La Guerra di Siena
print this pageIl XVI secolo è segnato, per la città di Siena, da lunghi e sanguinosi conflitti con la vicina Firenze, dove la signoria medicea acquisiva progressivo potere ed il cui dominio si andava estendendo in tutta l'Italia centrale scontrandosi, inevitabilmente, con i confini della Repubblica Senese. La potente eco dell'impatto che queste campagne militari dalle sorti altalenanti ebbero sulla cittadinanza senese è chiara nella scelta, per la decorazione di numerose tavolette della Biccherna, delle vittorie riportate dagli eserciti repubblicani. La tradizionale struttura delle tavolette sopravvive, infine, anche ai profondi mutamenti politici che investono Siena nel 1555, quando la Repubblica Senese viene costretta ad arrendersi, dopo un estenuante assedio, alle forze dell'Imperatore Carlo V e di Cosimo de' Medici. Nel 1557 la città viene così concessa in feudo a Cosimo I da Filippo II, erede del trono di Spagna, perde la propria secolare autonomia ed entra a far parte del Ducato di Firenze.
Le ostilità con la vicina Firenze medicea sono immortalate per la prima volta dalla magistratura della Biccherna in una tavoletta che celebra la resa di Colle Val d'Elsa alle forze della Repubblica di Siena e del Regno di Napoli. In seguito al fallimento della congiura dei Pazzi a Firenze (1478), le forze alleate del papa Sisto IV e del Re di Napoli (Ferdinando I d'Aragona) attaccarono Firenze e le forze alleate di Milano e Venezia con l’appoggio anche di Siena, che vedeva in questo conflitto una possibilità di espansione territoriale. Nel 1479, anno di produzione di questa tavoletta, prevalse l’esercito pontificio-aragonese con la caduta di Colle Val d’Elsa e la perdita, da parte di Firenze, di parte dei suoi territori che venivano annessi al territorio senese. Siena celebra la propria vittoria, in realtà effimera poiché già nel 1480 la pace stipulata grazie alla sapiente politica di Lorenzo de' Medici restituì le terre conquistate a Firenze, raffigurando l'ingresso degli eserciti vittoriosi nella cittadella recando i vessilli papali, aragonesi e senesi.
Pietro di Francesco Orioli, La resa di Colle Val d’Elsa (n. inv. 039)
La ripercussione dei conflitti di scala internazionale che videro l'Italia scena di contesa, nel Cinquecento, tra potenze quali la Francia e il Sacro Romano Impero riecheggia chiaramente in questa tavoletta, emessa nel 1526. L'evento ricordato ebbe luogo nel corso della guerra che vedeva opposti Francesco I di Francia a Carlo V cui Siena aveva scelto di allearsi provocando la dura reazione di Papa Clemente VII, favorevole alla parte cattolica. Le truppe pontificie, per rappresaglia, tentarono l’occupazione di Siena nel 1526, incontrando tuttavia una pronta resistenza da parte dei cittadini assediati. Il 25 luglio, festa di San Giacomo Maggiore e di San Cristoforo, le truppe nemiche vennero respinte presso una delle porte urbiche, la Porta Camollia a nord della città, lasciando sul campo carri e artiglierie e disperdendosi in una fuga “vigliacca” descritta dal Francesco Vettori in una lettera a Niccolò Macchiavelli. A giugno, prima della battaglia, venne affidata a Giovanni di Lorenzo Cini, pittore di questa tavoletta, la realizzazione del gonfalone con la Vergine che venne portato in solenne processione il 18 luglio e posto a protezione della città sulla stessa Porta Camollia.
Giovanni di Lorenzo Cini, La vittoria di porta Camollia (n. inv. 049)
La Repubblica senese, dilaniata da conflitti interni e in balia dell'influenza di grandi potenze internazionali, si avvia alla metà del Cinquecento verso un rapido declino. Nel 1542 la Biccherna sceglie un soggetto allegorico per rendere omaggio al rappresentante designato da Carlo V per la cura delle faccende politiche italiane, il cancelliere Niccolò Perrenot de Granvelle, che, in seguito all’ennesima congiura filofrancese sventata in città, era stato inviato a Siena per porre fine alle lotte interne e attuò una serie di riforme volte a stabilizzare il governo della città. La sua autorità fu garantita mediante l’insediamento permanente in città di una guarnigione di soldati imperiali spagnoli: la Repubblica rimaneva, così, solo formalmente autonoma. La Biccherna, tuttavia, celebra l'ordine restaurato opponendo alla raffigurazione di una barca che si infrange sulla scogliera (la Repubblica priva di guida) quella di una che veleggia con sicurezza nelle onde, immagine della città che nelle mani del Granvelle passa “ex naufragio ad maximam securitatem”.
Giorgio di Giovanni, Le riforme del Granvelle fanno veleggiare sicura la barca della Repubblica (n. inv. 054)
La fragile Repubblica senese continua a trovarsi coinvolta nelle tensioni internazionali tra l’Impero e la Francia: in un momento di tensione, nel 1551, Carlo V aveva inviato a Siena un suo rappresentante, Don Diego Hurtado de Mendoza, che aveva pesantemente interferito nella vita politica senese e iniziato la costruzione di una fortezza, molto osteggiata dai cittadini. Nel 1552, a lavori quasi conclusi, la ripresa del conflitto tra la Francia e l’Impero fornì l'occasione, alla fazione della classe dirigente contraria all'occupazione spagnola, per una congiura. Grazie all’appoggio delle truppe francesi e della popolazione, vessata da tasse e carestie, la rivolta scoppiata nel 1552 ebbe successo e la guarnigione spagnola fu cacciata dalla città.
La tavoletta di quell'anno celebra questo successo con la rappresentazione della simbolica distruzione della fortezza, mostrando gli spagnoli che si allontanano sventolando una bandiera bianca mentre la Vergine, protettrice della città, assiste allo smantellamento della struttura da parte della folla armata di pale e picconi. Si apre, per Siena, l'ultima illusione di libertà repubblicana.
Nonostante la distruzione della fortezza spagnola, una seconda fortezza verrà ricostruita dai Medici solo qualche anno più tardi, nel 1555, una volta definitivamente cadute le difese della Repubblica.
Pittore senese, I Senesi demoliscono la fortezza fatta costruire dagli Spagnoli (n. inv. 057)
Appena un anno dopo l'effimera vittoria contro gli spagnoli la reinstaurata Repubblica senese si scontra nuovamente contro alleanze politiche di scala internazionale. Cosimo I, alleato di Carlo V e sicuro dell'appoggio imperiale alle sue mire espansionistiche sul territorio senese, era conscio della cruciale importanza della caduta della Repubblica di Siena, alleata della Francia e fiera avversaria del potere mediceo. La conquista di Siena da parte dell'esercito fiorentino e dell'esercito del Viceré di Napoli, sarebbe dovuta avvenire con l’invasione delle terre senesi attraverso sud, conquistando le roccaforti che proteggevano in territorio tra cui Montalcino, assediata nel marzo del 1553. Tuttavia, a causa della strenua resistenza della roccaforte, grazie all’aiuto delle truppe senesi ed all’aggravarsi della situazione politica e militare su altri fronti che costrinsero Carlo V a ritirare la sue truppe, Montalcino non fu presa. Le opere di fortificazione della città, chiaramente messe in evidenza nella veduta aerea di Montalcino e del suo sistema di mura, vennero eseguite da Giorgio di Giovani, a cui è attribuita anche questa tavoletta. É iniziata, così, la Guerra di Siena e gli anni della Repubblica volgono al termine.
Giorgio di Giovanni, L’assedio di Montalcino (n. inv. 059)
Nel 1555, anno di emissione di questa tavoletta, la Guerra di Siena entra nella sua fase finale che vede, in seguito al ritiro dell’esercito di Carlo V, la città stretta in un lungo assedio dalle truppe di Cosimo I che, grazie al rinnovato aiuto giunto dall’esercito spagnolo, arrivò sotto le mura urbiche nel gennaio del 1554. Solo a seguito di una strenua difesa da parte dei senesi capitanati da Piero Strozzi, maresciallo di Francia e luogotenente generale in Italia ma costretti a capitolare dall’esaurimento delle scorte alimentari, la città si arrese ufficialmente “per fame” a Cosimo I il 17 Aprile 1555. Nella tavoletta, San Paolo conforta i senesi ricordando loro che OMNES QUI VOLUNT IUSTE VIVERE PERSECUTIONEM PATIUNTUR, mentre alle sue spalle si apre una veduta della città.
Giorgio di Giovanni, San Paolo conforta i Senesi nelle tribolazioni dell’assedio (n. inv. 060)
Il conflitto franco-asburgico, che aveva impegnato su più fronti l'Italia e che aveva investito anche le vicende senesi si concluse il 3 aprile 1559 a Cateau-Cambrésis, che sancì definitivamente il predominio spagnolo in Italia. Nel trattato siglato Filippo II di Spagna e Enrico II di Francia, infatti, veniva tra le altre clausole stabilito il ritiro di tutte le truppe francesi dalla Toscana e si decretava, così, la definitiva fine della Repubblica Senese con l’ultimo atto della resa di Montalcino. Questa tavoletta, dipinta in seguito al rientro in città degli esuli senesi che avevano ottenuto il perdono di Cosimo I, riassume chiaramente l'impatto della pace sulle vicende locali. In primo piano è raffigurato il simbolico abbraccio tra i due regnanti mentre nei due scorci ai lati sono collocate irrealisticamente le veduta di Siena a sinistra e Montalcino a destra. La scena è sovrastata dallo stemma del casato dei Medici, che per la prima volta appare sulle tavolette della Biccherna, ad allusione dell’annessione del territorio senese al Ducato di Cosimo I.
Monache di Santa Marta, La pace di Cateau-Cambrésis. L'abbraccio tra Filippo II di Spagna ed Enrico II di Francia (n. inv. 063)
L’ultimo capitolo della guerra di Siena ricordato dalle tavolette di Biccherna immortala il momento della resa di Montalcino (4 agosto 1559). Qui, sfuggiti alla conquista della città da parte delle truppe medicee nel 1555, si era ritirata la parte della classe dirigente senese filofrancese, dando vita all’ultimo baluardo del vecchio governo repubblicano, mentre il resto del territorio senese veniva invaso dalle truppe alleate fiorentine e spagnole, e guadagnando così alla roccaforte il nome di “Repubblica di Siena ritirata in Montalcino”. Il piccolo stato così formato, tuttavia, incapace di mantenere la propria autonomia di fronte alle potenze nazionali i cui interessi gravitavano in Italia e abbandonato dalle ultime truppe francesi, fu dato in feudo a Cosimo de’ Medici dal re di Spagna Filippo II e annesso, per sua concessione, ai possedimenti di Cosimo I.
Pittore senese, La resa di Montalcino (n. inv. 062)
Il 28 ottobre 1560, conclusa la guerra di Siena e stabilita l’annessione della città e del suo territorio al Ducato di Firenze, la Biccherna celebra con questa tavoletta l’ingresso trionfale in città del Granduca Cosimo I e del suo corteo attraverso la Porta Camollia, accolti dal clero e dai governanti della città, al suono delle trombe. La fedele cronaca di questo evento tramandataci da Agostino Provvedi registra il fastoso cerimoniale dell'arrivo del Granduca e della moglie, Eleonora di Toledo, attorniati dal numeroso corteo e accolti presso la Porta Camllia da una scarna rappresentanza della città. I festeggiamenti con messe solenni, balli ed un palio si protrassero per tre giorni, al termine dei quali Cosimo ripartì lasciando un governatore con il compito di vigilare sull'operato delle magistrature repubblicane cui, per clausola del mandato, si permetteva di continuare ad esistere. Non si tratta, tuttavia, che di una concessione nominale: Siena viene rinominata “Stato Nuovo”, in opposizione all’antica Repubblica i cui giorni sono per sempre finiti.
Pittore senese, Solenne ingresso di Cosimo I in Siena (n. inv. 064)