GAMBATESA
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A causa dei pochissimi riferimenti storici che si hanno a disposizione, le origini di Gambatesa rimangono ancore incerte, tuttavia, considerando l’importanza strategica del territorio in cui sorge il paese, essenziale per il controllo delle comunicazioni dalle zone interne verso il mare, gli storici ipotizzano che i longobardi, intorno al X secolo, vi abbiano eretto una fortificazione. Notizie più documentate sono presenti, invece, nel XII secolo in epoca normanna, perché il feudo è nominato tre volte nel Catalogus Baronum. Dai dati riportati nel Catalogus si desume che si trattava di un feudo di modeste dimensioni appartenuto in tempi diversi ad Alferio di Gambatesa, Ruggero di Pietravalle e Ruggero di Piedimonte. Probabilmente il nucleo più antico del castello era altrettanto modesto.
Il castello, situato su un costone tufaceo, a guardia della valle e del tratturo Castel di Sangro-Lucera, è a pianta quadrangolare irregolare, con cortile centrale e due torri angolari ben evidenti nella parte posteriore. Il castello, in effetti, è il risultato di una serie di corpi aggiunti nel tempo, ma soprattutto, delle trasformazioni radicali avvenute dopo il terremoto del 1456 e ancor più durante la prima metà del 500, proprio quando il feudo apparteneva ai di Capua.
In questo periodo la fortezza fu ampliata sul lato prospiciente la Chiesa Madre con l’aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica innestato sulla vecchia struttura e allineato, a sinistra, all’antica torre quadrangolare. Negli stessi anni furono apportate trasformazioni anche agli ambienti interni che, nel 1550, furono decorati dagli affreschi di Donato Decumbertino.
Le due torri quadrangolari che emergono in direzione nord-est, la presenza sulla torre di sud-ovest dei beccatelli che anticamente sorreggevano le mensole per le caditoie, la scarpa accentuata sul lato orientale, conservano l’immagine della fortezza nata per esigenze difensive. Il portale d’ingresso, le finestre e i balconcini aperti sulle mura a scarpa, la loggia a tre archi collocata sulla facciata nord-ovest sono la testimonianza di una ristrutturazione che ne ha cambiato completamente l’aspetto e la destinazione d’uso.
L’edificio si sviluppa su quattro livelli. Il primo presenta ambienti coperti da volte a botte; questi locali contenevano le stalle, i magazzini e, forse, le carceri. Una gradinata in pietra porta al piano nobile, al quale peraltro si può accedere anche dall’esterno mediante una scala a tre rampe che conduce all’ingresso principale munito di un bel portale. Subito dopo l’ingresso, superato un piccolo vestibolo, si entra nell’atrio in cui si aprono le porte del salone e degli altri ambienti di rappresentanza. L’atrio è molto gradevole e funzionale; la sua copertura a crociera finisce in quattro arconi che nascono da un unico pilastro in pietra a sezione quadrangolare. Uno degli arconi è aperto sul tetto ed oggi, ricoperto in vetro, dà luce alla bella scala in pietra che consente l’accesso al piano superiore. Un pozzo, collocato di fronte alla porta d’ingresso, raccoglieva le acque piovane che dal tetto, attraverso una canaletta, confluivano nella cisterna sottostante.
Il piano nobile fu interamente affrescato dal pittore manierista Donato Da Copertino o Decumbertino, probabile allievo del Vasari, quando questi lavorò a Napoli e a Roma fra il 1546 e il 1550. Gli affreschi, come risulta da un’iscrizione lasciata dall’autore, furono eseguiti nel 1550 su commissione di Vincenzo I di Capua d’Altavilla. Le decorazioni rappresentano paesaggi, scene mitologiche e allegoriche, tra le quali si evidenziano le quattro figure della Carità, Fortezza, Prudenza e Giustizia. Esse conferiscono alle sale un aspetto maestoso e di ampio respiro grazie agli illusionismi prospettici.
Di grande rilievo un affresco presente nella Sala detta delle Maschere dove è visibile la basilica di San Pietro in costruzione, con i palazzi adiacenti e l’obelisco vaticano non ancore sistemato al centro della piazza.
Il terzo piano, anch’esso destinato a residenza nobiliare, è contraddistinto da un salone munito di camino, come quasi tutte le camere del castello.
Nel 1484, con la conquista aragonese del regno di Napoli, il fortilizio passò ad Andrea di Capua, duca di Termoli. Con la famiglia di Capua, tra il XV e il XVI secolo, Gambatesa conobbe un periodo di pace e benessere e il suo castello subì importanti trasformazioni, passando da fortezza a residenza signorile.
Nel 1583 Ferrante di Capua vendette il feudo a Francesco Lombardi, ricco proprietario di Troia. Dopo alcuni passaggi, alla fine del XVII secolo, Gambatesa passò alla famiglia Ceva-Grimaldi che ne rimase proprietaria fino all’eversione della feudalità. Gli ultimi a possedere il castello furono i D’Alessandro che nel 1904 lo acquistarono dal conte Arturo de la Feld.
Nel 1961 il vecchio maniero, ormai non più abitato dai proprietari, fu affittato al Comune che vi sistemò la scuola media; infine, negli anni ’70, fu venduto al Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Oggi, dopo i restauri della Soprintendenza dei Beni Architettonici del Molise, il castello ha ripreso il suo aspetto di dimora signorile.
Da Perrella O., Cavaliere G., 2006. Molise Castelli. Palladino Editore. Campobasso.
Perrella O., Di Rocco G., Greco G., Valente F. (a cura di), 2011. Atlante castellano del Molise. Castelli, Torri, Borghi fortificati e Palazzi Ducali. Palladino Editore. Campobasso.