La figura di Bernardo Barbiellini Amidei

Bernardo Barbiellini Amidei nasce a Roma nel 1896. Nipote di Rosa Gattorno, fondatrice delle Figlie di Sant'Anna, si distinse subito come capo carismatico del nascente movimento fascista a Piacenza, pur non essendo benvoluto dagli altri esponenti che lo definirono ben presto "socialista in camicia nera" per le sue idee in parte lontane dall’ideologia del regime.

Dalle pagine del ‘21 della “Scure” ne emerge un fascista anticonformista, capo carismatico incurante delle regole. Nell’ottobre del 1923 da le dimissioni dalle cariche del fascismo locale e non le ritira se non dopo aver ottenuto rassicurazioni e garanzie da Mussolini circa la risoluzione di problemi provinciali quali la creazione di consorzi irrigui fondamentali per la coltivazione intensiva dei terreni, l’allacciamento tranviario tra la città e le valli e, nello specifico, l’urgenza di costruire la ferrovia Piacenza-Bobbio-Genova e la corretta utilizzazione dei patrimoni delle opere pie che non rispondono più alle finalità di fondazione.

Di nuovo nell’autunno 1924 la Vandea - un gruppo di agrari dissidenti che non accetta il suo orientamento favorevole ai braccianti e agli operai - lo fa espellere dal partito da cui rimarrà fuori per circa un anno, con l’accusa di autodecorazione, ossia di essersi falsamente attribuito medaglie al valore oltre a quella realmente ricevuta.

Anche questa volta rientra nelle file del partito e nel gennaio 1927 diventa Podestà e lo rimarrà fino all’espulsione definitiva. Sarà Franco Montemartini, un tempo uomo di fiducia del Barbiellini, che nel 1929 determinerà il crollo alleandosi col prefetto di Tiengo. Il Barbiellini verrà accusato ed estromesso tramite una missiva del 19 giugno 1929 mandata dall’allora segretario generale Augusto Turati.

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Dopo la sua espulsione dal partito fascista riceve il divieto di tornare a Piacenza e trova conforto in un convento in Palestina dove approfondisce gli studi di arabo e di scienza bibliche continuando le sue attività filantropiche. Rientrato in Italia conseguirà il dottorato all’università di Roma con una tesi su “Le vie di comunicazione dell’Italia con l’Oriente”. Nel frattempo si sposerà, nel 1932, con Anna Maria Pullè da cui avrà 5 figli.

Morirà il 7 novembre 1940 sul fronte albanese.