Cataloghi a schede libere vennero adottati da alcune biblioteche italiane nella seconda metà dell'Ottocento, nonostante i rischi di sottrazione delle schede o di disordine che venivano notati nella letteratura. Ad esempio aprì al pubblico con un rudimentale e parziale catalogo a schede, il 1° aprile 1876, la Biblioteca nazionale "Vittorio Emanuele II" di Roma, e un catalogo a schede libere era in uso, fra Otto e Novecento, anche nella Biblioteca Malatestiana di Cesena e in quella del Museo civico di Padova. Occorre considerare, peraltro, che in molte biblioteche la consultazione del catalogo era riservata al personale, o comunque, quando un lettore vi era ammesso, avveniva sotto stretto controllo di un impiegato.
Queste schede erano di solito di formato verticale (contrariamente al "formato internazionale" poi affermatosi) e di misura non standardizzata, a volte con angoli arrotondati.
Per superare i rischi delle schede libere furono escogitati vari sistemi di fissaggio delle schede stesse, alla base, ad esempio con blocchi di legno a pressione. Un sistema di questo tipo, con schede in cui la parte inferiore, che doveva essere serrata nel blocco, aveva uno snodo in tela, fu prodotto e brevettato dalla ditta romana di Aristide Staderini. Le schede con snodo erano prodotte in formato sia verticale sia orizzontale e in più misure, e a richiesta venivano forniti anche mobili a leggio che ospitavano più file di cassette. Tra le biblioteche a cui forniva i suoi schedari Staderini citava, oltre a molti importanti istituti italiani, anche le biblioteche di Berlino e di Harvard.
In seguito si diffuse il sistema di impiegare schede forate tenute in posizione da una bacchetta metallica (che poteva avere una serratura sul retro), che si generalizzò con gli schedari per schede del cosiddetto "formato internazionale". Questo sistema però, al contrario delle soluzioni più elaborate proposte in precedenza, permetteva di sottrarre una scheda senza lasciare alcuna traccia (e sottrazioni di questo tipo si sono verificate nel secondo dopoguerra, ad esempio, per far sparire dal catalogo la notizia di pubblicazioni di un autore che avessero un evidente carattere di propaganda fascista). Lo stabilimento Staderini commercializzò nei primi decenni del Novecento anche schedari del cosiddetto "formato internazionale".
Le schede, inizialmente manoscritte e poi per lo più dattiloscritte, potevano essere ottenute anche ritagliando e incollando le descrizioni da un catalogo o da una bibliografia a stampa: ad esempio nel catalogo della Biblioteca nazionale centrale di Firenze molte schede erano ottenute incollando le notizie del «Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa».
I cataloghi a schede di "formato internazionale" (7,5 cm x 12,5 cm, corrispondente approssimativamente a 3 x 5 pollici), raccomandato dall'Istituto internazionale di bibliografia di Bruxelles, si diffusero in Italia soprattutto a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Infatti negli anni Cinquanta il Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (istituito con una legge del 1951) iniziò a distribuire schede a stampa, analoghe a quella della Library of Congress.
In seguito, molte biblioteche riprodussero fotograficamente le schede dei loro cataloghi Staderini per adattarle, con le nuove, agli schedari di formato internazionale.
Alcuni riferimenti bibliografici:
- Aristide Staderini, Brevi cenni sopra due sistemi di schedario per cataloghi, Roma, Perino, 1884.
- Aristide Staderini, Brevi cenni sopra due sistemi di schedario per cataloghi, Roma, Staderini, 1890.
- Alberto Rizzo, Aristide Staderini e il catalogo a schede mobili: breve profilo di un pioniere, «Biblioteche oggi», 19 (2001), n. 3, p. 30-32.