Stefano Lecchi, 1849, carta salata da calotipo, 166x222 mm.
Iscrizioni: (recto) ritocchi a inchiostro sulla sagoma dei Quattro Venti e la terrazza di Villa Valentini; (verso) a matita blu-violacea al centro “Calandrelli” e in alto a destra “34”, al centro timbro tondo a inchiostro blu “B.V.E.”, di lato a destra timbro numerico a inchiostro blu “961385”.
Veduta generale verso i Quattro Venti probabilmente ripresa dall’edificio limitrofo a Porta San Pancrazio. Si notano: il casino dei Quattro Venti, il relativo cancello d’ingresso e l’adiacente edificio, il Vascello, Villa Valentini e le scuderie. Costituisce l’immagine speculare della fotografia n. 33, infatti riprende la stessa zona dal punto di vista diametralmente opposto. La fotografia mette in evidenza quanto fosse ripida e priva di riparo la salita che dal cancello d’ingresso portava ai Quattro Venti.
Biblioteca di Storia moderna e contemporanea Ft.A.34
Citazione bibliografica
Il 3 giugno «alcune compagnie della legione di Manara… si lanciarono all’assalto del casino dei Quattro Venti. Cominciò un fuoco d’inferno; si sentivano grida di tripudio, di scherno, di dolore. I nostri presero il casino. Portai la lieta notizia dentro Roma… Più presto che mi fu possibile tornai a San Pancrazio. Purtroppo il casino dei Quattro Venti era stato ripreso dai Francesi… Nel frattempo i nostri avean ripreso il casino dei Quattro Venti. Poco dopo, mi recai sulla sinistra della porta, donde scorgevo le mura del casino. Di là, così, mi fu dato di accorgermi che quatti quatti i Francesi erano per riprenderselo dal fianco. Fui dei primi ad avvedermene ed a sparare addosso ai francesi assalitori… Usciti dalla porta, Annibali ed io infilammo uno dei cancelli di Villa Pamphili. Impossibile, però ci era di andar diretti per il viale tanto era battuto dalle palle che venivano dal casino… Ad un tratto sentimmo un gran scalpitio per il viale. Era lo stesso Stato Maggiore di Garibaldi che caricava facendo da cavalleria. I cavalieri eran fiancheggiati da molti fanti di diversi corpi: garibaldini, guardia civica e molti militi della legione Manara, che si distinguevano bene per il cappello piumato alla bersagliera. Noi ci unimmo a quelli che erano in testa e con costoro andammo all’assalto alla baionetta. Fiero fu l’urto. Il combattimento divenne un feroce corpo a corpo». Costa, Quel che vidi e quel che intesi, p. 64-66.