Le piazze sono il punto focale del Piano regolatore del 1935. Nel progetto si identificano tre tipologie: quelle antiche da modificare tenendo conto delle nuove teorie urbanistiche; quelle che da barriere, demolite a partire dall'aprile del 1930, verranno trasformate in Piazzali e infine quelle nuove che però poi non saranno realizzate.
Per quanto riguarda le barriere si tratta della trasformazione delle antiche porte medievali e rinascimentali. Le barriere erano luoghi di chiusura della città verso l’esterno, lì si situava la dogana e per entrare in città era necessaria una registrazione. Della barriera si modifica la natura quando lo sviluppo industriale dilata la città oltre la cinta fortificata; si trasforma in piazza, o meglio in piazzale per smistare il traffico in entrata o uscita, e diventa anche luogo che delimita la città vera e propria dalla periferia.
I piazzali diventano quindi snodi periferici che immettono su strade che portano ai grandi centri. Questa vocazione è confermata dagli stessi toponimi: Barriera Milano, Barriera Roma (ex Barriera Cavallotti), Barriera Genova, Barriera Torino e Piazzale Marconi (ex Porta nuova). I piazzali quindi intesi come slarghi perdono il senso storico della piazza che, quale fulcro del tessuto insediativo circostante, esercitava funzioni di pubblico interesse.
Piazza Cavalli
L'ingegner Sandro Cella già nella conferenza del 7 giugno 1932 si sofferma sulla risistemazione di Piazza Cavalli avendo già in mente la creazione dei due lotti, gli attuali Palazzo INA e INPS, tenendo conto del precedente progetto presentato dall’ingegner Nicelli.
Cella immagina la Piazza de' Cavalli all’incirca come è attualmente, prevedendo un arretramento in qualche punto superiore ai 9 metri e la formazione di una piazzetta lateralmente a San Francesco con facili accessi. Inoltre sono previsti dei portici sul lato est della piazza per “sfollare” la via dai pedoni e si auspica un intervento similare anche a nord di via XX Settembre. Nel 1934 il “piccone fascista” dà il via ai lavori di rifacimento di Piazza Cavalli demolendo casupole e stallazzi trasformando l’area centrale della città fino alla fine degli anni ’30 in un grande cantiere. Nel 1937 i lavori possono considerarsi ultimati e le modifiche apportate alle architetture storiche del Palazzo Gotico, di San Francesco e del Palazzo del Governatore possono considerarsi concluse; gli alti portici squadrati, la torre, i rivestimenti marmorei enfatizzano il fuori scala degli edifici del regime. I due nuovi grandi blocchi innestati sulla piazza medievale che hanno lo scopo aprire il lato orientale di Piazza Cavalli verso il prolungamento in piazza Plebiscito ma anche di fascistizzare la storia urbana. Via Sopramuro nelle intenzioni di Cella doveva diventare un corso commerciale e sfociare su via Chiapponi debitamente ampliata.
Piazza Plebiscito, che doveva essere l’elemento ordinatore di una parte della città ristrutturata ma che in realtà non viene realizzata per lo scoppio della guerra assume le dimensioni di giardinetto/parcheggio mentre via Sopramuro conserverà le sue dimensioni medievali*.
Negli anni ’30 Piazza Cavalli è la piazza dedicata alle manifestazioni di partito, bardata di labari neri e di fasci. In essa si terranno i rituali celebrativi e le adunate dell’acclamazione come in occasione della visita di Achille Starace del 1937.
* Piacenza, la citta e le piazze, a cura di Marcello Spigaroli, Piacenza, TEP, 1999, pp. 271-273.
Piazzale Marconi
Attorno al Piazzale Marconi gravita il complesso della stazione ferroviaria. Già nel 1914 e nel 1919 erano state apportate modifiche ma grande impulso all’innovazione dell’intera rete provinciale dei trasporti viene data dal podestà Barbiellini Amidei, con il progetto di ampliamento della stazione ferroviaria verso sud. Nonostante la pubblicazione di un progetto per la ridefinizione della stazione ferroviaria sulla rivista “Piacenza”, del gennaio 1928 tutto rimane sulla carta fino al 1931 quando l’architetto Paolo Costermanelli invia al podestà Aurelio De Francesco tre diverse proposte di rinnovamento dell’area. L’assetto definitivo è deciso tra il 1932 e il 1934 e si collega al dibattito sul nuovo Piano regolatore. Le tre proposte sono una di ispirazione neoclassica, una è d'impronta rinascimentale ma quella prescelta presenta un forte rigore geometrico scandito dall’uso di materiali tradizionali, laterizio faccia a vista, bugnato, e di simboli del regime. Nel 1934 si abbatte la barriera daziaria e il vuoto è colmato da una fontana circondata da una grande aiuola. Il Piazzale perde la dedica a Garibaldi e viene intitolato a Guglielmo Marconi, scienziato orgoglio del regime.
Piazzale Roma
Piazzale Roma è il primo ad assaggiare i colpi del piccone demolitore. Nel 1923 era stato demolita la chiesa di San Salvatore. Il primo intervento significativo nell’area è quello del complesso INCIS ad opera dell’ingegnere Giuseppe Manfredi, un isolato dalle linee eleganti destinato all’alloggio di impiegati dello Stato. L’impatto sulla piazza è risolto con linee arrotondate, vengono realizzati collegamenti fra gli edifici funzionali ma intesi anche a dare una percezione unitaria degli stabili. Questa tipologia costruttiva e tipica dei palazzi INCIS anche di altre città in accordo con la strategia dell’Istituto delle Case Popolari tesa a fornire abitazioni dignitose ad un prezzo accessibile alla ricerca del consenso fra il ceto medio. All’epoca dello sventramento e della costruzione dell’INCIS il piazzale non ha ancora assunto il carattere definitivo.
Terminati i lavori Piazzale Roma si presenta come il principale ingresso urbano, il monumento alla Lupa è porta e sentinella della città, che guida dentro a via Roma, l’antico decumano che oggi come allora smista il traffico su più direttrici sullo sfondo di costruzioni di edilizia popolare.
Con Piazzale Roma l’urbanistica fascista dispiega tutto il suo linguaggio: le linee rigorose del modernismo architettonico, le immagini di una storia millenaria che insieme dominano i ritmi veloci della città moderna.
Nel 1938 l’Architetto Pietro Berzolla viene incaricato di riformare la piazza. Egli concentra i suoi sforzi in due direzioni: nella costruzione del nuovo quartiere di edilizia economica di via delle Stalle (1) e nell’ideazione del centro fisico e simbolico della piazza cioè il monumento alla Lupa romana.
(1) Il nome deriva da una grande stalla per i cavalli dei “Collettoni irlandesi”, cioè la guardia farnesiana del XVII secolo.
Piazzale Genova
La storia di Barriera Genova inizia nel 1861 quando la vecchia Porta San Raimondo scompare per lasciare posto all’Ospedale Militare terminato nel 1884. La nuova Porta, costruita, costruita tra il 1865 e 1869 in asse con il Corso Vittorio Emanuele II, aumenta progressivamente la sua importanza per l’intensificarsi degli scambi commerciali verso Genova attraverso la Val Trebbia. La strada Agazzana diventa vitale per il commercio cittadino.
Nel Piano Regolatore la zona esterna alla Barriera appare divisa in una zona destinata a insediamenti a media intensità abitativa e in un’altra destinata a verde pubblico dentro la quale far nascere una cittadella sportiva. In realtà si riesce a realizzarne solo una parte. Sul modello del Foro Mussolini progettato per la capitale da Enrico Del Debbio negli anni ’30 e interrotto per la guerra, anche Piacenza doveva avere uno spazio dedicato all’”educazione del corpo”, una accademia di educazione fisica. In realtà l’unica parte realizzata del progetto fu la Casa del Balilla, nel 1932, poi sede della Gioventù Italiana del Littorio, oggi sede del Liceo Respighi, ad opera dell’architetto romano Luigi Moretti.
Purtroppo l’intervento di Moretti rimane isolato e Piazzale Genova, come sarà poi denominata la Barriera, rimane incompiuto e disadorno e solo la Casa del Balilla con il suo rigore e il contrasto cromatico stabilisce il collegamento fra centro e periferia.
La via per Genova non è la via per Roma e quindi non si prevedono demolizioni per la costruzione di architetture monumentali.
Piazzale Torino
Il Piano regolatore non aveva previsto nessun intervento sull’area che adesso fa breccia nelle mura eliminate solo nel dopoguerra, quindi il piazzale assume i caratteri di un semplice smistamento stradale pensato per servire una direttrice est-ovest dalla via Emilia Parmense alla via Emilia Pavese.
L’area, ex area del Castello diventata de facto l’equivalente di un quartiere fieristico quando si tenne nel 1908 la grande fiera organizzata per l’inaugurazione del nuovo ponte sul fiume Po, è condizionata dalla presenza dell’Arsenale del Regio Esercito che il governo fascista a partire dal 1936 aveva potenziato per le necessità belliche.