In quale stato trovavasi, alla morte di Dante, la cantica dell'Inferno e come i figli del poeta provvidero a sistemarla: conferenza tenuta alla Reale Accademia d'Italia il 6 giugno 1942-20
Roma, Reale Accademia d'Italia, 1942, 50 p., 25 cm. BENIN.3233/37
Le interpolazioni della cantica dell'Inferno alla luce della statistica
Roma, Abete, [1948?], 80 p., tavole, 24 cm. Estratto da: Rivista italiana di demografia e statistica, anno 2, n 1-2 (aprile 1948) GALL.5846 BENIN.2965/58
Secondo Benini, Dante non avrebbe fatto in tempo a completare la revisione dell’Inferno prima della morte. La Cantica avrebbe avuto, inizialmente, dimensioni più ridotte rispetto a Purgatorio e Paradiso, e sarebbe stato organizzato intorno a ‘stanze’ di lunghezza standard, di 7, 10, 11, 14, 20 e 22 terzine. Questi numeri nasconderebbero al loro interno particolari relazioni geometriche, matematiche e – forse – anche musicali. Tra il 10 e l’11, ad esempio, si pone il medio armonico di 7 e 22.
I figli di Dante, Pietro e soprattutto Jacopo, avrebbero provveduto a ‘completare’ il lavoro dopo la morte del Poeta, aggiungendo circa un centinaio di versi alla Cantica e inserendovi alcuni elementi incoerenti o grossolani.
Queste le tesi di Benini:
- Il ritardo di otto mesi nella pubblicazione del poema e la storiella inventata dai figli di Dante (la visione notturna del padre defunto e il ritrovamento miracoloso degli ultimi 13 canti del Paradiso) sarebbero la conseguenza del loro lavoro di completamento del Poema.
- Purgatorio e Paradiso ebbero fin dall’inizio le dimensioni attuali (33 canti di circa 48 terzine di media). L’Inferno sarebbe stato inizialmente organizzato intorno a stanze di lunghezza standard.
- Dopo aver elaborato Purgatorio e Paradiso secondo criteri diversi, il Poeta pensò di adattarvi anche l’Inferno. La revisione tardiva consentì al poeta di inserirvi anche memoria di eventi accaduti più di recente, presentandoli come ‘profezie’.
- Dante morì prima di completare il lavoro di revisione, riuscendo a inserire la profezia sulla morte di Clemente V (Inf. XIX, profezia di Nicolò III), ma lasciando un ‘disordine’ che i figli tentarono maldestramente di riparare.
- Tutto ciò che esce dalla cornice delle 7, 10, 11, 22 terzine (ed è sciatto o inutile) va considerato adespoto, e in particolare fattura di Jacopo.
- Particolari problemi presentava l’XI canto dell’Inferno, probabilmente non finito da Dante e non precisamente collocato nel Poema.
- La prima stesura dell’Inferno doveva contare circa 4500 versi, contro i 4755 del Purgatorio e i 4758 del Paradiso. Nella versione definitiva l’Inferno ne conta 4720: dei 220 versi integrati, un centinaio andrebbe attribuito ai figli di Dante.