Aniello Fratta
Il 1821, mancando ancora, come sosteneva Pio Rajna, la voga dei centenari, trascorse senza particolari celebrazioni, se si esclude una riunione conviviale e accademica tenutasi nel settembre di quell’anno al Ponte Milvio per rendere gli Onori parentali a Dante nel compiere dell’anno cinquecentesimo dopo la morte di lui. Tuttavia gli anni che lo precedettero furono fervidi di iniziative con intenti celebrativi palesi, a cominciare dal Manifesto bandito a Firenze il 18 luglio 1818 che invitava tutti i toscani a contribuire con donazioni alla costruzione di un monumento a Dante in Santa Croce. La proposta fu accolta con grande entusiasmo, ma la sua realizzazione si arenò perché l’idea di un cenotafio a surrogare un vero sepolcro con i resti mortali del Poeta parve a molti un’assurdità. Tra i protagonisti del progetto monumentale vanno ricordati soprattutto Giovanni Battista Zannoni, archeologo, filologo e segretario dell’Accademia della Crusca dal 1817 fino alla sua morte (1832), che lavorò alla stesura del Manifesto; Giuseppe Del Rosso, architetto del Comune di Firenze, che stampò a Lucca in forma anonima e senza indicazione di luogo un opuscoletto di sedici pagine intitolato Lettera di un Artista Toscano ad un Gentiluomo Patrizio Cortonese (alias Onofrio Boni, archeologo e direttore dell’Accademia fiorentina di Belle Arti morto nell’aprile del 1818) e datato 10 ottobre 1818, nel quale venivano esposte nuove e diverse Idee per un Monumento a Dante Alighieri. A essa rispose, a nome del defunto Boni, l’abate Antonio Renzi. I tre personaggi indicati furono a vario titolo protagonisti anche di iniziative editoriali, alle quali va perciò attribuito un implicito intento celebrativo: parliamo dei tre volumi de La Divina Commedia di Dante Alighieri, già ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca, ed ora accuratamente emendata, col Comento del P. Pompeo Venturi, Firenze, presso Leonardo Ciardetti, 1821 e dei quattro magnifici volumi de La Divina Commedia, con tavole in rame, Firenze, nella Stamperia all’insegna dell’Ancora, 1817-1819 (n. 01), dei quali Antonio Renzi fu uno degli editori e ai quali collaborò anche Giuseppe Del Rosso con il suo Breve trattato sopra la forma, posizione e misura dell’Inferno di Dante Alighieri. Un’imitazione di questa sontuosa edizione va considerata quella bolognese, in tre volumi, apparsa subito dopo: La Divina Commedia di Dante Alighieri con tavole in rame, Bologna, Gamberini e Parmeggiani, 1819-1821 (n. 02). Elegante edizione detta “Macchiavelliana” perché pubblicata da Filippo Macchiavelli e istoriata da 101 tavole in rame da Giovanni Giacomo Macchiavelli.