Itinerario di Dante per i cieli
tavola e disegno preparatorio
La tavola, pubblicata nel volume Scienza, religione ed arte nell’astronomia di Dante, ripercorre l’itinerario di Dante e Beatrice nei cieli, e ipotizza che esso disegni allusivamente le lettere D, X e V che per il Benini identificano il nome e la missione di Dante (Dantes Christi Veltris). La disposizione dei corpi celesti alla Pasqua del 1300 presentava una serie di allineamenti raggruppabili in ‘terne’:
1. Luna-Mercurio- Sole
2. Luna-Venere-Marte
3. Mercurio-Sole-Giove
4. Venere-Sole-Saturno
5. Marte-Sole-Pianta del Leone
6. Giove-Saturno-Petto del Leone
7. Saturno-Gemelli-Primo Mobile
Fermato sul confine tra i segni di Ariete e dei Pesci il raggio Marte-Venere-Cima del Monte del Purgatorio, che forse fu via a Beatrice per scendere incontro al suo fedele, si segua il breve tratto Terra-Luna; indi per leggiera curva, quale comporta la similitudine del percorso d’una freccia (Paradiso V, 91), si raggiunga Mercurio. La lieve inflessione persiste nel tragitto da mercurio al punto di convegno, in principio di Ariete, con la folla di spiriti scendenti velocissimi dal Primo Mobile – punto di convegno, in cui si delineò il nuovo volto di Venere. Il Pareto avrebbe qualificato questo cammino una courbe de poursuite, la quale chiude la prima lettera fatidica D. Da Venere il tracciato guida ad altra mèta, il Sole, che scambia eloquenti raggi col lontano Saturno (primo ramo della lettera X); poi va a Marte, che ne scambia, insieme al Sole, con la pianta del Leone (secondo ramo della X). Infine, dopo un raccordo servito dal percorso Marte-Giove, una gigantesca V si disegna nello spazio, la spezzata Giove-Saturno-Gemelli. Io non mi dorrò mai d’aver creduto che Dante leggesse il suo nome e la sua missione scritti per sigle coi raggi delle stelle. Poiché nessuno degli ‘spiriti magni’ che gli parlarono misteriosamente di un Veltro, di un D.X.V., messo di Dio e di un ‘novenne’ dal quale doveansi attendere magnificenze al mondo; nessuno, dico, aveva avuto facoltà di rivelargli apertis verbis, che sarebbe stato lui, e non altri che lui, il predestinato allo straordinario ufficio, resta da supporre che Dio medesimo, quando il Poeta transumanato fu alla sua presenza, gli aprisse bene gli occhi così da farlo capace di leggere, nella forma e nel senso, la singolare scrittura.
R. Benini, Scienza, religione ed arte nell’astronomia di Dante, pp. 91-92.