il verismo come eredità ottocentesca

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La maggioranza delle opere scultoree presenti nei monumenti a ricordo dei caduti della Grande Guerra trovano la loro eredità culturale nell’ambito del verismo del tardo Ottocento, proposto in una versione aggiornata in funzione patriottica e celebrativa. Gli autori dei monumenti ai caduti, una generazione formatasi specie a cavallo fra Otto e Novecento, si ricollegavano alla produzione plastica di secondo Ottocento, rifacendosi alle sculture realizzate nella  capitale, come ad esempio il monumento dedicato ai fratelli Cairoli del 1872 o quello che ricordava Giordano Bruno del 1887 o di Garibaldi del 1895; i loro autori, come il romano Ercole Rosa (1846-1893) ed il fiorentino Emilio Gallori (1846-1924), portavano avanti un pittoricismo verista mentre Ettore Ferrari (1848-1929), allievo del più classico Monteverde, confermava tale corrente.

La cultura figurativa verista trovava facile espressione nella raffigurazione del soldato nelle sue varie iconografie, manifestando sentimenti di immediato impatto sul pubblico cui i monumenti erano rivolti. Se da un lato è espressa la celebrazione della Vittoria, dall’altro si fa riferimento al concetto di sacrificio di un’intera generazione di giovani soldati; occasione quest'ultima per riaffermare quel linguaggio tardoverista che al contempo diventava tradizione al riparo di quelle novità non conformi allo scopo. La figura del fante-contadino, riscontrabile nei monumenti ai caduti, è invece riferita alla prima fase post bellica dove appunto è presente l'uomo operoso che torna al lavoro dei campi dopo la terribile esperienza della guerra, nel tentativo di un ritorno alla normalità, guardando al futuro con fiducia e speranza come espresso nella lapide di Ponte Valleceppi (Pg).

La vena verista è perciò diffusa sulle parti scultoree di tanti monumenti; di questi si presentano solo i più significativi come quelli di Bevagna (opera dello scultore Vincenzo Jerace), Castel Rigone, Castiglione della Valle, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Gualdo Cattaneo, Montone, Nocera Umbra, Norcia, Mugnano, Spoleto, Umbertide, Ospedalicchio nel territorio perugino. Castel Viscardo, Ficulle, Montecchio e Montegabbione in quello ternano. Tra tutti gli esempi sopra citati merita un approfondimento, per la notevole rappresentazione e qualità esecutiva, il monumento di Gualdo Tadino realizzato da Enrico Quattrini (1864-1950). Qui la composizione bronzea ampia e solenne trova nell'equilibrio generale la descrizione emozionale del momento in cui il soldato con bandiera sorregge il ferito. Lo scultore non adotta la formula popolare e diffusa del fante che si carica sulle spalle il compagno morente, ma preferisce dare espressività alla più nobile presenza del soldato paludato che sorregge il fante, dando voce più ad un gesto simbolico ed estetico che fisico e coinvolgente. Il gruppo bronzeo, non a caso, è organizzato in uno spazio triangolare dove il vertice superiore coincide con la stessa bandiera; inoltre è giocato sul contrasto fra la fierezza del primo che guarda al futuro vittorioso e il dolore che contorce il corpo del secondo.