L'11 agosto 1921 il governo Bonomi varò la legge n. 1075, recante il titolo “La sepoltura in Roma, sull'Altare della Patria, della salma di un soldato ignoto caduto in Guerra”, che all'articolo 1, disponeva, a cura dello Stato, la solenne tumulazione al Vittoriano della salma di un soldato sconosciuto caduto in combattimento nella guerra 1915-1918. Ebbe inizio così il percorso che portò ad una solenne cerimonia, la quale rappresentò il simbolo della perdita d’identità e della uguaglianza dei caduti al fronte. Come ha evidenziato Maurizio Ridolfi nel suo contributo Le Feste nazionali, tale cerimonia, prototipo di una festa civile che avrebbe a lungo influenzato la forma dei rituali pubblici in Italia, rappresentò il tentativo, da parte della classe dirigente, di «ricondurre il culto patriottico dei caduti nell’alveo istituzionale ma anche di suscitare una partecipazione emotiva e un consenso di massa».
Anche nella città e nella provincia di Piacenza imponente, numericamente ed emotivamente, fu la partecipazione all'evento, documentata dai giornali, a partire dal periodico diocesano «Il Nuovo Giornale», che, nel numero del 16 ottobre, titolò Onoranze al soldato ignoto: «Il grande morto sarà tutti i nostri morti dati in Olocausto dalle Madri d’Italia alla Grande Madre»: «ricordando il trionfo delle armi che integrò la Patria nei suoi inviolabili confini terrestri, esaltando il sacrificio dei figli migliori»; mentre nell'edizione del 30 ottobre, venne pubblicato l’appello del vescovo, il quale lo definì «simbolo dell’eroe italiano e di quella schiera di sconosciuti che nel silenzio e nell’ombra offrirono alla Patria il loro più puro sangue». Il 3 novembre il quotidiano «Libertà» pubblicò un lungo articolo, firmato da Maria Visetti dal titolo Alle madri d’Italia: «ma sono falangi di madri che trepidano oggi, son falangi di cuore, di fiori e di lacrime che seguono il glorioso cammino». Il 5 novembre il quotidiano di Piacenza pubblicò il resoconto con una grande titolo di apertura della L’apoteosi della Vittoria sull’Altare della Patria. Nell’editoriale dal titolo Il significato venne rilevato: «il significato del grande rito che ha compiuto ieri la nazione è questo: che quando è l’ideale che lo chiama tutto il popolo d’Italia sa essere uno solo per sentimento e per fede. (…) L’idea di celebrare la vittoria su la salma di un soldato ignoto partì dall’Italia e se pure altri si affrettarono a realizzarla prima di noi reclamiamo a buon diritto per noi stessi anche questa e squisita e profonda concezione di eguaglianza umana che supera tutte le competizioni di classe e le affermazioni di partito».
La celebrazione si tenne nel campo di fronte a Palazzo Farnese, ove era stato costruito un altare da campo «semplice, basso, bianco di lini, con pochi ceri. Le truppe sono schierate in doppia fila per modo di formare come un grandioso viale dentro la spianata, in mezzo al quale, in fondo, di fronte al turrito masso del Farnese è l’altare. Al di là dello schieramento delle truppe tutta una folla compatta di signore, popolane, operai, operaie, professionisti, studenti».
Furono poi molti anche i Comuni della provincia che celebrarono questo avvenimento. Particolarmente attivi furono i Comuni della Val Nure, da Pontedell'Olio a San Giorgio, ove si arrivò alla distribuzione di premi in denaro alla vedove di guerra a Vigolzone ove furono prodotte e distribuite cartoline. A Fiorenzuola venne diffuso il manifesto in grande copia: «Cittadini! Si compie il terzo anno dal memorabile giorno in cui, movendo con irrefrenato impeto dalle trepidate sponde del Piave, l’eroico esercito nostro ricacciava a furia l’invasore da ogni lembo di terra italiana». Ed ancora «L’Italia fatta più grande dalla vittoria che compì la magnifica impresa della sua unità nazionale, deve proseguire nella pace l’opera suggellata in guerra con il sangue dei migliori suoi figli e nelle lotte pacifiche di partiti veramente civili avviarsi a quella unità morale che componendo gli interni dissidi le assicurerà il grande avvenire di cui è degna per tutte le vicende tristi e lite della sua storia».
Nell'edizione di «Libertà» del 4 novembre, Valente Faustini - con il suo soprannome - pubblicò una poesia in dialetto piacentino Il soldato ignoto.