L' attesa per un romanzo rivoluzionario
Il circolo intellettuale francese, erede degli idéologues, (già diretto verso un’impostazione più “romantica”), con il quale Manzoni entrò in contatto dal 1805, anno in cui raggiunse a Parigi la madre Giulia Beccaria, ebbe una grande importanza per la riflessione letteraria manzoniana e per la diffusione delle sue idee e delle sue opere. Claude Fauriel, Augustine Thierry, Victor Cousin, ed altri ancora, si interessarono affinché Manzoni scrivesse e pubblicasse in Francia, al più presto, la sua opera, quasi per presentare un modello di romanzo antagonista e innovativo a quello, oramai totalizzante, scottiano: nel novembre del 1824, Thierry scrive a Fauriel: «je m’imagine que notre ami pourrait bien fonder en France une nouvelle école de romanciers et donner du courage à ceux qui n’osent point encore traiter ce genre de peur de copier Walter Scott»; e ancora, nel ’27, per sottolineare l’importanza che il romanzo acquista agli occhi di questi intellettuali: «Si Manzoni était né en France, il ferait peut-être la révolution que personne de nous n’ose entreprendre; il la fera en Italie, je n’en doute pas». Del lavoro di traduzione venne incaricato Trognon, che già aveva lavorato, per volere di Fauriel, sulle tragedie; ma a Manzoni e ai suoi amici e corrispondenti toccò un’amara sorpresa.
Foto dello storico Augustine Thierry, 1855.
Il fallimento Trognon e lo scandalo Baudry
Con varie lettere Manzoni e i suoi collaboratori si vollero assicurare con Trognon, il traduttore scelto da Fauriel per il lavoro, che l’opera venisse compiuta velocemente (ad esempio, Manzoni a Fauriel, nel 1827: «voici, pour finir, le dernières feuilles du dernier volume; vous aurez la bonté de les transmettre à M. Trognon, s’il n’a pas jeté la plume après l’écritoire»), ma l’edizione, che sarebbe dovuta uscire in contemporanea con l’Italia, fallì. Si cercò subito un nuovo traduttore: inaspettatamente però, a Parigi, poco tempo dopo l’uscita in Italia dei Promessi Sposi, il romanzo venne pubblicato in italiano dall’editore Baudry, senza l’autorizzazione dell’autore (lo stesso fece, nel ’26, con le tragedie). Lo sconcerto e lo scandalo fu grande: Trognon venne accusato di aver venduto la sua copia per la traduzione, accusa da cui lui si difese con grande vigore. L’edizione, comunque, ebbe una grandissima fortuna, ma per la prima traduzione francese si dovette aspettare il 1828.
Particolare della pagina della Bibliographie de la France del 1827 dove viene registrata l’edizione dei Promessi Sposi di Baudry.
1828: la traduzione di Rey-Dusseuil
Il giovane letterato Rey-Dusseuil venne incaricato di portare a termine la traduzione, che finalmente uscì nel 1828: il titolo è Les Fiancés, histoire milanaise du XVII siècle, découverte et refaite par Alexandre Manzoni; l’opera è stampata presso l’editore Gosselin di Parigi, ed è divisa in cinque volumi; particolare il fatto che la traduzione sia basata sull’edizione pirata di Baudry. Per introdurre il romanzo, Rey-Dusseuil compose un Essai sur le roman historique, et sur la littérature italienne, a propos de l’ouvrage de M. Manzoni, dove tenne subito a precisare che l’autore dei Promessi Sposi non è assolutamente un discepolo di Scott, anzi i due sono molto diversi: «Walter Scott eccelle nel dipingere passioni, Manzoni più moralista che pittore». Il saggio previde anche un’analisi linguistica del romanzo, nella quale il traduttore evidenziò ciò che Manzoni avrebbe definito il suo «composto indigesto»: «Ce grande poète est d’une érudition peu commune; personne ne possède mieux que lui l’histoire littéraire de son pays, il connaît toutes les ressources, toutes les finesses de sa langue […] il prend des idiotismes dans tous les dialectes; il fait quelquefois una page de pur toscan, quelquefois dix pages entières de lombard; mais quoique le fond de son style soit milanais, il n’a pas de style à lui […] Le plus grand vice du style de M. Manzoni, c’est de manquer du fondu». La traduzione francese di Rey-Dusseuil non appare però priva di pecche: a causa della scarsa conoscenza della lingua italiana sono presenti vari errori; spesso saltano frasi, o la costruzione sintattica viene rispettata alla virgola. Ancora più grave, saltano pagine intere di capitoli, per eliminare parti storiche e dare al lettore un libro di più facile lettura (e infatti, scrisse nell’Essai: «les trois premiers volume des Fiancés son entièrement conformes à l’originale; dans le deux derniers, nous avons crup devoir faire disparaître quelques longueurs»).
Frontespizio dell’edizione francese a cura di Rey-Dusseuil, 1828.
1828: la «sorpassata» traduzione di Gosselin
Pochi giorni dopo l’uscita del lavoro di Ruy-Dessueil vide la luce un’altra traduzione dei Promessi Sposi: Les Fiancés, histoire milanaise, par Alexandre Manzoni, traduite de l’italien par M. G [osselin]. In realtà Pierre Joseph Gosselin, il traduttore, cominciò il lavoro molto prima di Rey-Dusseuil, ma pubblicò dopo: l’editore Dauthereau, sapendo di rischiare di perdere il primato temporale, insistette molto affinché l’opera venisse portata a termine presto, e Gosselin dovette essere più sbrigativo nel suo lavoro. Il risultato derivante dalle due divergenti mentalità, quella dell’editore sbrigativo e quella del traduttore coscienzioso, condusse ad un’edizione che presenta vari errori e che, infine, non vinse nemmeno la palma del primato temporale. Lo stesso Gosselin, in una lettera del 1828 a Manzoni, ammette che: «c’est une copie ainsi décolorée d’un ouvrage qui brille de si vives couleurs, que je vous prie, Monsieur, de vouloir agréer». Bisogna dire, però, che un pregio di Gosselin è quello di non saltare nessuna parte del romanzo, a differenza di Ruy-Dusseuil; ma, come lui, la scarsa conoscenza dell’italiano e la fretta lo portarono a commettere errori grossolani, come ad esempio: «Oh! quant à celà, j’y avais déjà pensé: croyez-vous donc que je ne sache pas ce que c’est la reconnaissance, et que je manque de respect envers lui?», che traduce: «Oh! per questo, ci avevo già pensato: che crede non sappia ne anche un po’ di creanza?», testimoniando la sua ignoranza del significato di “creanza”. Nonostante tutto, la traduzione ebbe un successo enorme e vasta eco anche sui giornali, tanto da ottenere la possibilità di lavorare su una seconda edizione, per la quale chiese addirittura a Manzoni di evidenziare gli errori della prima: edizione che uscirà nel 1838, quando oramai si avvicinava il tempo della 40ana.
Frontespizio dell’edizione francese a cura di Gosselin, 1828.
1832: la traduzione del Marquis du Montgrand
Nel 1830 esce una nuova edizione Rey-Dusseuil, non molto migliore della prima: testimonia però la fortuna incredibile dell’opera. Bisognerà aspettare il 1832 per poter avere una traduzione fedele all’originale e, allo stesso tempo, ben fatta. In una lettera del 31 gennaio del ’28, Manzoni scrive al Marquis de Montgrand: «Monsieur, la lettre par laquelle vous avez voulu m'annoncer le plus bienveillant des traducteurs, en fait en même temps préjuger avec certitude le plus habile». Infatti, Jean-Baptiste marquis de Montagrand, nobile francese la cui famiglia, all’epoca dell’impero napoleonico, emigrò in Italia, curò una traduzione che, come anche Manzoni intuì, fu nettamente superiore a tutte le precedenti, ed ebbe così tanto successo che una seconda edizione venne subito allestita l’anno successivo. Colpisce la stima e l’amicizia che legava autore e traduttore, testimoniate dagli intensi scambi epistolari, quasi come se lavorassero insieme; ad evidenziare ancor più questo legame è il fatto che l’edizione si apre con una «Lettre du Manzoni au traducteur», a cui segue la risposta del Marchese. Nello stesso anno, la Gazette de France le dedicò un articolo, ripreso poi da l’Eco di Milano, che lo accompagnò con queste parole: «è un giudizio da fare insuperbire l’Italia la quale ha dato i natali al Manzoni, e da convincerla che anche in paese straniero e rivale si rende giustizia ai geni della sua nazione e ai loro capolavori».
Particolare dell’edizione del M. de Montgrand, 1832.
«Le dernier poète de la patrie de Virgile»: i Promessi Sposi e gli autori francesi.
La grande opera manzoniana colpì tutti i più grandi autori e pensatori francesi dell’epoca. Lamartine, scrittore con cui Manzoni ebbe una reciproca amicizia, non esitò a scrivergli: «je n’ai jamais lu de pages qui m’aient autant frappé quel celles où vous vous livrez au sentiment religieux […] sortez du roman historique, faites-nous de l’histoire dans un genre neuf. Vous le pouvez: vous l’avez fait». Entusiastico anche il parere di Auguste Comte: «Manzoni est certainement, après Water Scott, le plus grand poète de l’époque. Nous n’avons en France rien d’approximativement équivalent». Chateaubriand, nelle sue Mémoires d’outre-tombe, dichiara di aver avuto il piacere di conoscere Pellico e Manzoni, «rayons d’adieu de la glorie italienne, et d’appeler ce dernier: Le dernier poète de la patrie de Virgile». L’unico autore che forse non rimase colpito dal romanzo di Manzoni fu Balzac; i due si incontrarono nel 1837 a Milano, e lo scandaloso francese fu accolto nel salotto del silenzioso italiano: i due non riuscirono ad apprezzare l’uno l’opera dell’altro per evidenti ragioni ideologiche e culturali. Cesare Cantù annotò, in un taccuino, quell’incontro del ’37, e ce lo racconta così: «Ho visto stasera 1o marzo 1836 M. de Balzac da Manzoni. Brutta figura: parla come un mulino a vento».
Honoré de Balzac.
Un confronto con la traduzione
I promessi sposi (1827)
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, viene quasi a un tratto a ristringersi e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia riviera di rincontro […]
Incipit del romanzo dalla traduzione del Marquis du Montgrand del 1832:
Ce bras du lac de Como qui se dirige vers le midi entre deux chaînes non interrompu es de montagnes, en formant autant de petits golfes et de petites baies que ces montagnes forment elles-mêmes de sinuosités, se resserre comme tout à coup et prend le cours et l’apparence d’un fleuve, entre un promontoire à droite et une large côte à l’autre bord […]
Primo capitolo della traduzione del Marquis du Montgrand, 1832.