PESCOLANCIANO

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Pescolanciano

CASTELLO D'ALESSANDRO

I d’Alessandro (leone rampante con la banda nera caricata di tre stelle) furono gli abitanti e i possessori più importanti del castello, ma tra le sue mura si alternarono nel dominio di un vasto territorio altri illustri personaggi. Il nome Pesclum Lanzanum compare nel Catalogus Baronum tra i feudi appartenenti, nella prima metà del XII secolo, al barone normanno Berardo de Calvello (cioè di Carovilli); il nome del paese deriva da Pesclum (grosso macigno) e Lanzanum (forse aggettivo del nome Lanz, il feudatario normanno che lo ebbe in possesso). Il feudo passò ai d’Evoli che lo tennero fino all’arrivo degli Angioini, quando appartenne alla famiglia Carafa della Spina il cui stemma quattrocentesco si ritrova anche sul portale secondario (ma che una volta era il principale essendo posto sulla vera facciata) della chiesa di San Nicola. Degli Spinelli, che successero ai Carafa per pochi anni, nessuna traccia a Pescolanciano. Così pure di Andrea d’Evoli che vendette il Feudo a Rita de Baldassarre nel 1576, vedova di Giovanni Gerolamo d’Alessandro. Così con il figlio Fabio, che prese il titolo di duca nel 1594, Pescolanciano passò in mano ai d’Alessandro che ne furono feudatari fino all’eversione della feudalità continuando, comunque, a tenere la proprietà immobiliare fino ai nostri giorni. Qui visse il duca Giuseppe d’Alessandro, famoso per un suo volume dedicato all’arte del cavalcare, pubblicato nel 1723.

Per un breve periodo, all’interno del castello fu impiantata una fabbrica di porcellane che, nel XVIII secolo, prima che un misterioso incendio la distruggesse, resero Pescolanciano in qualche modo importante. Nella cappella palatina completata nel 1628, oggi molto rovinata, ma ancora decorata con marmi barocchi, si venera il corpo di S. Alessandro di Bergamo, traslato lì da Roma per interessamento del duca Fabio Jr., e patrono della famiglia.

Questo castello appartiene, oggi, per oltre il sessanta per cento, alla Provincia di Isernia che l’ha acquistato negli ultimi anni del secolo scorso; per il resto, è parcellizzato fra i diversi eredi dei d’Alessandro.

Il presidio fortificato, poggiato su un grande masso al limite del centro antico, è nato per la difesa di un territorio e presentava tutte le caratteristiche necessarie per assicurarne la difesa: posizione elevata con ampio raggio di visuale sulla valle del Trigno e sul tratturo Castel di Sangro-Lucera, rocce a strapiombo e inaccessibili da più lati. Non esiste un’analisi critica dell’impianto, che non dovrebbe essere anteriore al X secolo, in relazione alla sua funzione nell’ambito dell’incastellamento longobardo. Il castello è stato più volte trasformato nel tempo, ma l’assenza di torri circolari fa ritenere che in epoca angioina, sebbene esistente, non abbia ricevuto modifiche particolarmente significative.

Probabilmente sotto la signoria dei Carafa, detentori del feudo quasi ininterrottamente dal 1274 al 1550, il castello subì gli interventi architettonici che ancora oggi lo caratterizzano come la sopraelevazione dell’impianto originario. Furono costruiti, infatti, nel piano più basso, i locali seminterrati per le cantine e i magazzini, il primo e il secondo piano riservati al signore, il terzo, destinato alla servitù. Lungo questo piano fu creato il camminamento di ronda in aggetto sui beccatelli che sorreggevano le mensole per la caditoie, la cui archeggiatura si legge ancora bene sulle cortine di sud-ovest.

Gli ultimi interventi sul castello sono da ascrivere ai d’Alessandro che ne furono baroni dal 1594: fu aperto un nuovo ingresso al castello al quale si accedeva da un ponte levatoio che fu terminato nel 1691; una bertesca forniva un’ulteriore protezione al portone d’ingresso. L’accesso al cortile esterno, in cui erano le pertinenze del castello (le scuderie, i magazzini, la legnaia), fu munito di una guardiola; alcuni anni dopo furono aggiunti i locali per l’archivio, l’ufficio per l’erario e la rimessa delle carrozze.

Durante la ristrutturazione, il lato meridionale del fortilizio fu abbellito da un loggiato di quindici fornici ad arco ribassato, costruito sull’antico camminamento di ronda. L’ultimo intervento abbastanza consistente avvenuto sul castello si ebbe dopo il terremoto del 1805, quando crollarono le pareti relative al portale d’ingresso. Il loro restauro fu completato nel 1849 sotto il duca Giovanni Maria d’Alessandro.

Il manufatto si presenta oggi con una struttura quadrangolare aggregata a un mastio con scarpa che costituisce il nucleo originario dell’impianto.  

 

Da Perrella O., Cavaliere G., 2006. Molise Castelli. Palladino Editore. Campobasso.

Perrella O., Di Rocco G., Greco G., Valente F. (a cura di), 2011. Atlante castellano del Molise. Castelli, Torri, Borghi fortificati e Palazzi Ducali. Palladino Editore. Campobasso.