Negli anni Trenta oltre al Piano regolatore il Comune di Piacenza affronta il problema della bonifica che comprende da una parte il completamento della rete fognaria, già iniziato nei decenni precedenti, e dall'altra un'efficiente difesa dalle esondazioni del fiume Po.
Dopo la piena del 1926 il Comune dava corso ai lavori per la costruzione del Canale Diversivo Ovest per evitare l'invasione delle acque alte e mitigare gli effetti nelle zone basse della città.
Il Regio decreto n. 492 dell'11 marzo 1929 classificava di prima categoria le opere di bonifica della zona urbana e suburbana della città e definiva il Comune di Piacenza concessionario per l'esecuzione dei lavori:
“considerata la necessità di provvedere al bonificamento del territorio urbano e suburbano della città di Piacenza, che, nei periodi di piena e di morbida del Po, durante i quali le chiaviche sul fiume restano necessariamente chiuse, è soggetto ai rigurgiti dei numerosi rivi e colatori che lo attraversano, con grave danno per l'igiene dell'abitato cittadino e del suburbio;
considerato che tale bonificamento, mentre è prevalentemente diretto ai fini igienici, arrecherà anche notevoli vantaggi economici, assicurando un sensibile incremento della produttività ... “ *.
Il Comune di Piacenza ottenne dal Governo nazionale nel 1930 per un primo lotto di lavori un contributo statale pari al 68% dell'ammontare della spesa.
La spesa complessiva sostenuta dallo Stato attraverso il Genio civile per le opere di II Categoria e dal Comune di Piacenza per le opere di I categoria fu di 15.000.000 Lire.
* Cella, Sandro, Bonifica e fognatura cittadina, Piacenza, Porta, 1936, p. 4. Pubblicato anche in "Strenna dell'anno XIV", 1936, pp. 136-138;
Prospetto attuale della bonifica piacentina
I due colatori
Il territorio soggetto a bonifica era distinto in due bacini: il bacino ovest che includeva l'aggregato cittadino e il suburbio e il bacino est comprendente la zona agraria di Mortizza.
Le opere che più interessavano la città di Piacenza e il suo Piano regolatore erano quelle del bacino ovest che comprendeva appunto l'aggregato urbano.
Nel comprensorio piacentino correvano numerosi rivi e canali che fungevano da colatori di scarico, fra questi i più importanti il Rifiuto e Rifiutino; vi erano poi i rivi provenienti dal Trebbia, circa una ventina, che passavano sotto le mura. Questi erano destinati a irrigare orti o ad azionare i mulini privati ma venivano usati abusivamente come fognatura. Questi rivi erano però inadatti alla funzione che avevano assunto e insieme ai numerosi pozzi neri perdenti contribuivano a inquinare tutto il sottosuolo cittadino inoltre essendo spesso perdenti sul fondo causavano infiltrazioni nei sotterranei degli edifici compromettendone la stabilità. I rivi urbani, dopo aver attraversato la città si riunivano nel colatore Fodesta che nei periodi di piena non riusciva a scaricarsi nel Po cosicché le sue acque cariche di rifiuti rigurgitavano nella rete dei rivi e nel sottosuolo cittadino oppure allagavano i fossati intorno alle mura e la parte bassa della città. E in modo analogo il fenomeno si ripeteva per i due altri rivi Rifiuto e Rifiutino situati a est e a ovest della città.
Le condizioni erano veramente deplorevoli nella parte bassa della città, sede di quartieri popolari, ma anche la parte alta se pur non soggetta ad allagamenti era colpita da diffondersi di miasmi e da esalazioni nocive provenienti dalle zone più depresse.
Per questo l'ingegner Sandro Cella nella relazione relativa alla bonifica e fognature cittadine ritiene il suolo piacentino “completamente inquinato” aggiungendo che le statistiche sulla mortalità della popolazione civile “per l'anno 1931 dà un coefficiente dell'8,9 per mille nella frazione di S. Lazzaro, del 9,5 per mille nel centro cittadino, del 17,2 per mille nella parte bassa della città, del 16,1 per mille nella frazione di Mortizza dove frequenti sono i budri e le zone basse”.
Secondo la relazione Cella è necessario e urgente realizzare in modo organico il piano di bonifica e fognario integrando e concludendo quello già iniziato dal Governo nazionale. Questo piano consisteva nella realizzazione di due canali diversivi della acque alte per convogliarle nel Nure e nel Trebbia al di sopra dei livelli di massima piena e di prevedere per le acque basse di regimentarle in opportuni colatori che le avrebbero indirizzate a due impianti idrovori che “scaricheranno normalmente a gravità nel fiume, mentre dagli stessi meccanicamente saranno sollevati durante le piene.” Cella si riferiva a due impianti che erano già ufficiosamente funzionanti: quello di Armalunga, quello della Finarda in costruzione.
Il canale diversivo delle acque alte di ovest partendo dal colatore Riazza a monte della località Galleana sboccava in Trebbia intercettando e convogliando nel fiume le acque che prima si dirigevano in città e nella zona bassa di S. Antonio. Si sviluppava per 5,760 km e i lavori comportarono una spesa complessiva di 3.740.000 Lire.
Fu inaugurato il 28 ottobre 1932 e fu da tutti conosciuto come “Canale della fame” perché diede lavoro a badilanti e manovali da tempo disoccupati e con famiglie che vivevano nella più grande indigenza.
Il canale diversivo delle acque alte di est: partendo da San Lazzaro Alberoni sboccava nel fiume Nure poco a monte di Roncaglia e vi convogliava tutte le acque che attraverso il colatore Riello e altri rivi si riversavano sulle terre basse di Mortizza e del Gargatano. Si sviluppava per 6.600 km.
In questo caso si trattava di opere idrauliche di II categoria e perciò a completo carico dello Stato ed eseguite dal Genio civile di Piacenza come anche l'idrovora di Armalunga.
Mostra della bonifica piacentina
Nel '40 dal primo al 16 giugno venne inaugurata a palazzo Gotico una mostra dedicata alla bonifica piacentina. Oltre a mappe, disegni e pannelli che mostravano lo sviluppo del territorio piacentino il “Reparto XVI” era dedicato alla Bonifica urbana e suburbana. Furono esposti due tavole illustrative e un grande plastico che riproduceva i recenti lavori di bonifica e l'impianto idrovoro della Finarda. Completavano la sezione un'ampia parte di fotografie relative ai lavori arginali del Po, bonifica del sottosuolo, impianti di fognatura e di bonifica. Come si evince dalla pubblicazione realizzata per la mostra nel 1940 erano già state realizzate le seguenti opere:
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Canale diversivo delle acque alte di ovest
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Impianto idrovoro della Finarda: a questo impianto venivano convogliate tutte le acque interne del bacino ovest, comprese quelle di fognatura, per l'espulsione nel Po. Lo stabilimento era costituito da 3 corpi di fabbricato.
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Canale diversivo delle acque alte di est.
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Impianto idrovoro dell'Armalunga: in esso confluivano tutte le acque del bacino di est per essere espulse nel Nure quando lo stato di piena o di rigurgito del Po non consentiva lo sfocio naturale. Lo stabilimento era costituito da un grande corpo di fabbrica oltre alla casa di abitazione del custode.