorio in considerazione di Fra Cristoforo e del Cardinale Borromeo. Quando ho letto la richiesta di perdono di Cristoforo, sebbene fossi in una “vettura” pubblica, e sebbene non avvezzo alla commozione, mi sono venute le lacrime agli occhi, la testimonianza più vera della potenza dello scrittore»).
Dagherrotipo del senatore Charles Sumner, affezionato lettore dei Promessi Sposi (1855)
Lettori illustri: Edgar Allan Poe
«This work comes to us as the harbinger of glad tidings to the reading world. Here is a book, equal in matter to any two of Cooper’s novels, and executed at least as well, which we receive at the moderate price of forty-two cents!» («Quest’opera ci arriva foriera di felici notizie per il mondo dei lettori. Abbiamo qui un libro uguale per densità narrativa ad almeno due romanzi di Cooper messi insieme, scritto almeno altrettanto bene, e lo riceviamo al modesto prezzo di 42 centesimi!»)
Sul «Southern Literary Messenger» del maggio 1835 viene pubblicata una recensione dei Betrothed di Featherstonhaugh firmata da un fan insospettabile: Edgar Allan Poe.
Lo scrittore mette in rilievo la perfezione della macchina narrativa, che rende difficile l’esposizione della trama:
«Well! here is something that will stick by the ribs; a work of which we would try to give a sort of outline, but that it cannot be abridged. The machinery of the story is not intricate, but each part is necessary to the rest. To leave anything out is to tell nothing.» («Bene! Ecco qui qualcosa di consistente e sostanzioso; un’opera di cui vorremmo dare in qualche modo un profilo, ma che non può essere compendiata. La macchina narrativa non è intricata, ma ogni parte è necessaria al resto. Dire poco equivarrebbe a dire nulla.»).
A differenza di altri critici del tempo, Poe non si lascia ingannare dal filocattolicesimo dell’opera: «Manzoni was as much alive, as Luther himself, to the abuses of that Church». («Manzoni era ben consapevole, tanto quanto Lutero, degli abusi di quella Chiesa»). Ma a colpire Poe è soprattutto la potenza espressiva dell’autore, di cui fornisce un assaggio riportando per intero l’episodio della madre di Cecilia: «There is a power in this to which we do not scruple to give great praise». («In tutto questo c’è una potenza di scrittura a cui non esitiamo a dare gran lode»).