stili e confronti fra i monumenti a ricordo della Grande Guerra
print this pagePassata nel novembre del 1918 l'euforia per la vittoria conquistata, fra gli stessi reduci di guerra si sentì l'esigenza di costituirsi in associazione al fine di poter organizzare e gestire da vicino il desiderio di commemorare quanti s'immolarono nel conflitto mondiale che portò alla scomparsa di un'intera generazione di giovani, i cui corpi spesso riposano nei sacrari e cimiteri militari costruiti sulla linea del fronte. Alle comunità cittadine, più o meno piccole, non restava che creare uno spazio dove poter celebrare la rappresentazione simbolica della morte e del dolore. La guerra era stata uno scontro epocale che in qualche modo andava sintetizzato ed espresso nel marmo, nel travertino o nel bronzo di un monumento che per forza di cose sarebbe diventato il fulcro emotivo e fisico di tutta la comunità e di quanti restavano. A seguito della potente volontà di celebrazione, per gli scultori dell’epoca si era attivata nel primo dopoguerra una nuova committenza pubblica che chiedeva una monumentalistica essenzialmente commemorativa: una richiesta ed un impegno corale affrontato da scultori che in vario modo avevano vissuto gli anni della guerra.
Si assiste quindi ad un generale spirito di celebrazione che si concretizza in un'idea scultorea soggetta spesso a modificarsi e prendere forma nel tempo. Lo studio delle tipologie dei monumenti umbri ai caduti della Grande Guerra necessariamente si ricollega dall'esame degli esemplari disseminati nel resto d'Italia in cui si assiste alla elaborazione di un linguaggio che si può definire nazionale, in quanto condiviso dagli autori che li eressero: una generazione formatasi specie a cavallo fra Otto e Novecento, che non solo si ricollegava alla produzione plastica di secondo Ottocento ma, in vario modo, anche alle scelte culturali messe in opera negli anni successivi dall'imponente cantiere architettonico e scultoreo del Vittoriano di Roma, che celebrava il primo Re d’Italia. Si assiste così alla compresenza di vari stili (Classicismo, Neogotico, Verismo, Liberty, Eclettismo e arte del Ventennio), che si combinano e si adeguano anche in base alle richieste della committenza civica, spesso orientata al recupero di un linguaggio tradizionale. Se la guerra fu il primo vero banco di prova per l'unità nazionale è anche vero che tipologie ed iconografie dei monumenti ai caduti che ne seguirono mostrano una cultura condivisa realizzata sulla variante di schemi codificati. Con questo spirito sono riproposte in versioni diverse la figura del fante, dell'eroe antico e altre iconografie: analogie evidenti si riscontrano per esempio tra la lapide nel chiostro della chiesa di San Pietro (Pg) e quella del comune di Scanno (Aq) entrambe del perugino Torquato Tamagnini (1886-1965).
Lo scultore era a capo della casa d'arte "Corinthia" dalla quale uscivano prototipi che venivano poi replicati, con lievi varianti, nei monumenti disseminati nelle varie regioni d'Italia. Uno dei soggetti maggiormente diffusi è rappresentato dalla figura della Vittoria che guida la quadriga e che si ritrova nei monumenti ai caduti di Forlì del Sannio (Is), di Deruta e di Città della Pieve (Pg). Tamagnini è anche autore dei monumenti di Pozzuolo Umbro (Castiglione del Lago, Pg) e di Venafro (Is), nei quali il nucleo centrale è il gruppo bronzeo del fante che protegge la madre con in braccio il suo bambino. L'iconografia della maternità, ma con una differente impostazione, è riproposta nelle opere di Palmi (Rc), dello scultore Michele Guerrisi, di Fano (Pu) del viterbese Francesco Nagni, di Spoleto e di Norcia (Pg), entrambe opere di Domenico Umberto Diano. Nel monumento fanese anche la figura dell'eroe antico trova il suo corrispettivo umbro nel rilievo della sommità del ricordo marmoreo di Terni, dello scultore Giuseppe Guastalla.