I «Promessi sposi» sbarcano in Inghilterra
Nel novembre del 1827, sul «Foreign Quarterly Review» compare un articolo sui Promessi Sposi. Dopo un riassunto dell’opera e la traduzione di alcuni passaggi, il recensore stronca il romanzo con poche parole: «an indifferent novel written by a highly respectable dramatist» («un romanzo insignificante, scritto da un drammaturgo di tutto rispetto»). L’accuratezza storiografica, su cui l’autore tanto si era arrovellato, viene a sua volta liquidata come «the unnecessary and tedious minuteness of the historical notices with which it is interspersed» («la minuziosità inutile e tediosa delle note storiche da cui è inframmezzato»). È l’inizio dell’ ambivalente ricezione inglese dei Promessi Sposi, che vede alternarsi aspre critiche e commenti entusiastici.
Le traduzioni in inglese del romanzo hanno giocato un ruolo rilevante nella scarsa fortuna di Manzoni nei Paesi anglosassoni. La difficoltà di tradurre in una lingua come l’inglese un’opera plurilinguistica come la prima edizione dei Promessi Sposi è stata ripetutamente sottolineata nelle prefazioni dei traduttori. Il traduttore G.W.Featherstonhaugh scrive che il romanzo di Manzoni è «exceedingly difficult to translate» («estremamente difficile da tradurre») e che tradurre «such a work of pre-eminent merit [...] is like attempting to paint the fragrance of violets and roses» («un’opera di questo valore [...] è come tentare di dipingere il profumo delle viole e delle rose»). La riflessione di Andrews Norton arriva a riconoscere l’inadeguatezza oggettiva di qualsiasi traduzione, dovuta al fatto che «the genius of an author is […] intimately associated with the genius and the very sounds of his language» («il genio di un autore è [...] intimamente associato con il genio e con i suoni stessi della sua lingua»).
In Inghilterra vengono pubblicate tre traduzioni della Ventisettana. La prima, ad opera del pastore anglicano Charles Swan, risale al 1828; le altre due sono anonime, e compaiono nel 1834 e nel 1844. In America si basano sulla prima edizione del romanzo la traduzione di Featherstonehaugh del 1834 e quella di Norton dello stesso anno.
Frontespizio del «Foreign Quarterly Review», tra le prime riviste inglesi a recensire I Promessi Sposi
Il primo traduttore
Il primo traduttore inglese dei Promessi Sposi è Charles Swan, pastore anglicano di circa ventisette anni. Nel 1824 lo troviamo sulla nave militare Cambrian in qualità di cappellano, quando la Gran Bretagna si schiera a favore della Grecia nella lotta per l’indipendenza dall’Impero ottomano. È in Grecia che il giovane pastore viene a conoscenza per la prima volta dell’opera manzoniana, attraverso il conte Luigi Porro Lambertenghi, esule in Inghilterra e sostenitore a sua volta della causa indipendentista. Lo scopriamo nella lettera di Swan a Manzoni dell’ 11 gennaio 1827:
«I have been in Greece, and had the pleasure to meet with a friend of yours, whom I have heard speak of you with great esteem. I mean the Conte Porro; and it was in his hands that I first saw your “Adelchi”». («Sono stato in Grecia, e ho avuto il piacere di imbattermi in un Vostro amico, che mi ha parlato di Voi con grande stima. Sto parlando del conte Porro; è stato nelle sue mani che ho visto per la prima volta il Vostro “Adelchi”»).
Giunto a Pisa in seguito al naufragio della nave, Swan decide di tradurre e pubblicare a sue spese i Promessi Sposi, con l’idea di rivolgersi alla numerosa comunità di lettori inglesi presenti in Toscana. A fine marzo 1828, in tre volumi, il romanzo è pronto per essere divulgato: The Betrothed Lovers: a Milanese Tale of the XVIIth Century. Soltanto tre mesi dopo la traduzione verrà ristampata a Londra, con lievi modifiche, da Rivington, casa editrice legata alla Chiesa Anglicana.
Frontespizio della prima traduzione dei Promessi Sposi in inglese (1828) ad opera di Charles Swan
Tagli, sintesi, errori
Le critiche più frequenti rivolte al romanzo riguardano l’eccessiva lunghezza delle digressioni storiche. I primi traduttori decidono perciò di tagliare arbitrariamente tutto ciò che è considerato «irrelevant to the story», come dichiara Swan nel suo «Advertisement». I capitoli storici sulla peste, la descrizione della carestia e della discesa dei lanzichenecchi e la biografia del cardinal Federigo sono le sezioni più spesso sacrificate. Lo stesso Swan teme una reazione negativa per la “mutilazione” del romanzo: nella lettera a Manzoni del 23 maggio 1828 il traduttore inglese sembra stupirsi dell’atteggiamento comprensivo dell’autore:
«Dear Sir,
your kind and courteous letter of the 19th inst.53 afforded me the highest gratification. I assure you have been in great apprehension lest I should be accused of having murdered your literary bantling – at least, of having barbarously mutilated it: and I well know the sensitiveness of authorship upon points of this delicate nature».
(«Caro Signore,
la Vostra gentile e cortese lettera del 19 c.m. mi ha procurato la massima gratificazione. Vi garantisco che sono stato in grande apprensione per timore di essere accusato di aver ucciso il vostro parto letterario – o quanto meno di averlo barbaramente mutilato: ed io conosco bene la sensibilità dell'autore su punti di natura così delicata»).
«Un barbaro non privo d’ingegno». L’ironia incompresa
Uno dei problemi più diffusi con cui i traduttori dei Promessi Sposi hanno dovuto fare i conti è la comprensione dell’ironia manzoniana. Nel caso di Swan, l’ironia è fraintesa al punto da innescare una polemica epistolare. Il passaggio incriminato si trova nel cap. VII, dove Manzoni, riutilizzando ironicamente le parole di Voltaire, fa riferimento a Shakespeare come a «un barbaro che non era privo di ingegno». Swan interpreta la frase alla lettera, e la ritiene tanto offensiva da richiedere a Manzoni una spiegazione. Il nostro Autore è costretto a specificare che la sua affermazione parentetica era ironica: «Mi son fidato nella supposizione che i miei lettori (…) conoscessero la mia ammirazione per Shakespeare». Ma Swan non sembra ancora convinto: «Let the Reader consider it with attention; and while attracted by the beauty of the Author’s style – the force and warmth of his panegyric on Shakespeare while admiring the ingenious mode by which he deprecates our English prejudices – let him recommend to this highly gifted individual, henceforward to be less frugal of a note of admiration!». («Lasciate che il lettore valuti con attenzione; e mentre è affascinato dalla bellezza dello stile dell'Autore – la forza e il calore del suo panegirico su Shakespeare e il modo ingegnoso con cui disapprova i nostri pregiudizi inglesi – lasciate che consigli a questo individuo di gran talento di essere d'ora in poi meno parco di una nota di ammirazione!»).
La traduzione «unmutilated»
L’edizione anonima pubblicata da Burns nel 1844 si basa ancora sulla Ventisettana. È la prima traduzione integrale del romanzo: la tanto vituperata Introduzione viene finalmente accolta. La novità è sottolineata nell’Avvertenza, che prende le distanze dalla precedente traduzione che «omits and alter, ad libitum, or rather with just so much of method as to bring down its high religious and moral tone nearly to the level of common taste» («omette ed altera ad libitum, o meglio con quel tanto di tecnica sufficiente ad abbassare il suo elevato tono religioso e morale quasi al livello del gusto comune»).
Il traduttore deve qui affrontare il problema della traduzione dell’Introduzione barocca: cerca di mantenere il sapore antico del manoscritto usando le lettere maiuscole e il suffisso “-th” invece del odierno “-s”:
«History may be truly be defined a mighty Warfare against Time, forasmuch as, taking Prisoners by Force the Years of Time, already dead, she recalleth them to Life, bringeth them under Review, and re-arrangeth them in battle-Array»
Consapevole dell’importanza dell’Introduzione, il traduttore cerca di seguire il testo d’origine il più possibile. Questa pedissequa traduzione letterale, tuttavia, lo porta spesso a interpretare e tradurre male: la celebre affermazione che conclude l’Introduzione «di libri basta uno per volta, quando non è d’avanzo» diventa una nota pratica sul profitto ricavato dalla vendita del libro: «that of books, one at a time is enough, when there is no profit in advance».
Altra grande novità di questa edizione sono le cinquanta illustrazioni tratte dalla Quarantana, ma di dimensioni ridotte, che accompagnano il testo.
Frontespizio della prima traduzione inglese integrale dei Promessi Sposi, stampata anonima nel 1844
Lettori illustri: Mary Shelley. Manzoni bigotto, schiavo, genio
«Above all, dear, get the Promessi Sposi – at first you may lag a little, but as you get on the truth and perfect Italianism of the manners and description – the beautiful language, which differs from all other Italian prose – being really the Tuscan of the day that he writes, and not a bad imitation of the trecentisti – the passion and even sublimity of parts rendered it to me a most delightful book – I can imagine a person who had not been in Italy not liking it, but to us it must be delightful.» («Soprattutto, cara, prendi I Promessi Sposi – all’inizio potresti avere qualche difficoltà, ma non appena acquisirai familiarità con la verità e la perfetta italianità dei modi e della descrizione – la splendida lingua, diversa dal resto della prosa italiana – essendo davvero il toscano di oggi che egli usa, e non una brutta imitazione dei trecentisti – la passione e persino la sublimità delle parti lo ha reso ai miei occhi un libro assolutamente delizioso – posso immaginare che non piaccia a qualcuno che non sia stato in Italia, ma noi non possiamo non apprezzarlo».
Il consiglio di lettura proviene da Mary Shelley, rivolta all’amica Jane Williams in una lettera del 20 giugno 1828. La scrittrice non si imbatte nei difetti e nelle lacune delle traduzioni inglesi: legge il romanzo direttamente nell’originale.
L’apprezzamento della Shelley è tale da progettare una traduzione inglese, anteriore a quella di Swan: ma l’editore Murray lascia naufragare l’idea. La Shelley esprime il proprio rammarico nella lettera all’editore dell’agosto 1828: «I am sorry to hear from Mr. Marshall that you decided against the Promessi Sposi». («Sono costernata di sentire da Mr. marshall che vi siete pronunciati contro I Promessi Sposi»).
In un articolo comparso nel 1838 sul periodico «The Monthly Chronicle», Mary Shelley definisce I Promessi Sposi il miglior romanzo italiano. Ne loda il realismo e la profondità morale e psicologica. Tutte le traduzioni sono dichiarate invece non all’altezza dell’originale: «it is so entirely Italian in all its parts, that it can only be truly relished in its native guise […]; they show not only the deepest knowledge of the human heart, but a vivid graphic talent, surpassing that of any modern tale-writer» («è così interamente italiano in ogni sua parte che può essere realmente assaporato soltanto nella sua veste originaria […]; ogni parte dimostra non solo una profondissima conoscenza del cuore umano, ma anche un vivido talento grafico, superiore a quello di qualsiasi romanziere moderno»).
Molto più aspro è invece il giudizio sull’ideologia dell’autore, che pur rappresentando gli effetti del malgoverno e dell’ignoranza spinge alla pietà e alla rassegnazione. Nonostante sia «a man of first-rate genius» («un uomo di prim’ordine»), Manzoni non fa nulla per combattere «the real evils of his country, superstition and despotism» («i mali reali del suo paese, superstizione e dispotismo»). Ha cessato la sua attività di scrittore e «has become a bigot and a slave. His life is spent in churches». («è diventato un bigotto e uno schiavo. La sua vita è spesa nelle chiese».
In una seconda recensione del 1844 il giudizio sull’autore si ammorbidisce: «His soul is filled with the love of the beautiful, the elevated, the pure» («La sua anima è colmata dall’amore per il bello, il nobile, il puro». La complessità di Manzoni sembra disorientare anche Mary Shelley.
Ritratto di Mary Shelley di Richard Rothwell (1840)
Un confronto con la traduzione
I promessi sposi (1827)
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, viene quasi a un tratto a ristringersi e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia riviera di rincontro […]
Incipit del romanzo dalla traduzione inglese anonima del 1844, edita da James Burns:
That branch of the lake of Como, which extends towards the south, is enclosed by two unbroken chains of mountains, which as they advance and recede, diversify its shores with numerous bays and inlets. Suddenly the lake contracts itself, and takes the course and form of a river, between a promontory on the right, and a wide open shore on the opposite side.