58 - "Loculati orusculi [!]"
print this pageIl ritratto, stampato sul verso del frontespizio del volume di argomento lessicografico, riproduce l’effige dell’autore, il noto giureconsulto e poligrafo padovano Marco Mantova Benavides. Essa è inquadrata entro una cornice con volute e ghirlande vegetali e corredata dall’iscrizione “M. MAN. BENAVIDIS PAT. I. C. COM. ETEQ.” con il nome, la qualifica di giureconsulto e i titoli di Conte Palatino e Cavaliere, acquisiti nel 1545.
È uno dei due unici ritratti xilografici noti: l'altro compare tra le ultime pagine del trattatello Milleloquii juris centuria prima, pubblicato a Padova nel 1561. La rarità di queste immagini stupisce, se si considera il cospicuo numero di pubblicazioni del Mantova nel corso della sua più che cinquantennale attività come professore dello Studium patavino e la sua grande passione per il genere ritrattistico: oltre a numerosissime monete e medaglie, antiche o pseudoantiche, erano presenti nella sua collezione ritratti - dipinti, disegnati o incisi - di famigliari, uomini illustri e giuristi famosi, come si evince anche dall’Inventario redatto dal pronipote Andrea nel 1695.
Le due xilografie sopracitate, entrambe di alta qualità, ma differenti nel taglio compositivo e nel carattere, meno classicheggiante e idealizzato nella seconda, che pare dipendere piuttosto da un dipinto, sono state recentemente prese in considerazione da Charles Davis, che riesamina tutto il materiale figurativo e storico-documentario relativo all’effige del Mantova e ai suoi rapporti con gli artisti (in primis con Tiziano) e con gli esponenti di spicco della cultura veneziana e patavina, al fine di supportare la proposta di riconoscere le sue sembianze nel cosiddetto “Amico di Tiziano” oggi al San Francisco Art Museum, che sarebbe, dunque, il ritratto “somigliantissimo” fattogli dal grande artista veneziano, citato nell’Inventario tutt'oggi presente sopra la porta principale dello studio nel palazzo agli Eremitani. L’ipotesi è seducente e non priva di fondamento, ma non ci si può nascondere la difficoltà di accordare la cronologia del dipinto (non anteriore al quinto decennio) con l’età dell’effigiato (al massimo sui 40-45anni), mentre il Mantova, nato alla fine del 1489, ne avrebbe avuto almeno dieci di più.
Venendo ora al ritratto qui discusso – sicuramente precedente rispetto alla data della pubblicazione, raffigurando un uomo anziano, ma non novantenne com’era il Mantova a quell’epoca – l’impostazione della testa di profilo e il taglio del busto subito sotto le spalle sono chiaramente mutuati dalle medaglie “all’antica”, che tanto successo riscuotevano, quasi al pari degli originali greci e romani, proprio nella cerchia di artisti, di studiosi e collezionisti, di cui Marco era una delle figure di spicco. Questo schema, inaugurato da quello specialista nell’imitazione delle monete antiche che era Giovanni da Cavino, autore di tre bellissime medaglie con l’effige del Mantova databili agli anni intorno al 1540, godette di grande fortuna presso il committente, per la chiara discendenza antica e per le maggiori possibilità che offriva di nobilitare, idealizzandolo, l’effigiato.
Anche nel caso qui discusso, dove pure la lieve rotazione del busto nello spazio e l’inserimento in una cornice dal forte aggetto plastico conferiscono alla figura una maggiore vitalità e concretezza, non v’è dubbio che si tratti della traduzione grafica di un modello numismatico.
Corrisponde, infatti, in maniera piuttosto precisa, anche nell’aspetto più ‘vero’ dell’immagine, ad una bella medaglia firmata da Ludovico Leoni, artista finora poco studiato, che sappiamo attivo a Padova nel corso del settimo decennio: in anni, quindi, compatibili con l’età – settant’anni o poco più – dimostrata dal Mantova nella medaglia e nella stampa. Lo stesso aspetto, con le guance scavate, la lunga barba caprina e la fronte stempiata, è testimoniato anche dal ritratto scolpito in un pregevole e poco noto ovale in madreperla (Basilea, Historisches Museum), recante nell’iscrizione l’indicazione dell’età “A. 77.”, opera assegnata dal Mantova stesso a un non meglio identificato “Martinus Bergomensis egregius artifex”.
Nel 1994 Mancini, che non conosceva la medaglia di Leoni, aveva pensato come autore del disegno preparatorio a Domenico Campagnola: effettivamente, la qualità piuttosto alta della xilografia, il tratteggio sapiente nelle modulazioni chiaroscurali, nonché certi dettagli, come le piccole rughe a raggiera nell’angolo dell’occhio, possono ben accordarsi con lo stile del pittore, da tanti anni in rapporti di familiarità con il giurista.