Attualmente assegnata al Polo Museale del Lazio, la biblioteca è stata strettamente connessa alla vita religiosa della comunità monastica dell’Abbazia di Grottaferrata fondata nel 1004. Al primo nucleo, costituito dai testi già posseduti dal fondatore san Nilo e i suoi compagni prima di stabilirsi nel Tuscolano, si sono aggiunti quelli dovuti alla intensa attività dei copisti criptensi durata fino alla metà del XX secolo e quelli entrati in seguito a scambi con altri monasteri dell’Italia meridionale, a donazioni ed acquisti.. Un primo elenco del 1462 riporta 129 codici greci e 2 latini, passati, secondo un inventario del 1727, e dopo il trasferimento di 41 manoscritti alla Biblioteca Vaticana per ordine di Paolo V nel 1614, a 149, tutti greci, tranne 4 latini e 1 italiano. Il catalogo a stampa di Antonio Rocchi del 1883 ne descrive 605.
Tutti i libri, compresi i manoscritti, furono collocati, intorno al 1770, in una sala destinata alla Biblioteca, nella fabbrica nuova del Monastero, al secondo piano dell’ala sud, che fu dotata, nel 1798-9, di una scaffalatura lignea di elevato valore artistico ed architettonico, opera del monaco criptense Vincenzo Rosati, in legno e radica d’ulivo, per complessivi metri lineari 256 circa. Nel 1873 la Biblioteca, insieme a tutti gli edifici dell’Abbazia, passò ai beni demaniali dello Stato italiano. Nel 1874, l’Abbazia, e con essa la Biblioteca, venne riconosciuta Monumento nazionale. In virtù di tale riconoscimento è sottoposta alla cura diretta del Governo e affidata alla custodia dei monaci con atto di delega, ed è attualmente alle dipendenze del Ministero per i Beni e le Attività culturali e annoverata tra le Biblioteche pubbliche statali nel Regolamento organico del 1967. Dal 2001 la Biblioteca si è trasferita negli ambienti, opportunamente restaurati e funzionalmente arredati, siti all’ultimo piano del rinascimentale palazzo degli abati commendatari.