Questa pagina è dedicata alle biografie dei personaggi che hanno contribuito a cambiare il volto di Piacenza negli anni '30.
Aurelio De Francesco
Nato a Catanzaro nel 1864 fu Podestà di Piacenza dal 1929 al 1938. Dopo gli studi nella città d'origine frequentò l'Accademia militare di Modena. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale e ricevette tre medaglie d'argento al valor militare e una croce al merito di guerra.
Giunto a Piacenza per motivi famigliari fu prima podestà di Carpaneto poi dal 1929 a Piacenza. Durante il periodo della sua amministrazione furono realizzate tutte le opere pubbliche citate in questa mostra virtuale.
Rivestì altre cariche pubbliche quali la presidenza dell'Ispettorato provinciale, della Cattedra ambulante di agricoltura e della Galleria Ricci Oddi oltre a incarichi in associazioni filantropiche.
Ricevette le onorificenze di commendatore della Corona d'Italia e di cavalier ufficiale dell'Ordine Mauriziano. Fu inoltre comandate del 2° Battaglione Granatieri in congedo.
Mario Bacciocchi
Per la biografia dell'architetto Mario Bacciocchi si rimanda a SAN: Archivi degli architetti.
Nel luglio 2019 l'Archivio di Stato di Piacenza ha arricchito la sua collezione iconografica con altri 12 disegni di Mario Bacciocchi acquistati dal Ministero per i beni e le attività culturali e qui presentati in anteprima.
Pietro Berzolla
Nato il 5 febbraio 1898 nel castello di Muradello di Pontenure in provincia di Piacenza, da Andrea ed Emma Lamoure, visse a Saliceto di Cadeo dovre frequentò le scuole elementari. A Piacenza frequentò le scuole tecniche e un anno fu iscritto all’istituto “Gazzola” con il pittore Luciano Ricchetti. Su consiglio dei suoi professori Ghittoni e Guidotti si iscrisse nel 1913 all’Accademia di belle arti di Parma dove fra gli altri ebbe come insegnanti De Strobel, Baratta, lo storico dell’arte Mario Salmi, l’architetto Mancini e per breve tempo Giulio Ulisse Arata.
Nel 1917 fu mobilitato sul Carso e poi in Trentino. Fu congedato con la Croce al merito di guerra.
Ripresi gli studi nel 1919 fu licenziato dall’Accademia nel 1920 e abilitatosi nel 1921 all’insegnamento ottiene la cattedra di architettura e prospettiva proprio all’Accademia di Parma. Nel 1922 inizia ufficialmente la sua carriera professionale.
A Pontenure fondò e diresse dal 1921 al 1923 una scuola serale gratuita di disegno per operai e artigiani. Fu molto attivo anche sul fronte del restauro, attento conoscitore dell’architettura storica intervenne sempre secondo criteri integrativi e di ripristino dell’unità stilistica.
Dal 1929 aderì al gusto dell'Art decò, esempi si possono trovare nel palazzo del Governatore a Piacenza ma soprattutto nella sede dell'impresa Brioschi sempre a Piacenza in via Cavour. Negli anni Trenta propende per una maggiore semplificazione in senso razionalista passando dall’uso del laterizio al cemento e intonaco. Dopo il progetto del quartiere “Regina Margherita” del 1926, edilizia abitativa per dipendenti pubblici e mutilati di guerra, nel 1932 progetta il quartiere delle case popolari Farnesiana, improntato alla semplicità, sobrietà senza penalizzare la “solidità, la comodità e l'igiene”.
Seguono i progetti per la sistemazione di Barriera Roma dal 1932 al 1935, le case popolari di via Capra del 1936, il quartiere popolare di via Benedettine, il quartiere di Borgotrebbia. Per la linea ferroviaria Piacenza - Bettola tra il 1931 e il 1932 progetta un fabbricato adibito ad autorimessa che per le sue caratteristiche monumentali viene definito il Duomo. In questi anni si dedica alla progettazione di altre costruzioni funzionali come il magazzino Longhini in via 10 Giugno e il distributore Esso in piazzale Roma.
Nel 1930 sposò un’ex allieva, Mariù Cognetti de Martiis, valente pittrice, che divenne anche sua preziosa collaboratrice nei progetti edili, soprattutto per gli arredamenti, fino al 1972, anno della sua morte. Ebbero due figlie entrambe abilitate all’insegnamento della storia dell’arte.
Negli anni '50 è impegnato nella ricostruzione del Liceo Musicale Nicolini e della Scuola di avviamento professionale “Spartaco Coppellotti”. Negli stessi anni dirige i restauri a Veleia Romana e organizza anche il “I convegno di Studi veleiati”.
Intensa è la sua attività di progettazione sempre agli inizi degli anni '50 per diversi complessi industriali come il palazzo degli uffici per Agip di Cortemaggiore, le officine Astra e Carenzi e lo stabilimento Vaj.
Progetta anche edifici religiosi come la chiesa dei SS. Angeli custodi di Borgotrebbia nel 1941 e quella della Sacra famiglia all'Infrangibile nel 1951.
Partecipa al concorso per il Piano regolatore di Piacenza bandito dal Comune nel 1932 vincendo ex-aequo il primo premio con il progetto Motto: "Realtà" assieme agli altri progettisti: Pietro Bottoni, Mario Pucci e Leone Carmignani.
Le sue opere sono presenti in tutto il territorio piacentino ma si trovano esempi anche a Codogno, Senna Lodigiana, Magenta, Lungavilla, Macugnaga fino a Capri e sul Monte Faito (NA) dove edificò una villa, un cinema e un ristorante.
Svolge inoltre un'intesa attività pubblicistica e grafica su riviste specializzate. Collabora con gli “Amici dell'Arte” di Piacenza e fonda nel 1966 la sezione cittadina di “Italia Nostra”.
Nel 1955 è nominato cavaliere della Repubblica; nel 1959 è insignito della medaglia d'argento per meriti culturali e artistici; nel 1965 diventa commendatore della Repubblica.
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma conserva trenta elaborati realizzati fra il 1920 e il 1923 ricevuti per donazione nel 1979 dalla famiglia.
Muore il 29 dicembre 1984 e nel 1998 gli viene intitolata una strada a Borgotrebbia.
La biografia dell'architetto Pietro Berzolla è pubblicata anche sul portale SAN: Archivi degli architetti.
Per la biografia dell'architetto Luigi Moretti rimandiamo alle pagine:
ABSENTIA: Luigi Moretti
SAN: Archivi degli architetti: Luigi Moretti
Wikipedia: Luigi Moretti
Alfredo Soressi
Alfredo Soressi nacque a Mucinasso, allora nel comune di San Lazzaro Alberoni, il 30 maggio 1897 da una famiglia di umili origini; il padre alternava al lavoro dei campi quello di conduttore di caldaie a vapore. Dopo l’apprendistato presso il parroco del paese, don Pietro Leoni, frequentò l’istituto d’arte Gazzola di Piacenza dal 1914 al 1916 e fu allievo di Francesco Ghittoni. Partì per il fronte e fu tra gli sbandati della ritirata di Caporetto. Il 15 giugno 1918 durante l’offensiva austriaca del Solstizio fu ferito dallo scoppio di una granata che gli asportò di netto un piede.
Dopo la guerra studiò all’Accademia di Brera a Milano diplomandosi nel 1921 e dopo il diploma vi rimase ancora per un anno come insegnante di ornato; nel 1922 divenne direttore della Scuola professionale di Ponte di Legno (BS). Nel 1925 vinse il concorso per la cattedra di ornato, già tenuta da Camillo Guidotti presso l’Istituto Gazzola di Piacenza.
Gli studi di architettura presso l’Accademia di Brera gli avevano permesso di vincere già nel 1921 il concorso per il Piano regolatore dell’isola Comacina.
Come pittore Soressi affrontò per la prima volta il pubblico esponendo nel 1926 alla IV Mostra degli Amici dell’Arte. Nella prima fase della sua produzione pittorica Soressi appare come un artista già formato che, ricollegandosi alla tradizione piacentina di Stefano Bruzzi, si volge alla rappresentazione del mondo agreste mediante due filoni prevalenti: il lavoro dei carrettieri lungo il fiume e gli animali della campagna. Accanto a questi due temi gli altri soggetti realizzati sono le vedute di angoli caratteristici della sua terra, le nature morte e le opere di ricostruzione storica.
Nel 1937 fu nominato direttore del Museo Civico di Piacenza e tenne tale incarico fino al 1950.
Continuò ad occuparsi di architettura firmando nel 1938 il progetto definitivo della Casa del mutilato in piazza Casali a Piacenza eretta poi fra il 1939 e il 1941.
Si dedicò occasionalmente anche all’incisione e all’illustrazione.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale e precisamente nel 1956 concepì l’idea di un “villaggio per artisti” sull’Appennino piacentino a Bosconure (Ferriere) allo scopo di riunire pittori e scultori in un luogo dove massimo sarebbe stato il contatto con la natura. L’iniziativa però non ebbe successo e fu accantonata. Continuò a insegnare fin quasi alla morte, avvenuta il primo marzo 1982, ornato e architettura al Gazzola. Lasciò per testamento una ventina di opere alla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi.
Luciano Ricchetti
Luciano Ricchetti nacque a Piacenza il 27 aprile 1897, figlio di Cesare, commerciante che aveva un negozio di abbigliamento in via Garibaldi all’angolo di Largo Battisti, e di Elvira Balduzzi.
Si iscrisse alla Regia Scuola Tecnica di Piacenza e nel 1908-1909 frequentò «svogliatamente» l’Istituto d’arte Gazzola, dove insegnava Francesco Ghittoni, fino al 1913. Militò nel 24° Reggimento fanteria e poi nel 13° e 21° con sede a Piacenza.
La sua prima mostra importante, comprendente un’ottantina di pezzi di pittura e scultura, fu organizzata negli anni ’20 dall’Associazione Amici dell’arte ma furono le mostre del 1921 e 1922 a rivelarne il talento. Ricchetti è l’anticonformista di genio; dipinge formidabili nudi di donna che scandalizzano il suo maestro Ghittoni. Nel 1926 nella IV Mostra organizzata sempre dagli Amici dell’Arte espose alcuni capolavori: “Il garofano rosso”, “Vejo Matador” e il “Ritratto di giovane donna” che aveva già meritato un premio all’Accademia di Belle Arti di Brera da lui frequentata grazie ad una borsa di studio.
Fu chiamato a collaborare come illustratore a importanti riviste: prima alla «Lettura» e al «Romanzo mensile» poi alle «Fantasie d’Italia», infine nel ’28 alla «Domenica del Corriere» e più tardi nel 1935 a «Il merlo». Nel 1926 per le edizioni Porta uscì il volume delle poesie curate dal comitato pro onoranze a Valente Faustini nel quale Ricchetti disegnò la maggior parte delle illustrazioni. Nel ’27 fu incaricato dal podestà Barbiellini Amidei di illustrare la rivista di attività municipale «Piacenza» e nel 1928 eseguì tre dipinti ad olio sullo scalone del palazzo dei Consorzi Agrari (poi Enel) in via Santa Franca, un punto fermo nella sua produzione di gusto barocco-liberty.
Nel 1927 Ricchetti, uscito da Brera, è subito considerato a Piacenza l’artista-guida. Morto Ghittoni nell’agosto 1928 la cattedra di figura all’istituto Gazzola rimase scoperta e il suo allievo Ricchetti si preparò al concorso che fu poi annullato per mancanza di candidati provvisti dei requisiti richiesti. Fu poi nuovamente bandito nel 1930 e fu vinto da Umberto Concerti di Parma.
Il 2 maggio 1930 si sposò e nel 1934 nacque la prima figlia Francesca. Moglie e bambina posarono per lui all'interno della casa o nella luce calda dell'estate in campagna.
Nel 1930 partecipò al XIV Concorso del premio Artistico Perpetuo di Parma ottenendo una “Menzione onorevole” con la grande tela “Gente Tranquilla” che faceva da ideale pendant a “Sosta”, sempre del 1930, acquistata dalla Cassa di Risparmio di Piacenza.
Il 1932, Decennale della Rivoluzione Fascista, si aprì a Piacenza anzitempo il 14 dicembre 1931 con una conferenza di Filippo Tommaso Marinetti sull’aeropittura in occasione di una mostra agli "Amici dell’Arte" di Osvaldo Bot. Bot era considerato l’unico artista futurista a Piacenza, di contro Ricchetti, il più autorevole degli antifuturisti, veniva rappresentato come un pittore tradizionalista.
Nel 1933 invitato a partecipare al concorso per le decorazioni da realizzarsi nel Salone della Prefettura di Bologna si qualificò al secondo posto ottenendo un premio e l’acquisto dei bozzetti presentati. Il tema trattato era il fascismo che dona la pace ai popoli. Ricchetti raffigurò nei tre riquadri centrali il tramonto, il meriggio e l’aurora. Per questo e per altri lavori nelle chiese piacentine di San Lazzaro, di Santa Teresa e della Pace il 28 luglio 1933 fu nominato Fiduciario Provinciale del Sindacato delle Belle Arti.
In questi anni realizzò la decorazione sulla parete di una sala della “Casa Littoria” di Piacenza, con un Mussolini a cavallo visto di fronte e ai lati le navi delle antiche Repubbliche marinare e l'Arco di Tito dietro le insegne di Roma antica in occasione di un trionfo. L'affresco fu scialbato nel 1945 e rimase famoso per una serie di scatti del fotografo Manzotti eseguiti durante una cerimonia.
Nel 1934 vinse il primo premio alla “Prima mostra interprovinciale sindacale emiliana” con l'opera “Modelle in riposo” che fu poi acquistata dalla Galleria Ricci Oddi.
Nell'anno scolastico 1934-35 insegnò nel corso serale di arte decorativa murale e plastica presso la Regia Scuola Tecnica Industriale “Spartaco Coppellotti”. Nel maggio del 1934 l'Amministrazione del Collegio Alberoni gli commissionò la decorazione della Sala del Consiglio nel palazzo Chiappini, in via 10 giugno n. 3. Nell'aprile del 1935 vinse ex-aequo con Ottorino Romagnosi il primo premio nella mostra concorso “Paesaggio piacentino” promosso dall'Istituto d'arte Felice Gazzola. Nello stesso anno realizzò nel Cimitero di Piacenza la decorazione della cappella Cassi.
In questi anni partecipa a molti concorsi: il Premio San Remo; la V Mostra provinciale Sindacale d'Arte di Piacenza; la V mostra interprovinciale di Bologna. Il 23 ottobre 1937 morì all'improvviso Giuseppe Ricci Oddi e Ricchetti fu incaricato dal Consiglio di Amministrazione della Galleria di modellarne il ritratto.
Intrattenne ottimi rapporti con gli architetti concittadini Giulio Ulisse Arata e Mario Bacciocchi. Per il primo decorò con una natura morta la “nuova casa Breviglieri”, per il secondo realizzò, sull'immenso pianerottolo dello scalone del nuovo Liceo classico, due decorazioni a tempera d'ampio respiro che furono ricoperte negli anno '50. Si trattava di quattro figure femminili: Piacenza Romana, Medioevale e Primogenita da una parte e Piacenza fascista dall'altra, con una grande carta della provincia e una decorazione formata con gli stemmi dei comuni realizzate dai pittori piacentini Galluppi e Sgavetti.
Nel 1939 giunse l’inattesa vittoria nella prima edizione del “Premio Cremona”, che gli fu assegnato all'unanimità, con l'opera “In ascolto del discorso del Duce”.
Gli esiti positivi della vittoria al Premio Cremona non tardarono a farsi sentire: il 7 agosto del 1939 Antonio Maraini lo invitò a presentare al Senato un bozzetto per un arazzo destinato alle nuove aule. Il bozzetto venne approvato nel dicembre e nonostante la realizzazione del cartone non fu mai tessuto a causa delle vicende belliche. Sempre nel '39 Ricchetti preparò tre opere da inviare alla Biennale di Venezia e decorò lo scalone del Palazzo Appiani d'Aragona di Piombino, in via Scalabrini n. 6 a Piacenza.
Le informazioni di questa sezione sono in parte ricavate dalla pubblicazione:
F. Arisi, Luciano Ricchetti, Piacenza, 1976, pp. 11-28.