Una corsa...
I Promessi sposi mettono piede in Germania con una storia che ha del sorprendente.
È l’inizio del 1828 quando «L’Eco», giornale milanese, annuncia che «In Germania si pubblicano contemporaneamente due traduzioni del romanzo storico di Manzoni, I promessi sposi, delle quali l’una a Berlino, l’altra a Lipsia». Che cos’era successo? Come mai, poco dopo la stampa della Ventisettana, due diversi autori tedeschi pubblicavano due diverse traduzioni del romanzo manzoniano? La risposta è semplice: nessuno sapeva dell’altro.
Eduard von Bülow, stimolato probabilmente dallo scrittore Johann Ludwig Tieck, è il primo a mettere mano al romanzo con l’intento di tradurlo: il 18 giugno 1827 scrive a Manzoni (che stava concludendo la stampa della prima edizione dei Promessi sposi) e gli offre una «pronta e sollecita traduzione» in tedesco: nel settembre dello stesso anno è pubblicato a Lipsia il primo tomo; gli altri due saranno pronti in novembre.
Intanto, però, mentre von Bülow si accinge alla pubblicazione del primo tomo, il berlinese Daniel Leßmann è sollecitato a tradurre il romanzo nientemeno che da Johann Wolfgang von Goethe. Quest’ultimo, che avrebbe voluto occuparsi dell’opera personalmente, ha infatti deciso (complici i numerosi impegni personali) di affidare il lavoro a un traduttore di cui si possa fidare. È settembre quando Leßmann comincia a lavorare.
Johann Wolfgang von Goethe
...contro il tempo
I due traduttori sono all’opera, ma nessuno sa dell’altro finché von Bülow, pronto a pubblicare il primo tomo, decide di dedicare quest’ultimo proprio a Goethe; e sempre a Goethe fa recapitare una copia della propria traduzione il 24 settembre. A quel punto, Leßmann capisce che deve sbrigarsi e si getta a capofitto nel lavoro. Nel mentre anche von Bülow viene a sapere di avere un concorrente e, deluso, teme di aver stampato una traduzione indegna di competere con quella del più noto Leßmann. Il 12 dicembre la casa editrice di quest’ultimo annuncia la pubblicazione dei Promessi sposi in tedesco; il giorno dopo fa lo stesso il tipografo di von Bülow.
La gara è terminata ma nessuno degli interessati è davvero soddisfatto. A commentare con lucidità la situazione sarà più tardi Goethe, che, in una lettera all’editore Frommann dell’aprile 1828, dichiarerà: «La disgrazia più grande è la fretta con cui viene condotta un’impresa di tale rilevanza».
Johann Ludwig Tieck
Eduard von Bülow
Karl Eduard von Bülow nasce presso Eilenburg in Sassonia nel 1803. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Dresda, dove è avviato da subito alla carriera diplomatica: la sua formazione, di stampo aristocratico, gli permette di imparare diverse lingue straniere.
Nel 1826, nonostante abbia già trovato impiego in un’attività commerciale, Eduard decide di cominciare a frequentare i corsi di filologia classica e di scienze storiche presso l’università di Lipsia. È a questo periodo che va associato, probabilmente, l’incontro con lo scrittore berlinese Johann Ludwig Tieck (1773 - 1853): un vero e proprio maestro per il giovane Eduard, che accoglierà i consigli del nuovo amico con entusiasmo. Sarà Tieck, del resto, a promuovere il primo vero lavoro di Eduard: la traduzione tedesca dei Promessi Sposi.
Gli interessi del von Bülow maturo spaziano dalle traduzioni agli interventi filologici, dal teatro alla novellistica (è noto in Germania il suo Novellenbuch, un’antologia della novella europea fra i secoli XIV e XVI; ma von Bülow fu anche autore di racconti propri). Di ideali liberali, convinto luterano, aderisce ai principi repubblicani e dopo il fallimento della rivoluzione tedesca del 1848 rinuncia al proprio titolo nobiliare. Muore in Canton Turgovia (Svizzera) nel 1853.
Karl Eduard von Bülow
Daniel Leßmann
Daniel Leßmann nasce a Soldin, nel Brandeburgo orientale (attuale Myślibórz, Polonia) nel 1794 da famiglia ebraica. Iscrittosi ai corsi di medicina dell’università di Berlino, interrompe gli studi per partecipare alla guerra del 1813 contro la Francia. Congedato, decide di trasferirsi a Vienna e, successivamente, a Verona, dove può praticare l’italiano.
Dal 1824 risiede a Berlino; nella città tedesca conosce Heine e collabora a diversi giornali locali con pezzi letterari originali. Pubblica traduzioni e opere proprie ma, complice la freddezza del pubblico tedesco, non ne è soddisfatto; si converte al cristianesimo forse anche con l’intento di migliorare la propria immagine pubblica e di letterato. Il tempo lo spinge però in una crisi depressiva sempre più profonda: è il 1831 quando il poco più che trentenne Leßmann, deciso a suicidarsi, si impicca.
Delle sue opere ricordiamo: Die Verlobten (1827; traduzione tedesca dei Promessi Sposi) Louise von Halling (1827; romanzo); Cisalpinische Blätter oder Leben, Bildung und Sitte im nördlichen Italien (1828; ‘Fogli cisalpini o Vita, educazione e usanze nell’Italia settentrionale’); Das Wanderbuch eines Schwermütigen (1831-32; ‘Il libro di viaggio di un lunatico’).
Daniel Leßmann, Poesie, Haude und Spenerschen Buchhandlung, Berlino, 1830; frontespizio dell'opera
L'accoglienza e la critica I
I Promessi sposi destarono subito l’interesse del pubblico tedesco. A dire il vero, nei territori che di lì a poco avrebbero costituito l’Impero germanico il romanzo di Manzoni era stato atteso con una certa trepidazione: i lettori tedeschi, come si leggeva sui «Blätter für literarische Unterhaltung» del 5 febbraio 1828, erano stati sottoposti ad una «dura prova» di pazienza prima di poter leggere il libro. Appena tradotto, il romanzo fu presentato su giornali come l’«Allgemeine Literatur-Zeitung» (‘Giornale di letteratura generale’), che nel settembre del 1828, pubblicizzando le traduzioni di Leßmann e di von Bülow, dedicò ben sei colonne ad un’opera che secondo i redattori «rimediava in maniera sorprendente e brillante» alla mancanza di un romanzo italiano degno di tale nome.
La qualità del lavoro manzoniano era già emersa, del resto, negli incontri avvenuti fra Johann-Peter Eckermann e Goethe (gennaio-luglio 1827; ma i primi volumi dei Colloqui con Goethe saranno pubblicati solo nel 1836), il quale, tuttavia, non mancò di notare quelle che ai suoi occhi erano delle riprovevoli cadute di stile. Eckermann racconta infatti di come Goethe, iniziato il romanzo, ne fu immediatamente entusiasta, convinto che Manzoni superasse «tutto ciò che conosciamo in questo genere»: indagine psicologica e descrizione dei luoghi mostravano di essere perfette, e nel romanzo dell’italiano si poteva dire che ci fosse «sentimento, non già sentimentalismo». Ciò nonostante, solo pochi giorni dopo lo scrittore tedesco aveva cambiato idea: trovava che lo storico avesse «giocato al poeta un brutto tiro», costringendolo a dedicare estese porzioni dell’opera a digressioni storiche che il «traduttore dovrà sforzarsi di aggirare». Manzoni era un poeta nato, ma aveva mostrato troppo ossequio nei confronti storia: nella società coeva, secondo l’autore del Faust, essere poeti non era abbastanza.
L'edizione dell'«Allgemeine Literatur-Zeitung» (settembre 1828) in cui si recensisce il romanzo di Manzoni
L'accoglienza e la critica II
A brevissima distanza dalla traduzione del romanzo fu pubblicato un articolo del filologo Karl Witte, che, manifestando un’opinione diversa da quella di Goethe, vedeva in Manzoni un autore capace di «congiungere colla realtà le invenzioni della sua fantasia». Quanto alla descrizione della peste, tanto biasimata da Goethe, Witte credeva che proprio quella fosse uno degli apici narrativi di Manzoni: il quadro esibito dallo scrittore, infatti, «non solamente desta in noi l’interesse storico universale, ma genera in noi un sentimento più profondo e individuale».
L'incipit dell'articolo di Witte sui Promessi sposi (da «La Farfalla. Giornale di Scienze Lettere ed Arti», Bettoni, Milano, 1829)
L'accoglienza e la critica III
Il pubblico tedesco non avrebbe abbandonato il romanzo, e l’entusiasmo per la traduzione dei Promessi sposi non fu circoscritta alla fine degli anni Venti dell’Ottocento. Lo testimoniano le traduzioni pubblicate nel corso dei decenni successivi (Fink 1851-4, Milden 1859, Schröder 1867 ecc.), fra le quali è bene ricordare quella che von Bülow, deluso dal proprio lavoro giovanile, rifece da capo e pubblicò nel 1837; si pensi, d’altronde, che nel 1889 il quindicenne von Hofmannsthal aveva già cominciato la lettura di una propria copia dei Promessi sposi, a testimonianza del fatto che per un giovane tedesco interessato alla letteratura Manzoni era ormai un passaggio obbligato. Sarà proprio von Hofmannsthal a definire Manzoni, più tardi, «un italiano, e in modo meraviglioso, ma […] innanzitutto un milanese».
Hugo von Hofmannsthal
Un confronto con la traduzione
I promessi sposi (1827)
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, viene quasi a un tratto a ristringersi e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia riviera di rincontro […]
Incipit del romanzo dalla traduzione di von Bülow del 1828:
«Der Theil des Comersees, welcher sich mittagwärts zwischen einer ununterbrochenen Hügelreihe hindurch windet und eine Menge kleiner Bufen und Golfe bildet, zieht sich plötzlich mit den Bergen zusammen und erscheint als Strom, dem zur Rechten ein Vorgebirge; zur Linken ein Fluß».