A partire dalla seconda metà dell’Ottocento la letteratura popolare diviene oggetto degli studi critici attraverso l'utilizzo di una sistematica ricerca, bibliografica e metodologica. La poesia, il teatro, la novellistica, le leggende, la tradizione orale tramandata nel corso dei secoli diventano un patrimonio inestimabile per la conoscenza e la conservazione della memoria storica delle comunità. Tra i maestri di questa disciplina - coevi ad Imbriani - figurano Alessandro D'Ancona e Giuseppe Pitrè. A D'Ancona va il grande merito di aver dato impulso allo studio delle stampe popolari nazionali, mentre a Pitrè di aver modellato una raccolta di canti, fiabe, leggende, proverbi, motti, indovinelli e giochi infantili. Furono definiti pionieri della demopsicologia, disciplina di cui Vittorio Imbriani è stato un riconosciuto ed autorevole sostenitore.
Il contributo di Imbriani all'approfondimento della letteratura popolare riguarda, particolarmente, le storie, i canti epico-lirici, gli inni patriottici, le canzonette amorose, satiriche e burlesche: un'originale produzione letteraria, di diversa provenienza regionale, nella quale si rinviene una comunanza di temi che, seppur narrati con idiomi propri, consente di preservarne l'identità dialettale. La collezione raggruppa oltre seicento tra libretti, stampe e fogli volanti. A lui va riconosciuto il grande merito di aver restituito dignità a questo tipo di letteratura “minore” che analizza un mondo ai margini della società e che oggi è scomparso: i mille mestieri praticati a Napoli assurgono ad arte - non solo quella di arrangiarsi per sbarcare il lunario, con onestà e con dignità - ma anche ad autentica cultura identitaria. Così la canzone de lo recottaro, lu maruzzaro, lo cocchiere d'affitto, lu pisciavinolo di Santa Lucia, insieme al celebre “strillone”, che «recando un fascio di canzoni va per ogni parte della città con stridula voce annunziandone il titolo ed il prezzo di un grano» (6), simboleggiano il variegato mondo della tradizione popolare che ha permeato ed ha, costantemente, caratterizzato i costumi, le vicende ed i comportamenti del nostro territorio e della nostra comunità. Siffatta produzione consente anche di ricostruire la topografia delle numerose botteghe nelle quali il materiale prendeva forma. Il centro storico napoletano - da Cisterna dell'Olio a San Biagio dei Librai, fin a San Gregorio Armeno e lungo la Via dei Gerolamini - tra la fine del Settecento e per buona parte dell'Ottocento è il territorio nel quale tipografi e litografi stampano i libretti a bassissimo costo, consentendone, in tal modo, una immediata e capillare diffusione, a scapito, però, di una produzione di qualità. Infatti la stampa era mediocre e realizzata su carta scadente, spesso non rifilata ai margini, con semplici tirature intrise di refusi e fogli ripiegati in modo maldestro ed affrettato. Anche il corredo iconografico che arricchisce i frontespizi dei libretti e le stampe risulta mediocre: le xilografie e le incisioni in legno e in rame svelano riproduzioni di modesta fattura, realizzate da intagliatori di dubbia scuola artistica. Al contempo però, anche se adulterate nelle forme e nei particolari, le illustrazioni documentano tracce significative di una cultura popolare di remote origini.
I documenti custoditi dalla Biblioteca Universitaria costituiscono un originale nucleo di questa letteratura dei muriccioli ed a un soldo perché era posta in vendita - per pochi spiccioli - sui muretti, sui gradini delle chiese, nelle locande, in anfratti ed oscuri androni dei palazzi di Napoli e della provincia, nelle strade, in ogni luogo dove era possibile appendere i fogli con uno spago. Si tratta di opuscoli di pochissime pagine - contenenti novelle, vite di santi, storie di briganti, operette di argomento religioso, contrasti amorosi, tutti di area meridionale - e di quasi 600 fogli sciolti che riportano canzoni, poesie, inni patriottici, giochi e vignette. Nel 1866 Imbriani divise gli opuscoli per genere insieme all'amico Antonio Casetti con il quale compilò una Bibliografia delle storie di edizione napoletana, con il duplice obiettivo di raccogliere una bibliografia nazionale delle stampe popolari e una peculiare mappatura della produzione partenopea. In tal modo, i due studiosi racchiusero, tra le pagine di un grosso album - dal titolo manoscritto Libretti popolari. Storie e canzoni di Napoli - 67 opuscoli. L'album, che si conserva nella Biblioteca Universitaria, è corredato da indici manoscritti degli argomenti e da ritagli di giornale e comprende libretti briganteschi, storici, romanzeschi, di giuochi, biblici, cristologici-evangelici, partenografici, agiografici, leggendari, escatologici, catarmologici, pedagogici e morali, di contrasti e faceti. Il 15 giugno del 1886, sulle pagine del quarto numero della rivista Giambattista Basile. Archivio di letteratura popolare – vero e proprio manifesto della letteratura popolare – Imbriani pubblicherà un elenco aggiornato di 79 opuscoli, comprendenti anche quelli raccolti nell'album.