Marina Capasso
Le celebrazioni dantesche del 1921 si svolsero nel complesso panorama generatosi alla fine della prima guerra mondiale. L’Italia, pur affiancandosi ai vincitori, era però attanagliata da molteplici problemi sociali - disoccupazione, agitazioni di massa, impoverimento della popolazione, analfabetismo, fallimento delle fabbriche, emigrazione, tumulti fascisti - e subiva inoltre il pesante impatto di una profonda crisi economica.
Un clima tormentato che avrebbe potuto stroncare sul nascere il desiderio di festeggiare i seicento anni dalla morte di Dante ma che, invece, favorì le celebrazioni declinandosi in un desiderio di patrio riscatto, nella volontà di far rinascere la Nazione partendo proprio dal rifiorire delle lettere e della cultura con l’esaltare quello che a buon diritto veniva considerato il Poeta nazionale: Dante Alighieri.
Grazie a tale impulso i prodromi dei preparativi si videro già nel settembre 1920 e la presenza di personalità politiche imponenti, quali il filosofo e letterato Benedetto Croce, all’epoca Ministro della Pubblica Istruzione, consentì che ingenti risorse fossero destinate ad importanti iniziative e lavori per le celebrazioni, i cui effetti sarebbero durati ben oltre l’evento contingente.
Ravenna divenne fulcro dei preparativi. La città intraprese importanti opere sia edilizie che letterarie: fu risistemata la tomba di Dante, vennero ultimati i lavori della Sala del Refettorio (dedicata poi al sommo poeta) in San Francesco-Biblioteca Classense e vennero ristampati importanti studi storiografici come il poderoso libro scritto da Corrado Ricci già nel 1891: L’ultimo rifugio di Dante Alighieri. Il 14 settembre 1921 a Ravenna si inaugurarono le Celebrazioni del Centenario proprio alla presenza di Benedetto Croce. Per la prima volta Firenze perse il suo primato e l’asse delle celebrazioni si spostò dalla Toscana all’Emilia Romagna.
Efficacissimo per preparare gli animi alla celebrazione del sesto centenario fu anche il famoso Bollettino (Il VI Centenario dantesco, 1321-1921. Bollettino del Comitato cattolico per l'omaggio a Dante Alighieri, Ravenna : [s.n.], 1914-1921), divulgato sin dal 1914, che tenne viva e ravvivò l’immagine dell’Alighieri coltivando ogni idea ed impressione che lo celebrasse.
Giovanni Merini, direttore del Bollettino e del Comitato per il VI Centenario Dantesco a Ravenna, propose e ottenne di ricordare il Centenario con la pubblicazione di un nuovo volume denominato Albo Dantesco (n. 13) affinchè le celebrazioni non si riducessero a pura retorica e a discorsi ufficialmente solenni ma lasciassero una solida testimonianza letteraria quale ringraziamento dell’enorme debito che gli italiani tutti hanno verso il Poeta per aver lasciato un magnifico capolavoro segno di italianità in tutto il mondo qual è la Divina Commedia. L’Albo Dantesco, diviso in tre sezioni, esaminava in primis tutte le rappresentazioni e i ritratti di Dante, realizzati nelle varie epoche a cura di pittori più o meno insigni (vedi Giotto), per passare poi in rassegna tutti i luoghi visitati dal poeta e concludendosi, infine, con una vera e propria analisi della Divina Commedia accompagnata da un bel saggio finale in cui veniva testimoniata l’enorme l’influenza di Dante nelle produzioni letterarie successive.
Anche la Regia Deputazione di Storia Patria per le province di Romagna, di cui era Presidente Emilio Costa, grande giurista italiano e professore di storia del diritto romano a Parma e a Bologna, realizzò e pubblicò un volume in occasione del VI Centenario del 1921: Studi Danteschi (n. 14).
Diedero il loro contributo culturale personaggi insigni: Alberto Trauzzi, studioso della fonetica e morfologia del dialetto e autore del primo Vocabolario della lingua bolognese; Aldo Francesco Massera, critico letterario, autore di un illustre saggio su Cecco Angiolieri e noto per l’aver sistemato tutta la sonetteria giocosa del Duecento e del Trecento Padre Serafino Gaddoni, famoso per i suoi studi storici e autore dei due volumi del Chartularium Imolense; il filologo e letterato Michele Catalano e Santi Muratori, Direttore della Biblioteca Classense e collaboratore di Corrado Ricci nelle ricerche sulla letteratura dantesca.
La Toscana trovò il suo riscatto in Siena, città dove la Commedia di Dante veniva letta nella Chiesa di S. Vigilio già nel secolo stesso che vide la morte del poeta e che, sentito il bisogno di rendergli un tributo di omaggio e di ammirazione, istituì a tal scopo un Comitato Comunale per le celebrazioni del VI Centenario al fine di creare un programma di onoranze, a carattere educativo-culturale, che lasciasse nel tempo durevole traccia di sé. Tale programma incluse il restauro dell’abside della Chiesa di S. Cristoforo, il cui ricordo è legato alla battaglia di Montaperti, vinta dai senesi nel 1260 e citata da Dante nel X canto dell’Inferno, e le ricerche storiche presso l’Archivio di Stato di Siena, diretto dal Prof. Guido Mengozzi, di documenti originali e notizie su Dante, sulle sue opere e sui personaggi senesi da lui citati. I risultati di tali ricerche furono esposti, durante il Centenario, in una mostra insieme ai Codici Danteschi di proprietà della Biblioteca Comunale di Siena e a numerosi disegni originali e fotoincisioni. Sembrò però a tutti necessaria anche la pubblicazione di tali studi e nacque così il volume Dante e Siena (n. 15), ricco di preziosi disegni e fotoincisioni di Arturo Viligiardi.
Molti altri interessanti contributi si ebbero dall’estero, sarebbe difficile citarli tutti, ne indicheremo quindi uno dei più significativi, quello dell’Olanda. L’Olanda, a testimonianza del reale interesse che generò l’opera del Poeta, diffusasi nel paese solo nel XIX secolo, vide il pullulare di numerosi consigli direttivi intitolati a Dante Alighieri e si unì alle celebrazioni pubblicando un volume che desse l’idea di come fosse sentito e stimato in Olanda il Divino Poeta: Dante Alighieri, 1321-1921. Omaggio dell’Olanda (n. 16). Il volume commemorativo, offerto in dono alla Biblioteca Classense di Ravenna, comprendeva una serie di studi sull’Alighieri scritti da autori olandesi ed una raccolta delle varie edizioni delle opere dantesche apparse in traduzione olandese oltre ad una Bibliografia olandese del Poeta.
Molte altre iniziative, anche se non unitarie, vennero realizzate su tutto il territorio italiano, ricordiamo soprattutto Roma e l’operato del sindaco di allora, Luigi Rava.
Possiamo concludere dicendo che le Celebrazioni dantesche del 1921, pur svolgendosi in tempi difficili, furono significative e si svilupparono nell’arco di un anno intero dal 14 settembre 1920 al giorno anniversario della morte di Dante, il 14 settembre 1921, tale data fu decretata dallo Stato italiano quale festa nazionale e come tale venne commemorata solennemente anche a Ginevra alla Società delle Nazioni (progenitrice dell’ONU). La grandezza di Dante non risiede quindi solo nel valore delle sue opere e del suo vissuto storico bensì nell’aver saputo creare un ponte di collegamento tra popoli e generazioni fondato su ideali, valori e sentimenti universalmente riconosciuti che travalicano ogni epoca.